E’ Valerio Massimo Manfredi il monarca incontrastato del romanzo storico
22 Marzo 2009
Forse senza eccessivi clamori mediatici, ma con successi quelli sì clamorosi, ormai da molti anni Valerio Massimo Manfredi è uno degli scrittori italiani più letti all’estero. Monarca del romanzo storico, cioè di un genere che furoreggia in tutto il mondo, l’archeologo votato alla narrativa ha un quid in più, che sembra fluidificare le vendite fuori della Penisola. E cioè proprio la sua nazionalità.
Perché sembra che il marchietto “made in Italy” idealmente stampato sui volumi nostrani sia un efficace apriporte quando il periodo storico al centro del plot sia percepito come fortemente intriso di profumi nostrani. Sia che si tratti del Rinascimento, sia che il protagonista sia Dante, come nei libri di Giulio Leoni. Lo stesso meccanismo funziona anche nel caso della storia antica che fornisce il ripieno, macinato con competenze accademiche, della fiction di Valerio Massimo Manfredi. Il risultato è un combinato di bestselling e longselling che si inerpica su cifre d’eccezione, suppergiù sette o otto milioni di copie. Molte delle quali vendute al di là delle Alpi e, grazie all’acquisto dei diritti da parte del colosso editoriale Macmillan, anche nel tradizionalmente quasi impermeabile mercato librario anglofono, ostico anche per le dentature letterarie più robuste.
La trilogia “Alexandros” apparsa alla fine degli anni Novanta è stata lo scivolo verso il consolidarsi del successo. Dominatrice delle classifiche nazionali del tempo, è diventata una delle opere italiane più tradotte. E’ apparsa in più di trenta lingue ed è l’orgoglio giustificato dell’autore che sul suo sito esibisce le fotografie delle copertine dei volumi usciti in croato come in cinese, in catalano come in turco. E grazie al semplice acquisto dei diritti d’autore sia i greci sia i macedoni hanno potuto leggere nelle rispettive lingue le vicende romanzate del loro conteso antenato, per una volta senza scatenare risse confinarie e nominalistiche ad alto tasso di fanatismo nazionalista.
“Alexandros” è stato come un passepartout per i titoli usciti in seguito, ma ha anche innescato il fenomeno di ripescaggio, vale a dire la riscoperta dei romanzi precedenti che erano rimasti circoscritti in tirature più timide, che non garantivano un grande interesse oltreconfine; a titolo d’esempio “Palladion”, l’esordio di Manfredi come scrittore d’invenzione, pubblicato da Mondadori nel 1985, è sbarcato in Spagna, per i tipi di Debolsillo, soltanto nel 2003 e in Francia è stato stampato meno di due anni fa.
Nel caso di Manfredi la forma libro, una volta tanto, sembra avere l’assoluta centralità. In Italia i volumi scalano la classifica ben più agilmente di quanto non abbiano fatto con l’audience le trasmissioni televisive condotte dallo zazzeruto archeologo-scrittore; e all’estero i volumi sembrano sollecitare più appetiti di quanto non abbia fatto la trasposizione cinematografica, pur in zona kolossal, de “L’ultima legione” (si tratta del film “The Last Legion”, diretto da Doug Lefler). E la corsa ormai più che decennale non si affievolisce: “Idi di marzo”, uscito nell’ultimo scampolo del 2008, è già stato acquistato in Spagna, Brasile e, per il mercato anglosassone, dal solito gruppo Macmillan.