Ecco la ‘black list’ del boicottaggio contro Israele

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Ecco la ‘black list’ del boicottaggio contro Israele

06 Ottobre 2010

Ieri è arrivato l’annuncio che Gran Bretagna e Spagna non invieranno i propri delegati alla Conferenza biennale sul turismo organizzata dall’Ocse e che il 20 ottobre si terrà a Gerusalemme. Un altro colpo durissimo all’economia israeliana dopo un anno di successi per il boicottaggio anti israeliano.

L’estate si è chiusa con l’Harvard Management Company, braccio finanziario della più antica università americana, che ha comunicato d’avere disinvestito 40 milioni di dollari dalle partecipazioni azionarie in società israeliane. Il sindacato francese della Cgt scuola ha votato per rompere le relazioni con l’Histadrut, il sindacato israeliano laburista. Il Congresso dei sindacati scozzesi ha votato la mozione per il boicottaggio di Israele, così anche la Fédération Autonome Collégial, sindacato di insegnanti pubblici e privati del Quebec, e in Inghilterra l’Unison, il grande sindacato che rappresenta un milione e mezzo di dipendenti pubblici.

Anche le chiese protestanti hanno intrapreso passi concreti verso la rottura di ogni legame con i prodotti israeliani (da ultimo è arrivato il boicottaggio della Methodist Church of Britain). A Bruxelles è stata annullata l’esposizione "La ville blanche, le mouvement moderne a Tel Aviv", realizzata in onore della capitale finanziaria israeliana.

Sul fronte economico, c’è appena stato il ritiro del gruppo francese Veolia dal progetto di costruzione della linea tramviaria di Gerusalemme. Il fondo svedese ha ritirato i propri investimenti dall’azienda israeliana Elbit Systems, perché ha costruito la barriera di protezione in Cisgiordania. Per gli stessi motivi si è mosso il colosso tedesco Deutsche Bank. La banca inglese BlackRock ha ritirato investimenti nelle città ebraiche in Cisgiordania in seguito alle pressioni di tre banche norvegesi che commercializzano prodotti finanziari della BlackRock.

Il centro ospedaliero universitario valdese di Losanna, uno dei principali complessi ospedalieri europei, ha rinunciato al rifornimento di acqua minerale israeliana Eden Springs. Il governo norvegese ha annunciato che il Fondo pensioni ha escluso un gruppo israeliano dal suo "universo di investimento" per motivi etici: "Noi non desideriamo finanziare imprese che contribuiscono alle violazioni dei diritti umani internazionali", ha dichiarato il ministro delle Finanze norvegese Kristin Halvorsen, promotrice di importanti campagne contro Israele. Oslo ha appena annunciato anche di aver bandito dalle proprie acque i sottomarini del colosso tedesco Howaldtswerke-Deutsche Werft, perché faceva ricorso a mezzi realizzati in Israele. Il governo di Madrid ha rifiutato all’Università di Ariel, situata nella principale città israeliana in Cisgiordania, la partecipazione a un concorso internazionale organizzato dalla Spagna.

Il Belgio ha tagliato gran parte dei rifornimenti di armi destinate all’esercito israeliano. E la lista nera del "made in Israel" non finisce qui.