Ecco perchè Marine Le Pen attacca gli interessi del Qatar in Francia

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Ecco perchè Marine Le Pen attacca gli interessi del Qatar in Francia

21 Gennaio 2012

Marine Le Pen contro l’Emirato del Qatar. Il futuro candidato alla guida della nazione dove troviamo la comunità musulmana più numerosa d’Europa -sono quasi sette milioni- contro l’inventore di al Jazeera, l’emittente araba seguita da sessanta milioni di musulmani. A madame Le Pen il fatto che l’emirato del Qatar abbia comprato il Paris Saint-Germain, squadra simbolo di Parigi, e che l’emiro Hamad bin Khalifa Al Thani voglia investire 50 milioni di euro in un fondo per gli imprenditori della periferia e in progetti di promozione sociale per le banlieue della capitale, proprio non va giù.

Per Le Pen “sono stati elargiti massicci investimenti destinati alla periferia a causa della percentuale molto alta di musulmani che vi abitano”. Una minaccia per l’Hexagone, secondo il leader del Fronte nazionale, perché “si permettere che un Paese straniero scelga i propri investimenti in relazione alla religione di questa o quella parte della popolazione francese o del territorio francese". Le Pen ha poi dichiarato ai giornalisti francesi di non fidarsi del piccolo Emirato perché “fa il doppio gioco: da un lato si presenta come interlocutore moderato e dall’altro sostiene i fondamentalisti islamici”. Ma il Qatar non si limita solo a dare panem et circenses ai francesi e non.

Il fondo sovrano Qatari Diar possiede il 5 per cento delle azioni del gigante multiutility francese Veolia. La società Qatar Holding è entrata in possesso del 10,07 per cento del gruppo Lagardère, gruppo leader nell’editoria (Hachette, Paris Match, Elle , Journal du Dimanche , la radio Europe 1) e, attraverso la società Désirade, proprietario del 50 per cento di SOGEADE (Société de gestion de l’aéronautique, de la défense et de l’espace). Non è un caso che l’aeronautica militare qatarina sia dotata di Mirage.

Guardando oltre la politica di pancia portata avanti da Marine Le Pen per vincere le ormai prossime elezioni presidenziali, non è eccessivo pensare alla Francia come a un avamposto strategico da dove controllare il Maghreb, servendosi anche dell’aiuto, bottom-up, della fratellanza musulmana: tra i pochi, come Al Jazeera, a cogliere i frutti della Primavera araba.

L’Emirato di Al Thani si presenta come stato islamico moderno e moderato, alleato dell’occidente, futuro ospite dei Mondiali di calcio 2022, prima Nazione araba a promuovere una Commissione Araba per i Diritti Umani e tra le poche in medio oriente a caldeggiare con considerevoli finanziamenti innumerevoli organizzazioni di beneficenza che promuovono i diritti umani come il Qatar Foundation for Combating Human Trafficking o il Doha Center for Media Freedom.

Dato atto di questo, per capire la pericolosità delle infiltrazioni quatarine in Francia bisogna rileggere un articolo di Zvi Mazel pubblicato dal Jerusalem Center for Public Affairs, dove l’ex ambasciatore israeliano in Svezia Romania ed Egitto mostra il cordone ombelicale tra l’alleanza musulmana e l’Emirato del Qatar. C’è stata, infatti, una significativa presenza dei Fratelli musulmani in Qatar sin dalla seconda metà del ventesimo secolo. Un utile antidoto per proteggere la stabilità domestica dal veleno del terrorismo coranico.

I Fratelli musulmani arrivano e si stanziano in Qatar (e in tutta la Penisola arabica) in tre diversi periodi. La prima volta nel 1954, quando vennero cacciati dall’Egitto da Nasser, dove aveva appena distrutto la loro organizzazione, fatto arrestare decine di migliaia e ucciso alcuni dei leader. La seconda ondata partì dalla Siria durante gli anni ottanta, quando Hafez el-Assad compì la strage di Hama, città considerata la roccaforte della fratellanza.

L’ultimo gruppo è arrivato dopo l’11 settembre 2001 dall’Arabia Saudita. I Fratelli Musulmani rappresentavano una minaccia per la stabilità di Riyadh e contribuivano a danneggiare l’immagine dei Saud davanti agli Stati uniti (la maggior parte dei terroristi dell’Undici Settembre proveniva dall’Arabia Saudita). I sauditi, quindi, hanno iniziato a far emigrare, in maniera discreta, appartenenti alla fratellanza musulmana, molti dei quali hanno trovato rifugio in Qatar, dove hanno esercitato una profonda influenza sulle tribù beduine, tanto da contribuire alla creazione di un Ministero della Cultura e della Pubblica e l’Istituto di studi religiosi.

In Qatar, la fratellanza ha anche visto nascere un emittente televisiva, Al Jazeera, che sarebbe stata utile a diffondere il credo del loro fondatore, Hassan el-Banna. Un esempio è il programma tv al-Shari’a wa l-Hayat ("Shari’a e vita") condotto da Youssuf al Qaradawi, guida del Consiglio europeo della fatwa e della ricerca, arrivato a Doha dall’Egitto intorno agli anni cinquanta. Attraverso il suo programma fa arrivare ai milioni di musulmani le sue opinioni ed i suoi editti (fatwa) basati sulle sue interpretazioni del Corano.

Come quella di mettere a morte Muammar Gheddafi, dichiarato apostata, o come quelle che giustificano gli attacchi terroristici contro i civili israeliani, la conquista di Gerusalemme o impongono l’assassinio di americani come “un obbligo”. Per maggiori informazioni su questo personaggio bandito dagli USA e coccolato dal moderato Qatar si può visitare il sito del Middle East Media Research Institute (MEMRI) che ha tradotto dall’arabo all’inglese i sermoni protetti dal Qatar.