Ecco perchè Il Trono di Spade ha conquistato anche la politica
15 Maggio 2019
La fortunata serie “Il Trono Di Spade” è ormai agli atti finali: manca infatti una sola puntata alla chiusura di un filone narrativo che tiene i fans di tutto il mondo incollati sulla piattaforma in attesa del definitivo epilogo. Non è una novità che una serie di questo spessore sia in grado di catalizzare l’attenzione di tante persone, infatti nonostante l’ambientazione e il genere siano grosso modo sempre un azzardo per il cinema contemporaneo, la produzione di Benioff&Weiss sfata questo mito e risponde perfettamente alle richieste degli utenti. Occorre ricordare comunque che la base narrativa poggia la sua esistenza sulla creazione letteraria del tolkeniano George RR Martin.
La serie non lascia nulla al caso: l’elemento soprannaturale è ridotto ad un margine tollerabile e coinvolgente, mentre il vero protagonista è incarnato dalle dinamiche politiche e dalle strategie del potere. Così si può benissimo ritrovare la dinamica puramente machiavellica attorno a diverse figure della serie, citata poi spessissimo sotto altre vesti è “L’Arte della Guerra” di Sun Tzu: la vediamo all’azione nelle sottili decisioni dei nostri protagonisti, sino poi a conoscere la prima e vera regola dell’ottica martiniana, “al gioco del trono o vinci, o muori.”
Esattamente come in qualsiasi altro contesto sociale che verrebbe analizzato, anche nel mondo de Il Trono Di Spade figurano importantissime le diverse religioni e divinità, accompagnate dal concetto medievale di “fato”, non sempre coincidente con la buona o cattiva volontà dei personaggi. Emerge chiaramente una lotta paretiana tra le diverse credenze religiose, le quali a loro volta forniscono una giustificazione credibile al potere assunto da un particolare gruppo o persona: l’irrazionale subisce attraverso questo meccanismo anche un senso, precisamente ritroviamo questo diktat con La Donna Rossa.
Non importa infatti chiedersi quanto irrazionale sia bruciare vivi degli uomini in cambio di favori dal Dio della Luce, l’essenziale è farlo e concedere alla debolezza umana il lusso della fiducia nell’irrazionale, la quale protegge gli uomini spaventati da un destino a cui non sanno rispondere. Anche Daenerys carica su di sé l’essenza di un potere dai tratti weberiani: non è la più intelligente, non è la più giusta né ha particolari capacità di comando, eppure rappresenta per i suoi sudditi “la non bruciata e Madre dei Draghi”. Questo appellativo – assieme agli eventi incredibili che la vedono protagonista, le conferiscono la possibilità di appellarsi al proprio potere carismatico. Proprio questa sua particolarità che mette in mostra le debolezze: infatti Daenerys, per quanto ci si presenti come una destinata al governo, non ha davvero le stesse capacità machiavelliche e politiche presenti invece negli altri personaggi di Westeros.
La stessa Cersei Lannister ad esempio incarna al meglio le lezioni impartite dal padre. Tanto è vero malgrado sia spietata e priva di grande empatia per la sua gente, ha consapevolezza di come sia semplice perdere il comando, conosce il prezzo della ruina e non ha alcuna intenzione di perdere. In particolar modo nel corso di queste ultime stagioni Cersei ha dato espressione di tutta la sua abilità politica spazzando via – letteralmente – tutti i suoi nemici, ritrovandosi ad essere ancora regina nonostante il suo contesto governativo navighi nell’incertezza. Anche la sua reazione rispetto all’avanzata dei non morti è una logica spiegazione rispetto al suo modo di vivere l’aspetto politico: a Cersei non interessano creature mitologiche né i draghi, è stata cresciuta prestando attenzione all’aspetto più immediato della vita e conosce il potere, ciò che le interessa è seguire questo suo personale format mentale.
Un’altra figura spesso gettonata per abilità diplomatiche è sempre in casa Lannister: “il folletto”, che abbiamo imparato ad apprezzare sempre più nel corso delle stagioni, risulta essere un personaggio estremamente interessante nell’analisi e traduzione delle necessità di manovra. Assieme all’eunuco Varys e allo scaltro Ditocorto fa parte di quel particolare trio che non lascia nulla al caso, ma emerge nei rispettivi personaggi uno specchio di abilità strategica sotto diverse sfumature. Martin (ndr parliamo dei libri) li descrive analizzandone attentamente il tipo di soggetto/oggetto a cui rispondono, come ben sappiamo nel mondo di Game of Thrones non esistono cattivi né buoni, proprio per questo bisogna considerarli su un’ottica strettamente pratica. L’attenzione alle informazioni e la capacità di veicolarne solo alcune a scapito di altre sono l’essenza di questo trio, le divergenze emergono con gli obiettivi che ci si impone di raggiungere.
L’ultima arrivata nel pantheon strategico – ma degna di nota – è Sansa Stark. Torturata psicologicamente e fisicamente, data in pasto ai suoi stessi nemici e cresciuta tra angherie e violenze. Al posto di Sansa qualsiasi altro soggetto avrebbe perso la testa, ma non lei, Sansa resiste. Possiamo definirla il prodotto più raffinato di Cersei, Ditocorto e Ramsey. Da ognuno di loro ha appreso un elemento che oggi la rende appetibile alle dinamiche di potere per il gioco al trono. Ha capacità di comando, non teme più il confronto né si lascia lusingare da complimenti di circostanza, si pone problemi strettamente pratici e – soprattutto – conosce l’importanza delle voci e di come queste circolino. Non è più la Sansa intimorita che abbiamo conosciuto nel corso delle prime stagioni: questa versione è adesso una macchina politica che, dopo aver subito e sopportato, è pronta a restituire tutto attraverso una logica di attacco a tratti hobbesiana.
Non può stupire quindi che i politici di mestiere – da destra a sinistra – si siano tanto interessati alla serie portandone lo stile persino nelle loro personali campagne elettorali. Lo stesso Donald Trump ha fatto spesso riferimento alla serie durante i suoi post social, a ruota lo hanno seguito i nostri politici nostrani. Game of Thrones fa tendenza, così com’è stata finora in grado di catalizzare l’attenzione di un pubblico sempre più elevato, può al tempo stesso toccare delle corde propagandistiche in grado di trasmettere lo stesso messaggio politico ai propri seguaci. Ma è inevitabile ormai che parte della finzione televisiva e cinematografica abbia raggiunto dinamiche strettamente pratiche e reali: gli strumenti cambiano, eppure la necessità di raggiungere le masse è sempre la stessa, forse persino di più.