E se Berlusconi avesse ragione sulla Russia e lo scudo spaziale?

Banner Occidentale
Banner Occidentale
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

E se Berlusconi avesse ragione sulla Russia e lo scudo spaziale?

14 Novembre 2008

E se Berlusconi non avesse tutti i torti? Le sue parole a proposito della provocazione che il “mini” scudo antimissile ceco-polacco rappresenta per la Russia hanno destato vasto scalpore. C’è chi ha parlato addirittura di una messa in discussione dei nostri impegni con la NATO e chi, più modestamente, ha richiamato l’attenzione sulla dipendenza energetica dell’Italia dalla Russia.

Naturalmente quando il Cav. parla i professionisti del circo mediatico, che lo seguono in modo permanente con cimici e apparecchiature varie, sono sempre pronti a stravolgere e ad amplificare tutto. Ma se il suddetto circo, al solito, non avesse capito niente e le parole del Cav. contenessero un fondo di verità? Per di più una verità suffragata da solide ragioni tecniche? E se dunque lo scudo costituisse davvero una minaccia per Mosca?

Da mesi gli USA vanno spiegando che la difesa missilistica ceca-polacca non ha nulla a che vedere con la Russia. Troppo vasto il suo arsenale strategico. Lo scudo è lì per difendere una parte di Europa da un attacco limitato proveniente dal Medio Oriente: due/tre “missiletti” lanciati dall’Iran o chi per lui. Gli americani in parte hanno ragione in parte dicono una bugia. Vediamo di capirci qualcosa.

Le batterie missilistiche che verranno schierate in Polonia – in aggiunta al “super-radar” in banda X in Repubblica Ceca – costituiscono il terzo sito della cosiddetta Ground based Midcourse Defense, in aggiunta a quelli di Fort Greely, Alaska, e Vandenberg, California. La GMD è a sua volta parte del più vasto sistema di difesa antimissile – BMD, Ballistic Missile Defense – che gli americani stanno creando per proteggersi da attacchi con missili balistici (edizione riveduta e corretta della reaganiana SDI).

La BMD comprende tre segmenti: uno per l’intercettazione dei missili balistici nella loro traiettoria iniziale (tramite sistemi laser aeroportati), un altro  per l’intercettazione dei missili balistici durante la traiettoria intermedia (mediante intercettori con capacità di ingaggio eso-atmosferica basati a terra e in mare), e l’ultimo segmento costituito dai missili Patriot e dal nuovo sistema THAAD, per intercettarli nella loro fase terminale, di rientro. Tutti questi sistemi sono collegati con un sistema di allerta e scoperta composto da satelliti, radar di early warning – piazzati in Regno Unito, Alaska e Groenlandia – e radar in banda X.

La coerenza del sistema è infine garantita da un sistema di comando e controllo per la gestione e l’elaborazione di dati, tracce, eccetera, e per il coordinamento con il dispositivo strategico offensivo: ICBM (Intercontinental Ballistic Missile)  Minuteman III, bombardieri e sottomarini nucleari.

Il sito ceco-polacco è pertanto solo una parte di un sistema molto più vasto e complesso. In Polonia verranno schierati dieci intercettori basati in silos corazzati ed entro il 2013 saranno 44 gli intercettori della GMD schierati tra California, Alaska e, appunto, Polonia. Non è da escludere che alla lista dei paesi si aggiungano anche il Giappone e Israele, dove sono già schierati radar in banda X come quello della Repubblica ceca. La caratteristica di tali intercettori è che possono colpire solo missili a lungo raggio, ICBM, nella loro traiettoria intermedia quando sono ancora al di fuori dall’atmosfera.

Ora, gli unici paesi non alleati degli USA che attualmente possiedono missili balistici intercontinentali sono Russia e Cina. O per meglio dire solo la Russia visti i pochi ICBM cinesi e la loro incerta affidabilità operativa. Gli “stati canaglia” come l’Iran e la Corea del Nord difficilmente potrebbero arrivare a realizzare, tra qui e il 2020, armi del genere. Al momento non sembrano averne la tecnologia. Il loro arsenale è costituito da missili balistici con gittata fino ai 2.000 km. Sistemi, né più né meno, derivati, come concetti e come tecnologia, dagli Scud, a loro volta progettati sui disegni delle vecchie V-1 e V-2 tedesche.

