Ecco la prova che l’UNESCO dice un sacco di scemenze

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Ecco la prova che l’UNESCO dice un sacco di scemenze

27 Ottobre 2016

Con UNESCO e onusiani in pieno trip palestinocratico, Israele reagisce facendo due cose molto semplici. Primo: rovesciare attraverso delle prove storiche la risoluzione antiebraica e anticristiana su Gerusalemme votata dalla sedicente organizzazione culturale. Israele presenta uno dei papiri del Mar Morto con la più antica menzione di Gerusalemme in ebraico al di fuori dell’Antico Testamento (nella foto). Il papiro risale al 700 a.C., secondo la datazione al carbonio e confrontandolo con altre scritture ritrovate in vasi e reperti archeologici dell’epoca. Il reperto, ben leggibile, dimostra quale emerita scemenza sia stata votata dall’Unesco. 

Secondo: Israele ritira definitivamente il suo ambasciatore all’Unesco, organizzazione che adesso potrà farsi tutte le risoluzioni del piffero che vuole, da sola, riscrivendo la Storia a uso e consumo dei Paesi islamici che hanno egemonizzato l’Onu. Se agli onusiani piace chiamare il luogo sacro a tre religioni con il suo nome musulmano, Al Aqsa, Al Haram Al Shairif, facciano pure, fatti loro. 

L’ambasciatore di Israele, Carmen Shama-Hacohen, preferisce ricordare un’altra infamante risoluzione onusiana, quella del 1975, quando il sionismo venne paragonato al razzismo. L’allora ambasciatore dello Stato ebraico strappò il testo della risoluzione sul pavimento dell’Assemblea Generale dell’Onu. Per Shama-Hacohen non c’è neppure bisogno di sprecare energie come fece il suo predecessore, è sufficiente gettare la risoluzione su Gerusalemme nel cestino dei rifiuti, scrivendoci sopra “la Storia secondo l’Onu”. L’ambasciatore ha parlato di “persecuzione continua ai danni di Israele e del popolo ebraico”.

Nel frattempo, l’Autorità Palestinese, ha ribattezzato una scuola nella città di Tulkarem “Scuola del martire Salah Khalaf”, in memoria di tale Khalaf, nome di battaglia Abu Iyad, capo di “Settembre Nero”, il gruppo terrorista, che pianificò l’attentato alle Olimpiadi di Monaco del 1972 (11 israeliani ammazzati). Secondo il governatore del distretto di Tulkarem, Issam Abu Bakr, “l’occupazione israeliana”, la stessa dicitura usata nella risoluzione UNESCO, “non farà cambiare la cultura palestinese né ci farà dimenticare i nostri martiri”.

E’ la quarta scuola intitolata alla memoria del terrorista Khalaf, le altre tre sono state costruite dai miliziani di Hamas nella Striscia di Gaza. Per tutta risposta, la Ue ha risposto alle proteste israeliane dicendo che non bloccherà i finanziamenti all’Autorità Palestinese, nonostante le recenti accuse rivolte ad Abbas e soci di pagare il salario a terroristi finiti in galera. Il mese scorso, la Gran Bretagna aveva sospeso per questo motivo l’erogazione di 30 milioni di dollari di aiuti finanziari ai palestinesi. Evviva Brexit.

Piccolo epilogo sull’Italia: il nostro Paese prima si è astenuto sull’ok alla risoluzione UNESCO su Gerusalemme, un vero gesto di coraggio. Subito dopo la Farnesina è stata costretta a smentire un titolone del Corriere della Sera che attribuiva al ministro Gentiloni dichiarazioni sul “successo” della scelta italiana. Infine la retromarcia, Renzi che bacchetta Gentiloni e il ministro che avverte: non voteremo più altre risoluzioni come questa. Riconoscimento tardivo alle ragioni di Israele, visto che ormai il danno è fatto. E l’Italia resta appesa, come sempre, con un piede di qua e uno di là.