Ecco come la sentenza Mubarak può pesare sulle presidenziali in Egitto

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Ecco come la sentenza Mubarak può pesare sulle presidenziali in Egitto

08 Giugno 2012

Alla fine è arrivata la sentenza per Hosni Mubarak, l’ex Faraone che ha governato l’Egitto per 31 anni. Lo scorso Sabato 2 giugno l’ex raìs è stato infatti condannato all’ergastolo per aver ordinato, o comunque non impedito, la strage di 850 manifestanti durante la Rivoluzione iniziata il 25 gennaio 2011, dai cui moti di piazza sono discese le sue dimissioni. La condanna potrà essere annullata in appello, ma è impossibile che ciò avvenga.

Al carcere a vita è stato condannato anche il suo Ministro degli Interni Habib Al Adly, mentre i due figli dell’ex rais, Alaa e Gamal (il suo Delfino) sono stati assolti dall’accusa di corruzione in quanto riguarda fatti non recenti, ma rimangono in carcere per altri capi d’imputazione. Impuniti altri responsabili del massacro. Ma quali sono state le reazioni alla condanna di Mubarak? Sono state contrastanti, ma prevale lo scontento. Scontenti sono di certo gli integralisti islamici, Fratelli musulmani in primis, e i parenti delle vittime della carneficina.

Come la madre di Moaz, un ragazzo ucciso quel 25 gennaio 2011, la quale teme che il sacrificio del figlio sia stato vano. La donna, rigorosamente avvolta nel niqab nero, che le lascia visibili solo gli occhi, non lo dice chiaramente, ma avrebbe voluto la morte dell’ex raìs e ora teme che la condanna all’ergastolo possa venire annullata in appello. Le fa ecco l’altro figlio, che appunto parla di “sentenza ingiusta”, afferma che “il sangue dei martiri non è servito a niente” e fa notare come di fatto “il vecchio regime non è crollato”, dato che gli è subentrato quello militare. La famiglia di Moaz tornerà in piazza, perché vuole giustizia per lui.

La pensa così anche Hurriya, 30 anni, madre di due bambini e velo sul capo. Il marito Saber, 32 anni, è stato ucciso lo scorso anno con una pallottola al cuore durante una manifestazione. “E’una vergogna”, dice, anche per il risultato del processo agli altri imputati. Inoltre ammette che “l’Egitto non è cambiato in meglio”. C’è ancora corruzione e anche durante le elezioni ci sono state “cose poco chiare”. Hurriya ha deciso che non andrà a votare al secondo turno, ma non esclude di tornare anche lei in piazza Tahrir. 

Sembra comunque insoddisfatta la maggioranza degli egiziani, che, dopo aver protestato all’interno e all’esterno dall’aula del tribunale, sobillati immancabilmente proprio dai Fratelli musulmani,  sono già tornati nel principale e ormai famoso teatro della Rivoluzione. In 10.000, poi un milione, per manifestare la loro rabbia. “La sentenza del popolo è la morte”, recitava uno striscione durante le proteste, talmente violente da richiedere un intervento della polizia. Gli scontri hanno provocato finora una ventina di feriti.

Il celebre blogger dissidente egiziano Mahmoud Salem (Sandmonkey), scriveva invece su Twitter pochi giorni fa che si è trattato di un processo conclusosi con un “finto verdetto”, con il quale l’ex presidente egiziano e il suo Ministro degli Interni hanno ricevuto una “comoda” condanna al carcere, mentre gli altri colpevoli fuori, liberi di tornare al loro posto. Un processo politico, insomma.

Sembra soddisfatta invece la femminista Farida Al-Naqqash, che definisce “giusta” la sentenza. Lei che, era stata arrestata sotto Sadat, dice che, anche con Mubarak le femministe e gli oppositori hanno avuto “anni terribili”. Tuttavia non avrebbe voluto la pena di morte per l’ ormai 84enne ex presidente, se non altro perché questa l’avrebbe trasformato in un “eroe” e causato proteste, data la sua tarda età. Per gli altri imputati, la Al-Naqqash fa presente che nell’ultimo periodo del regime, sono stati fatti sparire gli archivi con le prove di colpevolezza, perciò, tenendo conto di questo, la sentenza è corretta.

Suoi pronostici per il secondo turno elettorale? Negativi per Ahmed Shafiq, ex primo ministro di Mubarak e candidato dell’esercito.

Già, il secondo turno elettorale delle presidenziali del prossimo 17 Giugno. Come abbiamo ben visto, il clima che lo precede è incandescente e già si parla di “Rivoluzione tradita”, perché gli Egiziani sono chiamati a scegliere proprio tra Shafiq, un ex membro del regime contro cui hanno lottato, il feloul appunto, perdendo moltissimi dei loro cari, e Mohamed Morsi, Fratello musulmano, che farebbe sprofondare ancor più il Paese nell’abisso dell’estremismo islamico. Alcuni si sono già resi conto del pericolo islamista, tuttavia sembrano la minoranza. I più concentrano ancora le proprie ostilità sul regime (per altro alleato sottobanco dei fanatici), su Mubarak ed il suo entourage.