Elezioni Usa, tra Gop e Dem a spuntarla sarà comunque Trump
06 Novembre 2018
di Vito de Luca
Comunque vada oggi alle elezioni di mid term negli Usa, il vincitore è già annunciato. Si tratta di Donald Trump, il presidente. Non tanto perché saranno i Repubblicani, a spuntarla, di nuovo, per il rinnovo del Congresso a metà mandato presidenziale, quanto, invece, perché, ancora, Trump, in vista delle elezioni presidenziali del 2020, potrà impostare una campagna elettorale su dati che sin d’ora sono acquisiti.
Oggi, infatti, il sicuro vincitore della consultazione americana è il cleavage demografico, la frattura demografica che si manifesterà. Già, poiché la percentuale di bianchi tra i parlamentari democratici, al termine di questa tornata, potrebbe scendere al minimo storico del 37%, come ha detto all’Associated Press, l’analista di Cook Political Report, David Wasserman. Insomma, per la prima volta, al di là della storica e conclamata eterogeneità del partito dell’Asinello, meno della metà dei candidati democratici alla Camera dei rappresentanti (si vota anche per il rinnovo di un terzo del Senato) saranno uomini bianchi, con i dem pronti a inviare le prime donne native americane e musulmane-americane alla Camera bassa. Un prestesto, per Trump, per rinnovare l’acronimo sempre più in auge, “Gal-Tan” – da una parte il polo ecologista (Green), alternativo (Alternative), libertario/cosmopolita (Libertarian), e dall’altra il polo tradizionalista (Traditionalist), autoritario (Autoritharian), si capisce, secondo i critici di Trump, e nazionalista (Nationalist) – e per dettare l’agenda setting del prossimo confronto elettorale, non mettendo la sordina ai temi più caldi.
Un vantaggio per Trump, che potrà continuare a sventolare per due anni, per giocarsi la riconferma per un secondo mandato, lo spauracchio delle élites mondializzate, avversarie dei «deplorables» sostenitori del tycoon repubblicano. Trump, nei prossimi mesi, per solleticare il proprio elettorato, al di là di come si risolverà la chiamata al voto di oggi, si soffermerà nel sottolineare l’attacco all’identità americana, sottoposta anche a quella pressione esterna continua, in questi giorni rappresentata dalle migliaia di sudamericani, ormai senza Stato, che premono ormai ai confini degli Stati Uniti, partiti dai paesi latinos più poveri. Il tutto al netto dei sondaggi dell’emittente televisiva Cnn, che Trump ha già definito «fakes», e che danno come vincitori alle elezioni americane di oggi i democratici, appoggiati, come non mai (è noto che negli Stati Uniti, da sempre, gli ex presidenti si ritirano dalla scena politica), da Barack Obama.
Un compito che appare nella realtà difficile, visto che i democratici avranno bisogno di un guadagno netto di 23 seggi per riconquistare la Camera dei rappresentanti nelle elezioni odierne. Dalla loro, hanno solo l’entusiasmo, che sembra essere dalla loro parte, specialmente nella raccolta di fondi, ma non è chiaro se quell’energia sarà sufficiente per conquistare i distretti che hanno appoggiato Trump nel 2016 o che hanno tradizionalmente favorito i repubblicani. Il risultato potrebbe dipendere dalla periferia, dove i democratici sperano che una reazione elettorale contro le politiche di Trump e Gop (Grand Old Party) contribuirà a portare i loro candidati alla vittoria. Un’improbabile sconfitta, da parte dei Repubblicani, che, tra l’altro, se arriverà, non inficerà la corsa bis di Trump, spinto anche da un’economia americana sempre in salute.