Elezioni Basilicata, la Stalingrado del sud è caduta
25 Marzo 2019
La Stalingrado del sud è caduta. La vittoria del centrodestra in Basilicata sancisce la fine di un monopolio politico, ma soprattutto partitico, declinatosi addosso ai lucani nel corso degli ultimi decenni. Il centrodestra, che a ragione esulta, può recepire l’ennesima conferma di un dato certo: la coalizione è maggioritaria e lo è dappertutto. Resiste qualche sacca di democraticismo di sinistra, ma i prossimi appuntamenti elettorali potrebbero regalare un brutto risveglio pure al “Nuovo Partito Democratico” di Nicola Zingaretti, che appare baldanzoso, ma che dovrebbe dare uno sguardo più dettagliato ai numeri (la coalizione di centrosinistra, rispetto alle scorse regionali, ha perso quasi il 30% dei consensi).
Emilia Romagna e Piemonte sono i nuovi obiettivi designati. Delle colazioni offerte di questi tempi dagli elettori al MoVimento 5 Stelle è quasi inutile parlare: vanno tutte di traverso. La distanza che separa le aspettative propagandistiche dalla realtà dei fatti ha fatto irruzione nel grillismo, che si sta aggrappando al governo pur di non finire nel baratro. Gli rimangono gli scranni occupati e l’ipotesi di lanciare il premier Giuseppe Conte come leader nazionale. Ma in ogni caso è l’avvento di un rinnovato bipolarismo, quello che abbiamo già conosciuto e che contrappone il centrosinistra al centrodestra, che sembra affacciarsi sul nostro sistema politico. Il messaggio arrivato dalla Basilicata è denso di significato ma sono gli attori di vertice a doverlo interpretare con attenzione: gli elettori non intendono assecondare divisioni di sorta e anzi premiano quelle creature nate per amalgamare un tessuto altrimenti diviso.
Sarebbe possibile fare più di un ragionamento ma basterebbe parlare con un lucano consapevole per scoprire come quanto accaduto ieri costituisca, in termini storici, quello che di solito viene definito “miracolo politico”. E tutti hanno davvero fatto la loro parte. La Lega, considerando la sua inesistenza nel sud Italia fino a qualche mese fa, è la formazione che cresce più, ma lo spazio occupato dal resto dei partiti equivale a più della metà del consenso totale del centrodestra: 20% la Lega; 25% tutti gli altri. Vuol dire, banalmente, che esistono uno spazio e uno schema: il Carroccio non è autosufficiente e le altre forze hanno dinanzi a loro la possibilità di rappresentare le istanze popolari, conservatrici e liberali in maniera unitaria. Pure perché il rischio è che qualcuno, quello spazio, lo utilizzi per scopi meno nobili, come dare vita a una “cosa liberal”, che marci distante da Nicola Zingaretti e dal Pd dai nastri di partenza al traguardo, per poi fare capolino quando si tratterà di trovare la maggioranza nella aule parlamentari, rientrando così nella famiglia di centrosinistra.
Sembra fantapolitica ma non lo è. Fa bene allora il senatore Gaetano Quagliariello, forte del risultato di Idea, che ha ottenuto il 4.2%, a rilanciare con forza la strategia che sta indicando da tempi non sospetti. La stessa che viene rivendicata dalla base e cioè la nascita di un Popolo della Libertà 2.0. Non è l’establishment a domandare la creazione di una grande forza di quel tipo, ma gli elettori, che puntualmente offrono argomenti orientanti in questo senso. Non si tratta di tattica ma di un percorso naturale che dal basso sembra essere già stato digerito. Questa sarebbe l’unica mossa in grado di: assecondare la volontà degli italiani, costringere Matteo Salvini, che altrimenti potrebbe benissimo proseguire con la esperienza “gialloverde”, a scegliere la coalizione di riferimento e alimentare un bipolarismo che contribuirebbe a spazzare aggregazioni liquide e indefinite come il MoVimento 5 Stelle. E a chiederlo non è un’equipe di politologi seduta attorno a un tavolino: sono gli italiani, che consegnandoci i dati emersi dalla Basilicata, hanno ribadito la bontà di questo assunto.