
Efficienza, efficacia ed economicità: i presupposti per una PA che funzioni

22 Luglio 2010
Nel 2009 la Pubblica Amministrazione ha speso circa 795 miliardi di Euro e ne ha incassati circa 718, con un disavanzo di 80 miliardi di Euro. I numeri sono chiari e inchiodano il Governo a manovre dolorose. Tuttavia ogni sacrificio non deve essere fine a se stesso.
Anche ipotizzando, infatti, che si possa recuperare un aumento del gettito pari agli 80 miliardi mancanti, bisognerebbe poi essere in grado di assicurare che tali entrate non vengano subito immediatamente spese (con magari anche qualche aggiuntina), venendo piuttosto destinate alla inderogabile riduzione del deficit. Tutto ciò è noto. Come è noto che solo la crescita può farci uscire dalla crisi, laddove un aumento delle tasse avrebbe senz’altro conseguenze negative sull’economia, non assicurando, magari, come detto, neppure una corrispondente riduzione del deficit.
La pressione tributaria, pari al 43,2% (già quinto posto sui 27 Paesi dell’Unione Europea), del resto, grava solo su pochi (onesti) contribuenti, i quali, alla fine, sopportano, di fatto, una pressione del 52%, con 120 miliardi di euro di prodotto interno lordo che sfugge al pagamento delle imposte e con molti meno servizi rispetto, per esempio, a Paesi come la Svezia o la Danimarca, dove la pressione fiscale supera anche quella (formale) dell’Italia.
Allora si comprende come la riduzione della spesa pubblica “inutile” sia necessaria. Prendiamo il caso dei tanto declamati tagli alle Regioni. I trasferimenti statali alle Regioni sono pari a più di 175 miliardi di Euro, di cui 106 destinati al finanziamento della spesa sanitaria. Restano quindi circa 70 miliardi di Euro, da cui vengono tagliati circa 4 miliardi (meno del 6% dei trasferimenti), su cui il Governo ha lasciato carta bianca alle Regioni sulla scelta delle spese da tagliare.
Scelta questa peraltro inderogabile, se solo si pensa che il miliardo di Euro che le Regioni avrebbero voluto “salvare”, non essendo possibile toccare i saldi della finanziaria, doveva altrimenti essere tolto dal capitolo relativo al bilancio dei ministeri, a cui però la stessa finanziaria ha già tagliato circa il 10% delle risorse. In conclusione, due parole esprimono bene la odierna finanziaria: responsabilità ed ineluttabilità.
Certo l’obiettivo a tendere deve essere necessariamente la riduzione della pressione tributaria, passando magari almeno, come recentemente chiesto anche dal Presidente di Confesercenti, dal 43,2% al 40% in tre anni, ma intanto è bene cominciare (come è stato cominciato) da un reale contrasto all’evasione fiscale e dal taglio della spesa pubblica inutile (impressionante è quella di 4 miliardi per le auto blu).
Cancelliamo gli enti senza senso, cominciamo a far fare sacrifici anche all’alta dirigenza, abbattiamo alcuni costi comunque eccessivi della politica (un Presidente di Provincia non può prendere più del Governatore della California), accentriamo gli acquisti di beni eservizi della sanità, come fa la Consip nel pubblico impiego, conteniamo i costi, laddove possibile, etc. etc. Efficienza, efficacia ed economicità: i pilastri di ogni buona Pubblica Amminsitrazione.