Natale, Pasqua e tante altre Festività del Calendario Liturgico cattolico ci ricordano avvenimenti di duemila anni fa tra Betlemme, Nazareth, Gerusalemme in un territorio, tra il fiume Giordano ed il mare, senza dubbio a quel tempo popolato dal popolo ebraico, di cui facevano parte Gesù Cristo e Maria di Nazareth.
Quel popolo, storicamente disperso e perseguitato nel mondo, ha ritrovato soltanto nel 1948 quel focolare storico dove gli ebrei della diaspora, soprattutto i superstiti della Soluzione Finale tentata dalla follia nazista, si sono ricongiunti ai pochissimi che non avevano mai abbandonato quelle terre ed ai tanti che erano giunti dagli inizi del 1900.
Faccio questa premessa mentre si tenta di mettere Israele sul banco degli imputati perchè ha reagito militarmente alla pioggia di missili sparati da Hamas dalla striscia di Gaza per colpire, a scopo terroristico, cittadini inermi di Israele, uomini, donne o bambini, ebrei, arabi o cristiani.
Se guardiamo una carta geografica potremmo sostenere che Israele, con 9 milioni di abitanti di cui un milione e mezzo palestinesi, fa la parte del leone rispetto ai tre milioni di palestinesi della Cisgiordania e ai due della striscia di Gaza.
Ma se si allarga la carta geografica è facile constatare che i 4 Stati confinanti con Israele (Egitto, Siria, Libano e Giordania) di abitanti ne hanno 141 milioni su territori decine di volte più grandi di quello di Israele.
Se pigliamo poi in esame popolazione e territori degli altri paesi arabi o mussulmani sciiti o sunniti di quell’ area geografica, ci accorgiamo che Israele per territorio è un puntino sulla mappa geografica, contro il quale, la Turchia, con i suoi 82 milioni di abitanti e l’Iran con i suoi 83 milioni, rovesciano le accuse più pesanti contestando il suo diritto alla sopravvivenza in presenza di una aggressione terroristica nei suoi confronti.
Giulio Andreotti e Arnaldo Forlani, miei ospiti quando ero Vicepresidente della Camera, mi raccontarono come da Ministri degli Esteri avevano tentato invano di convincere Arafat, che pure passava per essere un moderato, che la nascita dello stato di Israele era un fatto che non poteva essere messo in discussione, così come l’Italia aveva accettato che Istria e Fiume dopo la seconda guerra mondiale appartenessero all’ allora Yugoslavia .
L’ entrata in Europa di Slovenia e Croazia, che sono succeduti come nuove entità statuali alla Yugoslavia, ha dato ragione alla linea italiana del dialogo e della pace con la caduta di storici confini: non oso pensare cosa sarebbe successo se negli anni 40 e 50 del secolo scorso se i trecentomila esuli giuliano dalmati fossero stati strumentalizzati concentrandoli in condizioni disperate a Trieste e provincia e qualche gruppo estremista avesse avuto la bella idea di bombardare la Yugoslavia.
Nel mondo arabo e mussulmano invece c’è chi ancora teorizza la distruzione dello Stato di Israele, che può avere mille difetti e fare anche scelte sbagliate, ma è un paese democratico neanche lontanamente paragonabile ai gruppi estremisti e terroristi che tengono sotto scacco la popolazione di Gaza.
E’ davvero angosciante vedere le immagini di donne e bambini vittime di questa guerra, ma non è possibile mettere sullo stesso piano aggressori ed aggrediti, quando dovrebbe essere possibile utilizzare le ingenti risorse che la Comunità Internazionale stanzia per aiutare i Palestinesi non per comprare armi ma per quello sviluppo economico e sociale che Israele ha dimostrato essere possibile anche su un piccolissimo territorio.
E’ doveroso pertanto schierarsi senza se e senza ma dalla parte di Israele e di tutti quei Palestinesi che subiscono le conseguenze di gruppi terroristici che li hanno presi in ostaggio per raggiungere i loro deliranti obiettivi.