Ecco perché il sostegno di Santorum rafforzerà Mitt Romney
09 Maggio 2012
Era nell’aria da tempo, almeno dal giorno del suo ritiro dalle primarie il 10 aprile. Anzi, era un fatto. Adesso è anche un principio. Rick Santorum appoggia ufficialmente la campagna elettorale di Mitt Romney contro Barack Obama. Contrariamente a ciò che sarebbe pur lecito pensare, non è però una mossa scontata.
Santorum avrebbe infatti potuto tirare la corda fin quasi a spezzarla, ovvero lesinare il proprio appoggio fin dentro la Convenzione nazionale del Partito Repubblicano che si svolgerà a Tampa, in Florida, l’ultima settimana di agosto.
Avrebbe potuto fare il prezioso, avrebbe potuto congelare migliaia e migliaia di voti conservatori che a Romney servono invece come l’aria per respirare. Avrebbe, cioè, potuto guastare tutto. E invece, responsabilmente, vi ha rinunciato. Anzi, da adesso Santorum mette scopertamente al servizio della corazzata Romney tutti i propri incrociatori conservatori, e la nobiltà del gesto va sottolineata.
Ora bisogna mettersi seriamente a “studiare i mormoni”, a comprendere che Romney ha diversi difetti ma molte virtù, a capire che Obama va battuto. Che Obama va battuto forse persino a ogni costo, anche se questo è meglio non ripeterlo troppe volte per non rischiare di vanificare la sfida fin qui combattuta benissimo dai candidati del GOP.
Romney può insomma farcela, soprattutto se i conservatori lo appoggiano. Romney deve cioè farcela, poiché i conservatori lo appoggiano. Una sua sconfitta bloccherebbe infatti per troppo tempo il circolo virtuoso in atto oggi nel GOP. E consentirebbe all’uragano Obama di mietere altre vittime eccellenti.
Uno dopo l’altro, lo hanno capito tutti nel mondo Repubblicano. Romney è quindi oggi colui cui spetta il momento della sintesi. Difficile, arduo, ma indispensabile. Insomma, può ancora farcela, l’ex governatore del Massachusetts, a divenire un ottimo amico di quella Destra senza la quale negli Stati Uniti i Repubblicani perdono cronicamente. È successo a diversi presidenti federali prima di lui, quindi nessuna paura.
E Ron Paul che ancora tecnicamente resta in gara? Il 2012 è la sua ultima sfida politica: egli abbisogna dunque di restare ancora in gioco onde far sì che il suo messaggio, tutt’altro che spregevole, vinca l’impeto contrario delle onde del tempo, le quali consegnano in fretta uomini e idee al dimenticatoio.
Marco Respinti è presidente del Columbia Institute, direttore del Centro Studi Russell Kirk e autore di L’ora dei “Tea Party”. Diario di una rivolta americana