Ehud Gol, il diplomatico molto poco diplomatico
24 Febbraio 2008
Ehud Gol per quasi cinque anni ha rappresentato un vero e proprio mito per gli amici di Israele in Italia. Un ambasciatore per niente diplomatico, anzi chiaro e diretto, che senza ipocrisie ha difeso il proprio paese di fronte all’Europa intervenendo a dibattiti in tv e sui giornali, a convegni di amicizia italo israeliana e a manifestazioni come l’Israele Day dell’aprile 2002.
Il mondo della comunicazione è stato quindi il vero campo di azione per Gol che dall’ottobre 2001 all’agosto 2006 ha scritto quasi cento articoli adesso tutti raccolti in un volume, “Da Gerusalemme a Roma”, da poco in libreria edito da Mondadori con una prefazione a dir poco entusiasta scritta di proprio pugno da Silvio Berlusconi.
Alla presentazione del libro tenutasi lunedì scorso presso il residence di Ripetta a Roma Ehud Gol ha voluto tenere fede al proprio personaggio ed è stato chiaro e forte nel messaggio: “Sì, io tutti quegli stessi articoli che ho scritto nei cinque anni che ho fatto l’ambasciatore qui a Roma, oggi li riscriverei alla stessa maniera, perché nulla è cambiato nel mondo arabo intorno a noi né nella galassia del terrorismo islamico”.
In Italia magari una cosa era mutata nel frattempo: il governo di Berlusconi era stato sostituito da quello di Prodi, adesso caduto a sua volta. E per Israele non era stato un cambio neutro.
La sera della presentazione del libro sembrava di stare a “Porta a porta”, con Bruno Vespa che introduceva gli ospiti, Gianni Letta che scherzava bonariamente con il cognome dell’ambasciatore, l’ex diessino Umberto Ranieri che giocava a fare l’amico di Israele nella sinistra e l’ex ministro deli Esteri Gianfranco Fini nel ruolo di colui che rompe l’idillio: “Caro Umberto tu sarai pure amico di Israele e D’Alema avrà anche ammesso che Arafat ha sbagliato tutto a Camp David, ma tra noi e voi resta una grande differenza rispetto ai rapporti con lo stato ebraico. Ad esempio un nostro ministro non si sarebbe mai fatto fotografare a braccetto con un esponente degli hezbollah a passeggio per Beirut”.
Per capire chi è davvero Ehud Gol, comunque, basta leggere anche solo tre degli articoli raccolti nel libro.
Più precisamente: “Due bombe due misure”, pubblicato da “la Stampa” l’11 settembre 2002 (pagina 50 del libro); “Arafat uccide la nostra gente e gli europei ci vanno a colazione”, pubblicato su “Il Foglio” dell’8 gennaio 2003 (pagina 63 del libro) e “Ogni giorno in Israele attentati come l’11 marzo a Madrid”, pubblicato su “la Repubblica” del 27 marzo 2004 (pagina 127 del libro).
Il primo dei tre articoli era stato scritto in occasione del primo anniversario degli attentati alle Torri Gemelle, il secondo quando Arafat assediato di carri armati israeliani veniva difeso buonisticamente e molto appassionatamente in tv da tutti i maitre a penser italiani. Persino da esponenti della Cdl come l’ex sottosegretario agli esteri Alfredo Mantica, il terzo articolo era di qualche giorno dopo l’omicidio mirato dello sceicco leader di Hamas, Ahmed Yassin, a circa due settimane di distanza gli attentati ai treni di Madrid.
Tre giornali diversi, tre situazioni differenti, tre contesti geopolitici distanti con un solo elemento in comune: il terrorismo islamico.
Ebbene Gol è uno che nei propri articoli non ha mai avuto paura di chiamare le cose con il proprio nome: l’11 settembre come una dichiarazione di guerra del terrorismo islamico all’Occidente, che finalmente capiva quello che Israele aveva sperimentato sulla propria pelle senza alcun solidarietà dall’Europa a partire dai primi anni ’80; Arafat come un doppiogiochista, vero oppressore dei palestinesi e assassino, legittimato persino dal premio Nobel, del popolo israeliano; lo sceicco Yassin come un leader sanguinario della jihad che aveva fatto uccidere centinaia di ebrei in tutto il mondo mandando a farsi esplodere anche le donne e i bambini nel nome di Allah.
Cose che adesso diamo tutti per scontate ma che all’epoca in cui furono stampate nei giornali in cui le pubblicò Gol portarono non poche polemiche.
Un ambasciatore che ha portato molte pene, quindi, come quella di dovere suo malgrado assistere al dibattito islamically correct italiano ed europeo. Ma anche un diplomatico che si è tolto molti sassolini dalle scarpe durante il proprio mandato.
Ad esempio i politici italiani della sinistra antagonista ancora ricordano le cartoline mandate dall’ambasciata di Israele a tutti i parlamentari quando Oliviero Diliberto fece affiggere per Roma i famosi manifesti in cui si faceva ritrarre sorridente accanto all’ex leader palestinese mentre nella didascalia era scritto “Io sto con Arafat”.
Un bel giorno tutti e 630 i parlamentari, più i 315 senatori e anche quelli a vita, si sono trovati nella propria casella di posta una cartolina dove si vedevano le donne palestinesi di Ramallah che festeggiavano il linciaggio di due soldati israeliani (che nell’ottobre 2000, ai tempi dell’inizio della seconda Intifada, avevano sbagliato strada e si erano ritrovati proprio davanti alla sede della Muqata di Arafat) alzando al cielo le mani che avevano appena intinto nel sangue dei due malcapitati. Sotto l’immagine assai truculenta c’era la seguente didascalia: “anche loro stanno con Arafat”.
Diliberto fece anche un’interrogazione parlando di ingerenza di uno stato straniero con gli affari interni italiani, ma non lo stette ovviamente a sentire nessuno. La gente ancora ricordava le sue oscene foto con il leader degli hezbollah Hassan Nasrallah di nemmeno un mese prima.
Nella introduzione firmata dall’ex premier Silvio Berlusconi non si fa mistero dell’ amicizia personale tra i due e si rievocano gli episodi e i retroscena raccontabili dei numerosi contatti che Gol, Sharon e Berlusconi ebbero all’epoca del varo della Road Map. O di quando nel semestre italiano di presidenza la Ue mise Hamas tra i movimenti terroristici al bando in Europa.
Ehud Gol era anche un personaggio che si godeva la vita qui in Italia e amava andare tutte le domeniche a vedersi le partite allo stadio.
Per “par condicio” diplomatica andava sia a quelle della Roma sia a quelle della Lazio. Di quest’ultima squadra però era anche tifoso perché i colori della maglia gli ricordavano quelli della bandiera di Israele. E non pochi supporter biancazzurri ricordano con una certa malinconia quel signore sempre ripreso dalle telecamere, seduto in tribuna d’onore dietro i presidenti della Lazio, prima l’osannato Sergio Cragnotti poi il molto meno amato Claudio Lotito, che saltava in aria come un vero e proprio ultrà quando la squadra segnava. Si lui, Ehud, amava molto urlare “Gol!”.