Ecco perché il “metodo Bertolaso” non può funzionare
26 Febbraio 2016
La vicenda della candidatura di Bertolaso a sindaco di Roma suona come la campana a morto di un centrodestra che non esiste più. Con milioni di voti persi, polverizzato in una serie di scissioni più o meno consistenti, incapace di sviluppare una seria analisi politica, impermeabile nel merito, nei metodi e nei protagonisti a qualsiasi mutamento e valutazione meritocratica, fermo ad una realtà che sembra non conoscere i naturali processi di cambiamento.
Le uniche cifre identitarie sembrano essere il contrasto all’immigrazione, l’insulto e l’urlo promossi a tesi politica e un po’ di pelosa difesa della famiglia naturale. Tutto condito da un velleitarismo imbarazzante e la mancanza di una visione coerente del sistema Italia inserito nei più ampi scenari internazionali. Totalmente assente una visione strategica del nostro paese, ovvero quello che dovrebbe essere il punto di forza di una destra capace di proporsi come credibile riferimento di governo. Basti pensare alle posizioni di FI, FdI e Lega su Europa ed euro. Non ne esistono due eguali fra loro.
Le gaffe di Bertolaso, la sua storia, le sue dichiarazioni continue di contiguità con l’avversario sono la più evidente dimostrazione di questo fallimento, di questa incapacità culturale e politica. Non solo per l’impossibilità ad individuare nelle proprie file un soggetto credibile ma, soprattutto, perché non si è stati in grado di costruire per tempo una alternativa capace di allargare il perimetro del proprio schieramento politico, avendo, però, una serie di riferimenti chiari ed intellegibili per il popolo del centrodestra.
Per non parlare poi del metodo di scelta, tema sul quale si è consumata l’ennesima farsa di un centrodestra che viaggia su posizioni inconciliabili. Questo accade non per caso, ma perché è proprio la politica a latitare in un contesto dove personalismi e contabilità elettorale, peraltro di basso cabotaggio, hanno preso il sopravvento su tutto. I motivi di questa stasi devono essere rimossi e l’unica strada possibile èquella del ragionamento sensato, dello sforzo continuo per cercare di costruire una alternativa credibile, ripartendo e ristabilendo un dialogo con le persone ed il mondo che ci sta intorno.
Nessun veto, nessun anatema ma la forza del pensare la politica, avendo come obiettivo la creazione di una nuova fase costituente per uno schieramento che va ricostruito dalle fondamenta, partendo proprio da Roma. Perché la Capitale d’Italia ha una valenza che va al di là del contesto locale e perché la candidatura di Marchini ha tutti i crismi di una necessaria rottura di schemi di cui si sente grande bisogno. Bisogno che a Roma, dove gli schieramenti contrappostisi fino ad oggi non sono riusciti a dare risposte credibili, è forte, insieme all’esigenza di aggredire i problemi reali con un approccio pragmatico, capace di uscire fuori da quei ping pong che troppo spesso hanno regalato l’immobilismo più stagnante.
Pragmatismo, quindi, come primo stilema identificativo che si contrapponga e superi il pericoloso ideologismo astratto della sinistra e lo sconcertante "nullismo"di certa destra. Dopodiché, una visione chiara della città che parta dalla necessità di dare a Roma uno status ed una conseguente governance in linea con quella che deve essere una capitale di valenza internazionale. E poi immediatamente, a seguire, sicurezza, sviluppo e risanamento della città, servizi materiali ed immateriali.
Una sfida enorme, in linea con il lavoro da portare a termine. Ma oggi l’importante è avviare un processo, senza badare al successo o all’insuccesso, alle critiche sensate e non, perché come recita una bellissima canzone "Cinque anatre andavano a sud, forse una soltanto vedremo arrivare, ma quel suo volo certo vuole dire che bisognava volare".