E’ snellendo la macchina burocratica che si combatte il lavoro nero
30 Aprile 2009
Il lavoro domestico va, nonostante la crisi. Dati diffusi appena due giorni fa dall’Inps rivelano nei primi tre mesi del 2009 quasi 90 mila nuovi rapporti di lavoro. Secondo l’ente di previdenza sono «regolarizzazioni» spontanee. Dunque, rapporti di lavoro «emersi» che si portano dietro circa 24 milioni di contributi aggiuntivi d’incasso, che potrebbero produrre entro fine anno un incremento delle entrate per questa voce contributiva di quasi 100 milioni di euro.
I dati, in particolare, riguardano il primo trimestre 2009, il cui termine ultimo per il versamento dei contributi è scaduto il 10 aprile. Riferiscono che sono stati eseguiti oltre 641 mila pagamenti, per un incasso complessivo di quasi 166 milioni di euro. Messi a confronto con l’ultimo trimestre del 2008 si ottiene il risultato più significativo: 88.609 pagamenti in più (sono stati 552.869 negli ultimi tre mesi del 2008), con un incremento del 16,03%, per un aumento di incassi di 23,8 milioni di euro (+16,83% rispetto ai quasi 142 milioni di euro di contributi versati nell’ultimo trimestre del 2008). Al 31 dicembre 2008 risultavano registrati 1.544.101 rapporti di lavoro domestici (di cui 313.648 instaurati nel corso dello stesso anno); al 31 dicembre 2007 erano 1.264.174 mentre al 31 dicembre 2006 erano 1.054.373. La stragrande maggioranza dei lavoratori proviene dall’estero e solo il 22,3% è di nazionalità italiana. Il 20% proviene dalla Romania, il 12,7% dall’Ucraina, il 9% circa dalle Filippine e il 6% dalla Moldavia. Seguono Perù, Ecuador, Polonia e Sri Lanka, con percentuali che vanno dal 3,6 al 2,8%, nonché rappresentanze minori di numerosi altri Paesi, europei, asiatici, africani e sudamericani.
Secondo l’Inps, il merito dell’andamento positivo dell’occupazione domestica è da attribuirsi alle novità di semplificazione operate negli ultimi tempi sugli adempimenti dovuti dai datori di lavoro (che, in questo caso, si tratta di famiglie). Il fatto di poter disporre di bollettini a domicilio e la possibilità di poter diversificare il pagamento (all’ufficio postale, in banca, presso le tabaccherie convenzionate Lottomatica e con la procedura su internet) rappresentano senz’altro un incentivo a svolgere l’adempimento che garantisce di essere in regola nei confronti dell’Inps, dell’Inail e, soprattutto, dei propri collaboratori, che possono così contare su una migliore tutela dei propri diritti.
La semplificazione è figlia della legge n. 2/2009 (conversione del decreto legge «anticrisi») che, appunto, ha previsto l’introduzione di procedure agevolate per le comunicazioni obbligatorie sui rapporti di lavoro dei domestici (semplificate rispetto alla generalità dei lavoratori dipendenti). Abrogando la modulistica (si chiamava «Unidom» e sarebbe dovuta entrare in vigore il 15 marzo), l’Inps ha scelto la via della massima deregolamentazione: una telefonata al Contact Center (numero 803.164) o un collegamento al sito web istituzionale (www.inps.it). Dunque, strade molto più semplici ed immediate per effettuare ogni comunicazione (assunzione, trasformazione, cessazione, proroga) relativa al rapporto domestico. Sulla base di queste comunicazioni, l’Inps procede direttamente al calcolo dei contributi e ne comunica l’esito al datore di lavoro, inviandogli un numero di bollettini precompilati, anche in versione MAV (altra novità), per tanti trimestri dell’anno.
Per la prima volta, in occasione della ricordata scadenza del 10 aprile, l’Inps ha inviato una lettera allegata al bollettino da utilizzare per il versamento dei contributi a circa 700 mila datori di lavoro. Il tutto rientrava nell’obiettivo di favorire l’emersione dal nero in un settore dove la complicazione delle procedure ha spesso rappresentato un alibi per il datore di lavoro che avesse voluto procrastinare la regolarizzazione dei rapporti di lavoro. Dopo questa prima fase di semplificazione, l’istituto ha in programma di procedere a una serie di controlli. L’obiettivo sembra essere raggiunto.
I dati positivi, poi, confermano la tesi che, sul mercato del lavoro e dell’occupazione – il principio ha tuttavia portata generale – una buona e sana deregolamentazione vale più dei sistemi sanzionatori repressivi. E’ più efficace. Costa meno peraltro, e garantisce maggiori introiti (nel caso di tipo contributivo). Ridurre la burocrazia (meno formalismi) e abbassare il regime sanzionatorio sono soluzioni che aspirano a creare un clima collaborativo e fattivo tra tute le parti che interagiscono nel mondo del lavoro, datori di lavoro e lavoratori in primo luogo. La responsabilità, del resto, non è mai stata frutto della paura.