E’ tempo che il Centrodestra guardi al futuro
04 Agosto 2016
L’abbiamo più volte detto, lo schieramento del centrodestra va completamente rifondato. Non si possono perdere in pochi anni circa dieci milioni di voti e non aprire nel merito alcuna riflessione politica. Non bastano le crisi di leadership o gli errori tattici e strategici per spiegare la crisi del fu PDL e di un intera area politica che ha dimostrato, più volte, di poter essere maggioritaria nel paese reale. La crisi è molto più profonda. E’ soprattutto politica e non può finire con la riproposizione né di irrealistici e velleitari ritorni ad Itaca, una destra fatta di boutade senza prospettive, né di molli neo-centrismi, superati da una realtà che impone decisioni forti ed egualmente importanti assunzioni di responsabilità.
Se è vero che Yalta è lontanissima ed ancora, evidentemente, qualcuno non vuole comprenderlo, molto più vicino è il 1989 ed i suoi sviluppi, piuttosto che l’entrata della Cina nel WTO, per non parlare di quanto sta accadendo dall’Afghanistan all’Africa sub-sahariana. Accadimenti che hanno prodotto e producono mutamenti così forti, così radicali che non possono non comportare un forte cambio di prospettiva. Ed il cambio di prospettiva deve iniziare dal fare realmente propri gli effetti di un mondo globalizzato con le relative conseguenze, uscendo da quel comodo provincialismo che ha sempre caratterizzato certa politica nazionale. Non è più possibile. Gli ombrelli altrui, sotto i quali ripararsi, stanno, poco alla volta, venendo meno. Quale in questo mutato contesto il riposizionamento del cosiddetto centrodestra? Quali le idee di fondo attraverso le quali ridiscutere di una identità mai sufficientemente ed esaurientemente declinata, rispetto alle aspettative di una nazione? Quale il progetto Italia? Quale il rapporto con l’Europa?
E’ dall’esplosione e trattazione di questi macro-temi, nei loro molteplici argomenti, che un centrodestra rigenerato deve trarre forza politico progettuale, coniugando tutto questo con una classe dirigente rinnovata e presentabile. È giunto il momento di affrontare, in verità siamo già in ritardo, i problemi strutturali che sono all’origine della crisi e dei disequilibri del sistema paese. Energia, logistica, ricerca ed innovazione, politiche industriali. Questi argomenti, centrali ma non esaustivi, sono il cuore di un rilancio di sistema del nostro paese, legato all’economia reale. Perché non possono essere i processi di flessibilità ad assorbire i disequilibri di un sistema economico asfittico che pretende di essere competitivo solo in relazione ai costi del lavoro. E’ anche su queste problematiche, oltre alle classiche di sicurezza, difesa, processi migratori, che si deve caratterizzare un progetto credibile, riferibile ad un centrodestra nuovo. Rinnovato, veramente, in tutto.
Perché, anche sui temi che abbiamo definito “classici”, la realtà ci spinge verso una maggiore capacità di autodeterminarsi. Perché il tradizionale legame con gli USA non può divenire un limite, una dipendenza che nessuno si può più permettere, come, peraltro, gli stessi Stati Uniti ammettono sempre più spesso, ufficialmente ed ufficiosamente. Un approccio, dicevamo, nuovo, più marcato, più capace di affrontare la sfida anche sul piano culturale, di fondo. Perché senza idee forza, senza convinzione non si riesce a contrastare ed invertire un’onda che fa della destrutturazione del sistema paese un’arma devastante. Il nuovo schieramento deve proporsi con orgoglio, anche sul piano dell’immagine, della comunicazione, come la politica, la società civile che orgogliosamente aspira ad una rinascita italiana ed europea, proprio a partire da quei temi che sono le pietre angolari, la forza di una Nazione, di un Continente.
Senza questa volontà, senza questa coscienza, senza un’anima non si fronteggiano con successo le incognite di ciò che, erroneamente, forse, pensiamo essere al di là delle colonne d’Ercole. Invece, nichilismo e fondamentalismo, le matrici cognitive dei fenomeni che ogni giorno divorano dovunque vite, sono già qui, dentro casa nostra. Per questo riteniamo che senza anima, questa sfida, non si vince. E noi di questa Italia, di questa Europa vogliamo essere quel soffio, perché anche la più bella costruzione costituzionale, la migliore, senza, non vive, non entusiasma, non semina, non costruisce, non invera, in fatti concreti, la possibilità di un domani.