Ecco perché l’ambientalismo è di destra

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Ecco perché l’ambientalismo è di destra

Ecco perché l’ambientalismo è di destra

09 Giugno 2020

Quante volte abbiamo sentito dire «non bisogna lasciare alla sinistra» un argomento? Benché negli ultimi decenni questa frase sia stata pronunciata anche dai progressisti (ad esempio: non si devono abbandonare alla destra le questioni della criminalità e della nazione) dal 1789, cioè dacché esiste il clivage destra /sinistra, è la prima che insegue sempre la seconda: giusta la teoria dello « scivolamento » a sinistra enunciata a suo tempo da René Rémond. Spesso trasformisti e politicanti vari si sono serviti di questa smania di «aggiornamento» per essere ammessi al desco della sinistra, sia pure nella parte adibita alla servitù, ed è quindi atteggiamento di cui diffidare.

C’è però un argomento che, davvero, non va lasciato ai progressisti anche perché esso originariamente era più proprio della destra, cioè al campo conservatore: è quello dell’ecologia. Per questo giunge quanto mai opportuno il libro di Francesco Giubilei (Conservare la natura. Perché l’ambiente è un tema caro alla destra e ai conservatori, Giubilei REgnani, 17 euro)) la cui parola d’ordine si potrebbe sintetizzare cosi: l’ambientalismo è di destra.

Attraverso una cavalcata di secoli, ricca di letture, Giubilei mostra come la sinistra si sia impossessata di un assunto che le era estraneo, visto che essa, sia nella versione borghese-rivoluzionaria che in quella marxista, è produttivista, cioè invoca le forza e la capacità prometeica dell’uomo di trasformare la natura, di manipolarla, e con ciò di rigenerare se stesso: il mito dell’uomo nuovo, che poi finisce anche nel totalitarismo « nero », è in realtà inscritto nella tradizione rivoluzionaria fin dal 1789.

Rispetto a questa versione, i conservatori o anche i cosiddetti reazionari, fin dalla Rivoluzione industriale, individuano i pericoli ingenerati dallo sfruttamento del creato. Essi vi arrivano per due ragioni La prima è che hanno ben presente il senso del limite, grazie al loro attenersi ad una visione ontologica cristiana: non è l’uomo che può tutto ma solo Dio e il peccato originale limita Adamo fin dalle origini. Ogni qualvolta l’uomo cerca di superare i limiti imposti da Dio, la reazione naturale, sia della società che dell’ambiente, è devastante. La seconda ragione è che i conservatori del XIX secolo sono legati ai loro territori assai più dei liberali, dei democratici e dei socialisti. E, come spiega bene Giubilei sulla scorta dei fondamentali lavori di Roger Scruton sull’ambiente, il conservatore è naturalmente legato all’oikos, alla comunità, che è sempre locale e piccola, sempre prossima.

Purtroppo la teoria dello scivolamento ci insegna che la destra e i conservatori hanno dimenticato queste loro origini e hanno spesso inseguito la sinistra dietro il mito delle forze produttive e della trasformazione della natura e dell’uomo. Nel Novecento infatti gli autori e i pensatori di destra o conservatori immersi nei temi verdi sono numerosi ma hanno sempre occupato un ruolo marginale all’interno delle proprie aree politiche di riferimento, quando ne avevano una. Non è un caso che la riflessione sull’ambiente, nel caso italiano, sia venuta maggiormente dalle componenti della destra di matrice evoliana e rautiana (che peraltro rigettavano la dicotomia destra/sinistra), cioè critiche della modernità e del capitalismo, che non dalla destra liberale. Anche se Giubilei illustra come questa famiglia politica, per la verità più negli Usa che in Europa, abbia fornito un contributo interessante, la maggior produzione ambientalista viene dal campo conservatore e tradizionalista.

Ed è da qui che oggi bisogna partire per una piattaforma culturale e politica opposta all’ecologismo globalista alla Greta Thunberg ma anche a quello chiaramente classista, ben incarnato nella politica dell’ambiente di Macron e ,in piccolo, dei Beppe Sala in Italia: biciclette e monopattini per i ricchi bobos del centro, i lavoratori che vivono in periferia e nell’hinterland si arrangino, anzi vengano subissati di tasse «etiche» perché usano l’auto, e persino quella diesel, orrore! In tal senso l’ambientalismo conservatore, come scrive Giubilei, deve rigettare alla radice l’idea di tassa etica o tassa verde: le misure di tutela non devono essere la replica del grosplan sovietico, con altri obiettivi ma con la stessa mentalità. Di fronte agli investimenti che il Recovery fund (se e quando arriveranno) impone siano rivolti in direzione green, bisognerà perciò vigilare molto attentamente.

Portate con voi sempre il libro di Giubilei e, se incontrate i fan di Thunberg, oltre ad usarlo come amuleto scaccia gretini, spiegate loro che siete ambientalisti perché siete conservatori, e non benché lo siate.