
Elezioni, così Taiwan cerca il riscatto dalla dipendenza cinese

09 Gennaio 2020
Sabato 11 Gennaio si voterà nell’ isola di Taiwan per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica e per rinnovare il Parlamento. Prestare un minimo di attenzione a questa tornata elettorale è necessario, dal momento che il suo esito chiarirà la direzione che Taiwan vuole prendere per quanto riguarda i rapporti diplomatici con la Cina.
Due, innanzitutto, i contendenti principali. Da una parte abbiamo la presidente uscente Tsai Ing-wen, esponente del Partito Progressista Democratico, dall’altra Han Kuo-yu, candidato del Kuomitang (lo storico Partito Nazionalista fondato da Sun Yat-sen nel 1911).
Gli ultimi sondaggi, risalenti al 10 Dicembre 2019, danno in netto vantaggio Tsai, con più del 50% degli elettori a suo sostegno contro il 29% a favore di Han.
Ma qual è la differenza tra i due schieramenti in campo? La più importante, come già detto, sta nel rapporto con la Repubblica Popolare Cinese.
Han propone un approccio molto più morbido nei confronti di Pechino, sostenendo la necessità di migliorare le relazioni tra i due paesi cominciando con la stipulazione di un accordo di libero scambio su beni alimentari, soprattutto frutta e verdura, la cosiddetta politica dell’ananas. Taiwan risente ancora di una fortissima dipendenza economica dalla Cina, basti pensare che ancora più del 40% dell’import-export di Taipei avviene proprio con Pechino, meta anche di più della metà degli investimenti taiwanesi. Senza contare il fatto che numerose imprese taiwanesi hanno delocalizzato le proprie reti produttive in Cina. Queste posizioni, negli ultimi tempi, hanno portato dei risultati evidenti al Kuomitang che nel 2018 ha strappato il comune di Kaoshiung al PPD.
Cosa, allora, ha ribaltato gli equilibri a favore di Tsai?
Innanzitutto il messaggio che, il primo Gennaio del 2019, Xi Jiping ha rivolto a Taiwan. In questo proclama, il leader della Repubblica Popolare cinese ha detto senza mezzi termini che la riunificazione tra Pechino e Taipei sarà il fine ultimo di tutti i negoziati. Queste parole hanno generato una reazione ostile nella popolazione taiwanese, un’ostilità che Tsai ha saputo fare propria.
Le proteste ad Hong Kong hanno rivestito un ruolo fondamentale per la crescita della presidentessa nei sondaggi. Tsai, attraverso le sue parole e il dichiarato appoggio ai manifestanti, ha fatto crescere il sentimento anticinese nell’isola.
Infine, la guerra commerciale tra gli Stati Uniti e la Cina ha rafforzato le economie del sud est asiatico. Basti pensare che il Vietnam, avvantaggiato dal calo delle esportazioni cinesi, ha registrato un surplus commerciale di 39 miliardi con gli Stati Uniti. Tornando al caso specifico, secondo le rilevazioni dell’Accademia Sinica, il più importante centro di ricerca taiwanese, la crescita economica annua dell’isola sarebbe pari al 2,6% e stando alle, caute, previsioni per il futuro: “Nel 2020, la domanda interna rimarrà in costante aumento anche se l’economia globale potrebbe rallentare la crescita”. Ottimistiche sono anche le proiezioni del rapporto globale della Conferenza Onu sul commercio e sullo sviluppo. Sono in crescita i consumi interni, ottimi risultati per quanto riguarda gli investimenti nell’elettronica, nei semiconduttori e nella componentistica oltre alle ottime performance per quanto riguarda i macchinari industriali e il settore dell’agricoltura e della pesca. Le esportazioni annue verso gli Stati Uniti sono aumentate di più del 17,4% nell’ultimo anno. Inoltre il World Economic Forum ha piazzato Taiwan al dodicesimo posto per quanto riguarda l’innovazione.
Questi trend positivi non sono sfuggiti alla presidentessa uscente, che nel 2019 ha dato vita ad un sistema di incentivi statali volto a favorire il rientro in patria di più di 150 imprese che hanno delocalizzato in Cina la propria produzione. Un programma ambizioso portato avanti dal Ministero degli Affari Economici che si impegnerà ad investire 16 miliardi di dollari complessivi, per permettere a queste imprese di investire e creare lavoro a Taiwan. Un provvedimento, che è stato uno dei cavalli di battaglia di Tsai, al quale la Cina ha cercato di rispondere semplificando le procedure di investimento per gli investitori taiwanesi.
Inoltre, il posizionamento della candidata uscente prevede un rafforzamento dei legami economici con il sud est asiatico e in particolare con le tigri asiatiche: Corea del Sud, Singapore, Vietnam ecc. Oltre a dare una spinta propulsiva ai rapporti con gli Stati Uniti.