E ora tocca al voucher “burocratico”
10 Luglio 2017
Quella dei voucher è l’ennesima pessima pagina di politica economica renziana. “Si è complicata una cosa che già funzionava, quando sarebbe bastato intervenire sugli abusi”, ha detto il presidente di Confcommercio, Sangalli, inquadrando la questione alla luce degli ultimi provvedimenti presi dal governo Gentiloni. Ma la telenovela dei voucher è storia vecchia.
I renziani prima hanno puntato sui voucher, dicendo di voler rafforzare questa normativa, poi però invece di difenderli al referendum lanciato dai sindacati per l’abrogazione (indetto dal consiglio dei ministri), per paura di prendere un altro sganassone dopo quello del 4 dicembre sul referendum costituzionale, hanno deciso di tirare i remi in barca, mollando la normativa, che a questo punto è stata abbandonata a se stessa.
Con il bel risultato di un governo che dopo aver strombazzato la riforma delle riforme del mercato del lavoro, il Jobs Act, poi si tira indietro impaurito dalla Cgil, smantellando o quasi il sistema dei voucher. La nuova normativa approvata, infatti, che, ricordiamolo, riguarda professionisti e piccolissime imprese, ne esce ulteriormente complicata, come se di burocrazia, leggi e leggine nel nostro Paese non ce ne fossero già abbastanza. Il nuovo provvedimento, insomma, è tutto un fiorire di regole che noi aiutano a liberare il nostro mercato del lavoro evitando il rischio del nero.
Che dei voucher in passato si sia potuto abusare, come di ogni forma contrattuale, è possibile. Esistono, però, per questa ragione istituti e soggetti pubblici preposti al controllo. Ma abrogare, o trasformare complicando le cose, come è stato fatto in ultima istanza, quel sistema, vuol dire solo rendere la vita più difficile a chi fa impresa. Anche sui voucher questo governo naviga a vista, e dietro le pseudo riformismo dei renziani quello che invece resta intoccabile e che continua a crescere è il debito pubblico.
Con la storia dei voucher si scrive quindi un nuovo capitolo, per niente liberale, della manovrina. E l’Italia resta prigioniera delle politiche economiche “de’ sinistra”, che hanno sempre avuto l’ambizione di complicare la vita a chi lavora e di irregimentare il mercato del lavoro, invece che liberarlo.