Ecco la nuova mission di governo e Pdl: un modello di sviluppo per il Sud
08 Luglio 2009
La questione meridionale e la mission del Pdl. Temi rilanciati su L’Occidentale dal vicepresidente vicario dei senatori del Pdl Gaetano Quagliariello attorno ai quali si è aperto un dibattito nei ranghi del partito. A cominciare dalla classe dirigente impegnata sul territorio e nelle istituzioni che al Pdl e al governo oggi chiede maggiore attenzione verso il Sud, considerando un "pericolo" per questa parte d’Italia e per lo stesso Pdl quelle spinte movimentiste che pure attraversano il Meridione: dalla Lega del Sud di Lombardo e Miccichè che strizzano l’occhio a Bassolino, a partitini ancora in incubatrice, passando per associazioni propedeutiche alla discesa in campo. Anche se, a ben guardare, tutto questo fermento segnala una necessità oggettiva: un nuovo progetto per il territorio. E’ il filo conduttore delle analisi che i coordinatori regionali portano come contributo di idee alla costruzione del partito unico.
Il concetto di fondo è chiaro: il Sud non ha bisogno di un partito del Sud. Ciò che conta – e che serve – è riuscire a trasferire nel territorio la forza del Pdl “unico vero partito nazionale” che può e deve affrontare la questione meridionale. Come? Delineando un nuovo modello di sviluppo per il Sud, anzitutto culturale, che si trasformi in proposta politica e metta il tema tra le priorità dell’agenda di lavoro. Nella recente tornata elettorale il Pdl ha fissato l’asticella dei consensi oltre il 50 per cento (nonostante l’andamento del voto nel Sud sia storicamente fluttuante), strappando al centrosinistra Comuni e Province strategiche.
Da qui occorre ripartire lavorando su due fronti: la valorizzazione della classe dirigente locale che "ha portato risultati ma che resta tagliata fuori dai centri decisionali" rileva dalla Calabria il coordinatore vicario del Pdl Gentile, e un maggiore "investimento" del governo in termini di progetti e servizi, a partire dal Ponte sullo Stretto, gli fa eco il leader calabrese del partito Scopelliti. Una "straordinaria occasione di rilancio dell’economia meridionale" che deve andare di pari passo col grande capitolo delle infrastutture: dal completamento dell’Alta Velocità – "inaccettabile che oggi si fermi a Salerno", ammonisce – alla rete stradale con in testa il caso dell’A3. Questioni centrali "per agganciare il Sud al resto d’Italia e all’Europa", insiste Scopelliti, convinto che il Pdl debba esprimere compiutamente un progetto di cambiamento capace di contrastare anche "quelle logiche di trasversalismo della politica che nelle nostre realtà rappresentano uno degli elementi devianti". Da questo punto di vista, il coinvolgimento della classe dirigente locale diventa fondamentale.
In altri termini, il contenitore c’è, segnala dalla Sicilia Castiglione, "ora bisogna fare la politica, c’è bisogno di mettere in fila le idee e utilizzare bene le risorse di cui disponiamo puntando non sulla quantità ma sulla qualità". Il punto è che i soldi ci sono ma è la spesa che va saputa gestire e serve una programmazione concreta ed efficace, avvertono i leader meridionali del Pdl. E l’esempio che porta il coordinatore siciliano è chiaro: "I fondi strutturali destinati al Sud e alla Sicilia ammontano a sei miliardi e mezzo di euro ma dopo tre anni non sono ancora stati utilizzati dalla Regione. A questi si aggiungono i fondi europei Fas per dieci miliardi, due miliardi del fondo sociale europeo ed altrettanti a sostegno dell’agricoltura". Non vede spazi, tantomeno grandi consensi per il progetto di Lombardo e Miccichè che definisce "asfittico", specie "se lo si riferisce al recente dato elettorale". Piuttosto, se c’è una forza che "oggi ha tutte le caratteristiche per mettere in campo una reale politica per il Mezzogiorno questa è il Pdl che rispetto alle precedenti tornate elettorali in Sicilia avanza alle europee e guadagna tre punti percentuali rispetto alle regionali, oltre ad essere il partito di un siciliano su due nei comuni dove si è votato".
L’investimento sulla classe dirigente del Pdl è la chiave di lettura che propone Nania d’accordo con l’analisi di Quagliariello. Così come la crescita del Paese dipende dallo sviluppo del Meridione – spiega -, allo stesso modo "il consolidamento dell’impianto del Pdl dipende dalla valorizzazione degli uomini impegnati sul territorio". In altre parole, è il ragionamento del coordinatore vicario del partito siciliano, se si punta sulla classe politica che nelle realtà locali ha prodotto risultati, automaticamente si rafforza il progetto del Pdl. Ma è stato così fino ad oggi? Domanda che Nania gira provocatoriamente ai piani alti del partito per dire che occorre "investire sul merito, premiare chi ogni giorno negli enti locali costruisce un nuovo modello di sviluppo". Insomma, la vera operazione politica che il partito dovrebbe fare è "valorizzare l’onestà nei comportamenti, per rilanciare il Sud nel Pdl".
Altro che Lega del Sud, "sarebbe un pericolo per il Mezzogiorno e per il Popolo delle Libertà", avverte Nania, perchè una forza che nasce nel territorio "non potrebbe che porsi in contrapposizione col partito del territorio del Nord e quindi, per una ragione implicita di tipo competitivo, potrebbe trovare contenuti e spazi su tematiche di sinistra alternative alla Lega, partito che a parte alcune tendenze non considivibili, ragiona comunque nell’alveo del centrodestra". In sostanza, chiosa, indipendentemente dalla volontà di chi lo sosterrebbe, un partito del Sud nel contesto attuale diventerebbe, di fatto, "il valore aggiunto del centrosinistra e vanificherebbe il ruolo di ammortizzatore politico del Pdl rispetto alla Lega".
