Ecco come l’Italia di Prodi ha accolto il presidente Bush
09 Giugno 2007
E’ arrivato a Ciampino alle 22 e ad attenderlo ha trovato solo l’ambasciatore americano in Italia, Ronald Spogli, poi per una fuga di gas lo ha costretto ad aspettare a lungo prima di essere portato all’ambasciata. È iniziata così nella serata di ieri la visita di George W. Bush in Italia, tra polemiche, piccolezze politiche e prime avvisaglie eversive – nella notte qualcuno aveva scritto con una vernice rossa spray “Bush come Moro” sulla lapide che ricorda l’uccisione degli agenti della scorta in via Mario Fani.
Non che il governo avesse l’obbligo di accogliere l’arrivo di Bush a Campino cn tutte le formalità di rito, non trattandosi di una visita di stato il protocollo non prevedeva la fanfara. Ma è altrettanto vero che il governo Prodi in questa visita privata del presidente americano a Benedetto XVI ci si era infilato a pesce, come un qualunque imbucato nelle feste del sabato sera della capitale. Per evidenti ragioni di immagine: siccome l’attuale esecutivo non viene ritenuto amico dell’amminsitrazione americana e non è stato ancora invitato a Washington, si è pensato di fare come nell’aneddoto di Maometto e della montagna. Poi però, per evitare polemiche nel già fragile e diviso schieramento di coalizione con i duri e puri della sinistra antagonista, non si è mandato nessuno a prenderlo. Pure la ex terrorista Silvia Baraldini aveva avuto l’onore di un ministro Guardasigilli all’aeroporto, nell’occasione l’ex titolare della Giustizia Oliviero Diliberto, ma per Bush junior non c’è stato niente da fare.
Bush non era sbarcato nemmeno da mezz’ora che iniziavano a confluire alla sala operativa della questura romana le prime avvisaglie preoccupanti: oltre alla scritta infame di cui sopra, scattava l’allarme per un furgoncino dell’Eni rubato a Roma al Pigneto di cui si erano perse le tracce. Per alcune ore qualcuno ha pensato che potesse essere usato per un attentato. Poi la notizia di una molotov lanciata contro un negozio Blockbuster, catena “amerikana” per antonomasia, in via Baldo Finizi all’Ardeatino. E ancora: la mattinata di oggi è iniziata con le notizie di disordini e scontri un po’ da tutte le stazioni di partenza dei treni di no global e disobbedienti che nel pomeriggio sono confluiti con il proprio corteo a piazza della Repubblica. Di mattina presto erano anche state sequestrate molotov e bastoni in un altro camioncino parcheggiato vicino a termini.
Gli impegni ufficiali di Bush sono iniziati in giornata intorno alle 9,30 con la visita al Quirinale dove ad attenderlo insieme alla moglie Laura c’era il capo dello stato Giorgio Napoletano e la moglie Clio. Napolitano lo ha deliziato con il proprio inglese scolastico rifiutando l’interprete e poi qualcuno ha montato su una presunta gaffe del presidente americano che nella foto invece di posare vicino al nostro presidente della repubblica si era invece messo “irritualmente” accanto alla moglie Laura. Bush ha invitato Napolitano a Washington in visita ufficiale e questo sembra marcare ancora una volta il problema con l’attuale esecutivo: per non fare uno sgarbo all’Italia viene invitato chi ci rappresenta super partesi ma non chi ci governa pro tempore.
Sia come sia prima di mezzogiorno George Bush era finalmente a destinazione nella vera mèta del suo viaggio: in Vaticano per incontrare papa Benedetto XVI che aveva visto l’ultima volta quando era ancora cardinale in occasione dei funerali del suo predecessore Giovanni Paolo II. Nel colloquio privato durato 35 minuti si è parlato della guerra in Iraq e pare che il Papa abbia tenuto a ribadire la rituale contrarietà della Chiesa a ogni conflitto. Ma il tema centrale è la disastrosa situazione dei cristiani in Iraq che vengono perseguitati dalla maggioranza musulmana, specie quella sciita. Il Papa ha chiesto un esplicito aiuto a Bush a riequilibrare questa situazione. Poi si è parlato di G8, di Aids e di Africa, in pratica anticipando i temi dei colloqui che di lì a poco Bush avrebbe tenuto a villa Taverna davanti ai rappresentanti della diplomazia parallela di Sant’Egidio. Gli stessi da cui non si era potuto recare di persona a Trastevere visto che i servizi italiani avevano detto a quelli americani di non potere garantire l’incolumità di Bush in un quartiere tutto potenzialmente ostile.
Poi, ma solo poi, il sospirato (da Prodi) incontro con il capo del governo. Colloquio in cui Prodi ha avuto l’ingrato compito di spiegare l’inspiegabile politica estera italiana in Iraq e in Medio Oriente, sempre e comunque in rotta di collisione con Washington. E una colazione di lavoro durante la quale la casa, cioè Palazzo Chigi, ha offerto un menù in catering tipicamente mediterraneo dal ristorante velletrano, “Benito al bosco”, specializzato in matrimoni di paese, uno di quei posti dove si mangia così così con prezzi non modici. Per primo mezze maniche alla bottarga, poi, una spigola del Tirreno in salsa di telline e come dessert una mousse agli agrumi con fragole. Le consorti di Prodi e di Bush hanno invece mangiato a villa Flavia dove almeno il cuoco è pagato dallo stato. Poi la agognata, sempre da Prodi, conferenza stampa congiunta in cui come al solito, più per etichetta che per sostanza, si sono rassicurare le rispettive opinioni pubbliche americana e italiana che i rapporti tra i due paesi non potrebbero essere migliori. Dall’America però una nota del dipartimento di stato sembrava contraddire i sorrisi di circostanza. In realtà era stata emessa per sdrammatizzare e infatti diceva che ³le proteste rafforzano la democrazia². Però implicitamente sottolineava che l’accoglienza non era stata molto ospitale. Fra l’altro Bush, che nel pomeriggio vedrà Berlusconi, ha tentato invano di strappare a Prodi regole d’ingaggio più allargate per i soldati italiani a Kabul.