
Elezioni in tv. Comunque vada è stato un insuccesso

11 Aprile 2008
Si chiude stasera la campagna elettorale forse più scialba e
vuota di contenuti dell’intera storia repubblicana. Da domani la politica
spegnerà le tv, le radio ed anche internet lasciando così agli elettori il tempo
di riflettere. Il tanto atteso duello tv tra Silvio Berlusconi e Walter Veltroni
non c’è stato ma in compenso non si è sentita la mancanza della politica nella
televisione. Complice anche le scelte della Commissione di Vigilanza sulla Rai
che decidendo l’istituzione delle conferenze stampa dei singoli candidati
premier, ben quindici, ha imbottito Rai Due di programmi elettorali, promesse
ed appelli.
I risultati, però, sono stati a dir poco deludenti. Infatti mai
come in questa campagna elettorale la politica non è riuscita a bucare il
video. Chissà forse avrà influito il clima di antipolitica, sbocciato proprio
poco prima del voto. Oppure il low
profile scelto dai due contendenti in questa campagna elettorale, fatto sta
che gli italiani si sono tenuti lontani dai programmi di comunicazione
politica. In particolare i giovani che hanno preferito dirottare le proprie
preferenze verso altre attività lasciando agli ultrasessantenni il ruolo di
fedelissimi della politica in tv. Un flop, quindi, dal quale alla fine non si è
salvato nessuno. Nemmeno i due grandi competitors:
Berlusconi e Veltroni, anche loro vittime di questa bulimia di politica
televisiva. Basti pensare che al tempo della loro conferenza stampa su Rai Due
non andarono oltre i tre milioni mentre sulla rete ammiraglia della Rai erano
collegati più di sei milioni di spettatori per vedere le inchieste del
Commissario Montalbano. Ed ancora ieri a Porta a Porta il Cavaliere ha fermato
l’asticella intorno ai due milioni e 600mila spettatori, 650mila in più di
Veltroni.
Una fuga dal video che quindi si conferma come leit motiv di queste elezioni 2008. E basta dare uno sguardo
attento ai dati Auditel delle quindici conferenze stampa dei candidati premier,
andate in onda su Rai Due, per rendersi conto del flop in tv di questa tornata
elettorale. Per la verità una debacle
annunciata tanto che al settimo piano di viale Mazzini, dinanzi alla scelta iniziale della Vigilanza di piazzare le
conferenze stampa dei candidati premier su Rai Uno, avevano opposto un duro
sbarramento di fuoco. Al centro la preoccupazione del crollo degli ascolti con
la conseguente perdita netta di pubblicità per un giro di affari di circa 50
milioni di euro. Da qui la decisione di far slittare su Rai Due le conferenze.
Scelta quanto mai azzeccata e previdente. Infatti se si eccettua le
performances del Cavaliere e di Veltroni gli ascolti degli altri si sono tenuti
intorno al milione di spettatori con le punte più basse toccate dal Partito
Liberale, solo 698mila spettatori, e dal Movimento Europeo Diversabili
Associati (Meda), soltanto 706mila presenti. Il tutto corredato da una media di
share complessiva di circa il 6 per cento. Risultati appunto modesti.
Anche lo
stesso Pierferdinando Casini, protagonista di una campagna elettorale in
solitaria, è stato vittima della crisi della politica in tv. Infatti non è
andato oltre i due milioni di spettatori fermandosi ad un milione 796mila. E
pensare che sarebbe bastato poco per la Lista No Euro – Grilli Parlanti per
fare il colpaccio. Soltanto 400mila spettatori in più e l’ex leghista oggi a
capo del movimento che vuole abolire l’euro, Renzo Rabellino, avrebbe raggiunto
l’ex presidente della Camera. Un record però la lista omonima del comico Beppe Grillo
lo ha ottenuto e cioè quello di aver collezionato 600mila contatti in più del
leader dell’Udc. Deludenti poi anche i riscontri di Daniela Santanchè e Fausto
Bertinotti entrambi addirittura sotto il milione di spettatori con share
contenuti nella fascia del 3,5 per cento. Dati interessanti, quindi, quanto
quelli che si riferiscono alla distribuzione degli ascolti per fascia di età e
regione. E qui le sorprese non mancano. Davanti alla tv per seguire le quindici
conferenze stampa sono stati protagonisti gli ultra sessantacinquenni. Da
Veltroni a Ferrara i più anziani sono stati maggiormente fedeli con una
preferenza in particolare per il Partito Liberale e l’Unione Democratica Consumatori
di De Luca. Per loro gli ultrasessantacinquenni sono stati quasi il 50 per
cento dell’intera platea televisiva. Avanti con l’età anche il pubblico di
Casini con un 44 per cento proveniente dagli ultrasessantacinquenni e solo il
7,9 di giovani.
E per i due grandi rivali? Sia per Veltroni che per Berlusconi
i telespettatori con più anni sulle spalle sono stati quelli più attenti alle
loro parole ma con percentuali inferiori rispetto agli altri candidati premier.
Per il leader del Pd il 39 per cento dell’intero pubblico ed il 35 per cento
per il Cavaliere. Latitanti come detto i giovani. Solo Berlusconi e Bertinotti
sono riusciti a raggrupparli in percentuali superiori all’11 per cento all’interno
dei loro spettatori. Diverse scelte invece per i trentenni e quarantenni che hanno
preferito seguire la politica solo quando a parlare sono stati i rappresentanti
dei partiti più estremi. Ecco allora che per Daniela Santanchè e Forza Nuova di
Roberto Fiore si è arrivati a registrare i picchi d’ascolto del 15 e del 14,8
per cento di trentenni collegati, con l’eccezione però della lista Meda che ha
ottenuto il lusinghiero 15,8 per cento. Scelte precise che ad esempio hanno
anche voluto escludere lo stesso Veltroni, visto che poco più del 10 per cento
della propria platea di telespettatori era formata da trentenni. Un po’ meglio,
invece, il Cavaliere che dalla sua può vantare un discreto 12,4 per cento. Da
tenere d’occhio c’è pure la distribuzione geografica dell’ascolto. In questa
campagna elettorale il Nord-Est del Paese ad esempio è stato più attento ad
ascoltare i due candidati premier dei maggiori partiti insieme a Ferrando e
Casini, rispetto alle regioni del Centro e del Sud più inclini a recepire i
messaggi elettorali della destra estrema e dei “grillini”. Infine un ultimo
dato, quello del grado di istruzione che proprio sul Cavaliere e Veltroni
presenta delle diversità sostanziali. Se a seguire Berlusconi sono stati
soprattutto i diplomati, il 31 per cento, per l’ex sindaco di Roma sono stati
quelli con un’istruzione elementare, il 34 per cento. Differenze non da poco e
che vanno lette soprattutto come un interesse maggiore delle classi più
culturalmente formate ad ascoltare il Cavaliere rispetto a Veltroni. Un segnale
che in vista del voto di domenica e
lunedì potrebbe essere ben augurante.