Il modello della sinistra è fallito in quelle regioni dove il potere si tramanda quasi per via ereditaria. Il caso della Campania e dei quindici anni di governo Bassolino è emblematico. Qui la svolta è stata "la presenza dello Stato che ha risolto a tempo di record l’emergenza rifiuti e un progetto di cambiamento che per anni abbiamo costruito sul territorio", spiega il coordinatore regionale Cosentino. E la vittoria del Pdl alle Province di Napoli, Salerno e Avellino sono lì a testimoniarlo. Il concetto è chiaro: se torna la buona politica e la buona amministrazione con adeguate riforme istituzionali e competenze chiare delineate tra i vari livello di governo, un corretto funzionamento degli organi di controllo, il federalismo fiscale e una buona programmazione, non c’è alcun motivo di percorrere strade alternative alla via già tracciata da Berlusconi.
E’ il ruolo del Pdl il tema sul quale si sofferma Landolfi, coordinatore vicario in Campania, sottolineando che il partito "unica vera forza nazionale" deve occuparsi del Mezzogiorno producendo "una nuova idea di Sud, un’idea anzitutto culturale. Se noi continuiamo a concepire il Meridione come un Nord arretrato, proporremo ricette inadeguate". Ciò che serve, invece, è "un nuovo modello di sviluppo calibrato sui problemi del territorio, una politica per il Mediterraneo che deve diventare area di interscambio con una sua vitalità commerciale". Quanto alla Lega del Sud è categorico: "I partiti hanno un senso se rappresentano istanze reali ma qui manca un’idea forza che invece la Lega ha saputo trasmettere agli elettori colmando il gap tra il peso fiscale sostenuto dal Nord e il peso politico esercitato sulle grandi scelte, della serie paghiamo un sacco di tasse ma non contiamo nulla. Bossi è riuscito a colmare questa distanza – presunta o reale – perchè c’era un’idea forza alla base. Nel Meridione non riesco a trovare la stessa potenzialità, quindi il progetto che si vuole costruire dovrebbe ammantarsi di un rivendicazionismo territoriale che non porta da nessuna parte".
Sulla stessa lunghezza d’onda Amoruso secondo il quale la cosa peggiore che potrebbe fare il Sud è pensare a un partito del Sud capace di rappresentare le istanze del territorio. Niente di più sbagliato, insomma, anche perchè "più che spinte movimentiste a me sembrano spinte personalistiche di chi non riesce a trovare soddisfazione o visibilità e allora pensa di fare al Sud come ha fatto la Lega al Nord, non considerando che il partito di Bossi è nato da un’intuizione del professor Miglio e dietro di lui c’erano uomini che hanno lavorato su come tradurla in politica, cosa poi avvenuta con Bossi. Qui invece l’idea nasce sull’onda di personalismi, vedi il progetto della Lega del Sud peraltro da anni messo già in campo da Citto in Puglia ma rimasto entro i confini regionali, o l’iniziativa della Poli Bortone, per finire col nuovo partito di Lombardo e Miccichè". Anche per il coordinatore del Pdl pugliese il partito ha un compito ben preciso da assolvere: mettere in testa alle priorità la questione meridionale, valorizzare la classe politica locale "che putroppo oggi è presente solo in percentuali minime a livello di governo e nelle istituzioni nazionali" e guardare con interesse alla gestione degli enti territoriali, perchè "le recenti elezioni hanno dimostrato che la gente guarda al centrodestra con grandi aspettative ed è proprio nei Comuni e nelle Province strappate alla sinistra che dovremo dimostrare di saper governare bene". Riferimento più che esplicito alla madre di tutte le battaglie nel feudo dalemian-vendoliano: le regionali del prossimo anno.
Dal Molise Di Giacomo aggiunge alla lista delle cose da fare per il Sud "politiche più efficaci di sostegno alle famiglie che nella nostra realtà, diversamente dal Nord, hanno difficoltà oggettive e quotidiane". E in termini di servizi al cittadino non condivide la linea annunciata dal viceministro alla Sanità Fazio di commissariare le regioni col deficit sanitaro perennemente in rosso – "non è così si risolvono problemi che vengono da lontano", ribadisce – e pure sulla questione dei fondi Fas rileva che "la linea del governo è sembrata un segno di disattenzione ai problemi del Meridione. I fondi Fas dovevano servire a ridurre lo squilibrio tra Nord e Sud ma questa leva finanziaria non esiste quasi più dal momento che è stata per buona parte impiegata per la copertura degli ammortizzatori sociali che servono soprattutto al Nord". Dal governo si aspetta "più attenzione per le nostre regioni. Quando chiediamo un maggiore impegno al premier Berlusconi o ai singoli ministri non lo facciamo perchè minacciamo di fare partitini o movimenti, bensì perchè siamo noi poi a dover dare risposte alla nostra gente".
Ma allora perchè tanto movimentismo al Sud? "Perchè l’esigenza di una politica per il Mezzogiorno è un problema reale, anche se non credo che la soluzione stia nella Lega del Sud o in altre formazioni. La risposta vera che le nostre regioni attendono ,può darla solo un grande partito nazionale quale è il Pdl che deve comprendere come, ormai, la questione meridionale stia diventando un’emergenza".
Problemi, aspettative sulle quali il Pdl è chiamato a misurare la propria forza in una parte d’Italia con grandi potenzialità di sviluppo ma che da sempre sconta, per dirla con le parole di Gentile, gli effetti di un isolamento che oggi il partito, forte del consenso degli elettori, deve essere in grado di rompere con una politica nuova che affronti alla radice i problemi del Mezzogiorno e li riporti al centro del dibattito nazionale.