È ufficiale: il MoVimento 5 Stelle si è innamorato del potere (e addio democrazia)

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È ufficiale: il MoVimento 5 Stelle si è innamorato del potere (e addio democrazia)

È ufficiale: il MoVimento 5 Stelle si è innamorato del potere (e addio democrazia)

23 Maggio 2020

di Frodo

Usando un’espressione popolare, si direbbe che gli incendiari sono evoluti in pompieri. Si tratta di una sorte comune. Una parabola antropologica che viene perseguita spesso nella storia della partitocrazia. Peccato che il momento sia delicato e che a rimetterci, in fin dei conti, sia la qualità del sistema democratico italiano. Ci riferiamo ovviamente al decantato caso del MoVimento 5 Stelle, che da formazione anti-sistemica ha ormai assunto le caratteristiche di un partito che non può non far parte di un governo. Questa loro decisione – una specie di secondo imprinting politologico dopo la fase vaffanculista – è deducibile dalla prassi: non è una nostra impressione giornalistica. Se non fosse così, il MoVimento 5 Stelle non avrebbe costruito un sistema ad alleanza variabili, coinvolgendo la Lega prima ed il Partito Democratico poi, consegnando peraltro il compito di avvolgere la matassa di questa e di quella alleanza ad un leader liquido e senza pensiero politico di parte: l’avvocato populista, ma anche cattolico-democratico, Giuseppe Conte. Sono definizioni provenienti dalle stesse riflessioni di Giuseppi.

 

Quando la coalizione gialloverde si è rivelata per quel che era, ossia appiccicata con una colla scadente e provvisoria, il MoVimento 5 Stelle, al di là dei proclami pubblici, non ha neppure ipotizzato le urne quale scenario. Troppo rischioso o comunque non in linea con il nuovo atteggiamento filo-istituzionale (sic!). Quando la pandemia ha squarciato la precaria sintonia, che viaggia però sui fili del post-umano, dell’assistenzialismo, dello statalismo e del giustizialismo a fasi alterne, tra grillini e Partito Democratico, qualcuno, qualche commentatore illuminato, ha immaginato la creazione di un governo di “salute nazionale”: soluzione questa che presenta più capacità di rispondere alle esigenze di un Bel Paese in palese affanno economico-sociale. Non si può fare. Perché? Perché i grillini non hanno intenzione di mettere in discussione questo assetto. Tanto che devono contare sui voti dell’acerrimo avversario Matteo Renzi (vedesi mozione contro il ministro Alfonso Bonafede) per poter rimanere in sella. Lo hanno già fatto, lo continueranno a fare. Con buona pace di quella base di movimentisti che aveva davvero confidato nell’imminenza del “cambiamento”.

 

Lasciamo stare le metafore sull’apertura delle scatolette di tonno: gli occhi del popolo italiano possono constatare da soli come il pressapochismo ed il qualunquismo politico non abbiano brillato per coerenza senza bisogno delle nostre osservazioni. Il ragionamento, semmai, è un po’ più alto. Almeno il nostro vorrebbe esserlo. Il MoVimento 5 Stelle – dicevamo – è passato da uno stato emotivo per cui sembrava voler occupare i banchi dell’opposizione in maniera permanente ad uno quasi nevrastenico per cui sembra impossibile immaginare che possa abbandonare gli scranni occupati dall’esecutivo. E questo è il solo il primo degli aspetti da rimarcare. Ce n’è un altro: ricordate l’ossessione per la democrazia diretta? La piattaforma Rousseau doveva fungere da esempio per quello che il sistema politico italiano sarebbe dovuto diventare. Considerate certe percentuali, ci siamo davvero permessi il diritto di tremare. Nel senso che sembrava probabile che una qualche forma di partecipazione dal basso di quel tipo entrasse a far parte di diritto della vita politica nostrana. Con tutto quello che può comportare: parlamentari scelti con poche decine di voti; discussioni macroeconomiche o macro-scientifiche risolte attraverso le discussioni di semplici utenti sui forum, blog e così via; messa in crisi del parlamentarismo tradizionale e conseguente esordio di un giacobinismo 3.0; Ma, per fortuna o no, è acqua passata.

 

Ai grillini adesso sembra interessare meno il coinvolgimento popolare. Tanto che il Parlamento viene spesso e volentieri scavalcato dal loro Giuseppi mediante la ormai consolidata prassi del Dpcm. E dalla piazza degli italiani per eccellenza, quella da cui i pentastellati avrebbero dovuto far partire il Vaffanculo finale, si sente a malapena il ronzio di chi ci passa per sbaglio o di quando, ogni tanto, quel qualcuno viene convocato per i lavori dell’Aula. Ogni tanto sì, senza esagerare. Se tutto questo non fosse tragico e preoccupante, considerata pure la tensione sociale che si respira tra le strade della nostra nazione che deve rimanere ancorata alla democrazia, sarebbe alquanto comico. Purtroppo viviamo uno scenario per cui conviene segnalare non tanto la tragicomicità della evoluzione grillina, ma il pericolo derivante dallo scadimento della qualità della nostra democrazia.

 

Non vogliamo soffiare sul fuoco, sottolineando l’esistenza di afflati di rivolta. Ma gli impoverimenti dovuti alle fasi pandemiche certo non si sono risolti senza una piena presa di responsabilità da parte delle forze politiche tutte. Così com’è certo che la “potenza di fuoco” scaturita dai decreti di Giuseppi non si rivelerà sufficiente per la tranquillità economica italiana. E allora varrà la pena raccontarla questa storia, quella dei giovinastri che si erano preposti di aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno, per poi accorgersi di essersi dimenticati l’apriscatole su qualche tavolo di qualche diretta streaming abbandonata per timore di dover davvero riferire al proprio elettorato.

 

Quasi paradossalmente, tenendo in considerazione la possibilità che le piazze italiane, nella stagione autunnale, divengano calde, verrebbe da preferire la fase antecedente a questa: quella in cui il MoVimento 5 Stelle ha svolto anche la funzione di cassa di risonanza delle istanze più disperate. Cosa accadrà adesso che i grillini sono divenuti sistemici? Nascerà qualcosa di ancor più estremo? La preoccupazione, quantomeno dalle nostre parti, esiste. Dalle loro no. L’importante è restare al governo dei Dpcm, che è un po’ come passare dalla democrazia diretta all’assenza di democrazia, e dunque alla democrazia assente.