E’ scoppiata la Seconda Rivoluzione americana (contro Obama)

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E’ scoppiata la Seconda Rivoluzione americana (contro Obama)

12 Febbraio 2010

Nate Whigham è un “patriota” dei Tea Party. Uno dei tanti elettori delusi che esattamente un anno fa davano vita a una serie di manifestazioni spontanee ispirate al celebre "Boston Tea Party" del 1773 – quando i coloni americani travestiti da pellirossa rovesciarono nell’Hudson le casse di tè del dispotico Impero inglese, in quello che si può ricordare come il primo grande gesto di insubordinazione fiscale della Storia moderna.

Il senso della Costituzione americana è che il potere appartiene al popolo, non alla Casa Bianca o al Congresso, e il popolo, a differenza del Presidente, crede che il governo non abbia alcun diritto di infilare le mani nelle tasche dei cittadini. Obama deve smetterla di aiutare Wall Street e di gonfiare la spesa pubblica. Se continuerà a farlo, aumentando a dismisura il debito e lasciandolo in eredità alle generazioni future (com’è accaduto con il “pork bill” da 789 miliardi di dollari del 2009, il più grandioso intervento pubblico della Storia), i patrioti reagiranno e le elezioni di medio-termine diventeranno in un incubo per il presidente democratico.

Secondo Rasmussen, attualmente il 33 per cento dell’elettorato indipendente sarebbe disposto a votare per i Tea Party o per i candidati appoggiati dal movimento (il 25 per i democratici e solo il 12 per i repubblicani). Lo scorso dicembre il Wall Street Journal ha pubblicato un rilevamento che indica come il 41 per cento degli americani guardi con simpatia ai tipi come Nate. Nel corso del 2009 i Tea Party si sono rafforzati grazie alla lora natura discontinua e itinerante (un milione di persone durante la marcia di Washington), incrociando singoli cittadini arrabbiati e un pulviscolo di gruppi politici, associazioni e siti internet tendenzialmente conservatori da un punto di vista fiscale.

In questo momento il movimento rappresenta un boccone ghiotto per i politici che vogliono fagocitarli a fini elettorali. Madrina assoluta dei Tea Party è stata Sarah Palin che lo scorso 6 febbraio, parlando a Nashville, ha detto agli scontenti: “Voi avete un’idea per il futuro, un’idea che mette insieme i principi conservatori e le soluzioni di buon senso, e anche voi probabilmente vi sentite demotivati da quello che vedete accadere a Washington”. Un anno dopo il change obamiano, la società e la politica americana chiedono ancora di cambiare.

Si pensi alla sorprendente vittoria del senatore Scott Brown in Massachusetts – un feudo democratico, lo stato del fu Ted Kennedy – caduto nelle mani di un ex attore di spot pubblicitari che ha concluso il suo victory speech con queste parole: “Mi chiamo Scott Brown, vengo da Wrentham, guido un camion, e sono il vostro Senatore”. Brown ha vinto promettendo di abbassare le tasse e criticando la riforma sanitaria dei democratici. I Tea Party non avevano appoggiato ufficialmente il candidato repubblicano ma sono stati quel polmone di voti che gli ha permesso di far breccia tra gli indipendenti che dal 2008 tendono a fidarsi poco di Obama. (Anche di McCain, se è per questo. Dick Armey, l’ex leader della maggioranza repubblicana alla Camera e anima del movimento, ha definito “irresponsabili” le posizioni in materia fiscale dell’ex sfidante repubblicano alla Casa Bianca.)

L’idea più bizzarra dei patrioti è stata spedire per posta 8 milioni di pink slip (le lettere di licenziamento rosa, ndr) ai membri del Congresso, minacciando di non votarli più se proseguiranno sulla strada di fantomatiche leggi sul clima (un miliardo e mezzo di dollari previsti dallo “stimulus”) o contro il fumo (75 milioni di dollari). La corte di Obama accusa i Tea Party di essere un branco di populisti arroganti e ignoranti ma in realtà sono dei conservatori rivoluzionari, e se sapranno fare un salto di qualità evitando di ridursi a una forma di nostalgia reaganiana, se riusciranno a conciliarsi una volta ancora con la destra sociale e religiosa del GOP, potrebbero far vivere una Seconda Rivoluzione all’America in meno di dieci anni.