Un missile a lungo raggio è un’altra cosa e per ora Iran e Corea del Nord restano indietro. La cosa possibile, invece, è che questi paesi siano in grado, nei prossimi 10 anni, di realizzare un missile a gittata intermedia con il quale poter raggiungere quasi tutto il territorio europeo (come ha fatto l’India con l’Agni III). In questo caso, però, il “terzo sito” sarebbe sostanzialmente inutile perché gli intercettori non sono stati concepiti per colpire missili in fase terminale.

Un bel paradosso. Ecco perché gli strateghi russi considerano la mossa americana come diretta più contro Mosca che contro Teheran. Per loro, il “terzo sito” è solo un tassello di uno scudo antimissile che, quando sarà a regime, potrebbe mettere a repentaglio la parità strategica con gli Stati Uniti. Garanzia dello status di grande potenza della Russia, certo, ma soprattutto architrave, oggi come ieri, dell’edificio della deterrenza. Senza parità gli incentivi per un attacco preventivo, da una parte e dall’altra, crescono drammaticamente. E, appunto, addio deterrenza. A questo ragionamento il Pentagono muove l’obiezione che la Russia, grazie al suo arsenale di oltre 400 missili intercontinentali, si farebbe un baffo delle difese americane.

Sarebbe pertanto un problema di quantità: la Russia ha talmente tanti missili balistici a lungo raggio che gli intercettori e i laser della BMD non basterebbero ad intercettarli. Vero, ma c’è un però. Quasi 200 ICBM russi sono i “vecchi” SS-18 ed SS-19 a propellente liquido. Missili che prima del lancio hanno bisogno di lunghi tempi di approntamento, necessari per riscaldare il propellente, durante i quali potrebbero essere eliminati con un attacco preventivo (anche perché sono installati in silos fissi).

Restano gli SS-25 ed SS-27, più moderni, dotati di propellente solido che riduce i tempi di approntamento e lancio a intervalli brevissimi e basati, inoltre, su lanciatori mobili (a parte la versione da silos degli SS-27). A questi bisogna aggiungere gli SS-N-18/23 anche se non tutti i 12 sottomarini strategici classe Delta III e Delta IV che li lanciano sono in buono stato operativo – e l’aviazione strategica, composta dai vecchi Tu-95 Bear e dai 15, più moderni, Tu-160 Black Jack. Ecco, allora, che i numeri iniziali si assottigliano e che, analizzato da questo punto di vista, anche il temibile arsenale russo assume un volto diverso. E con esso la questione del “terzo sito”.

Mosca lo sa e teme che tra 10 anni la BMD unita alle forze missilistiche americane (Minuteman III, 500 missili costantemente aggiornati, 14 sottomarini classe Ohio perfettamente operativi e un centinaio di bombardieri, tra cui i 20 “invisibili” B-2), possa alterare l’equilibro strategico tra i due paesi. Se però la parità viene meno le percezioni cambiano e le tentazioni aumentano, soprattutto se i rapporti tra i due paesi non sono più quelli degli Novanta e dei primi anni Duemila.

La decisione di Medvedev di schierare gli Iskander – i missili a corto raggio a propellente solido estremamente precisi – nell’enclave di Kaliningrad e di puntarli contro gli intercettori polacchi non è pertanto una minaccia ma una semplice mossa per ristabilire l’equilibrio strategico. Quando il buon Krusciov accettò di ritirare i missili da Cuba, gli americani, zitti zitti, fecero altrettanto con gli Jupiter in Turchia e in Italia (dove erano in servizio con la 36ma Aerobrigata d’Interdizione Strategica di Gioia del Colle). Fu uno scambio, il cui obiettivo, ancora una volta, era il mantenimento della parità. I russi oggi vogliono fare lo stesso. E gli americani lo sanno. Gridano alla minaccia, ma alla fine accetteranno gli Iskander. Con buona pace dei polacchi. E dei cechi.