Embrioni-chimera: troppe domande ancora senza risposta

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Embrioni-chimera: troppe domande ancora senza risposta

Embrioni-chimera: troppe domande ancora senza risposta

06 Settembre 2007

Era stato dato per certo: l’Hfea, l’Authority inglese che si
occupa di fecondazione in vitro e ricerca sugli embrioni umani, ha dato
l’autorizzazione alla creazione di embrioni ibridi uomo/animale, ottenuti con
la tecnica del trasferimento nucleare, cioè con la stessa procedura con cui è
stata clonata la pecora Dolly.

Per gli embrioni interspecie di cui si sta parlando verranno
utilizzati ovociti di mucca, il cui nucleo sarà sostituito da quello di una
cellula umana, secondo la procedura comunemente nota come “clonazione
terapeutica”. L’entità che verrà fuori avrà il 99.9% del patrimonio genetico%0D
umano e lo 0.1% animale, come già spiegato in queste pagine.

Il percorso seguito dall’Hfea per arrivare a questa
autorizzazione si è intrecciato con quello del parlamento inglese, impegnato
nella revisione della legge che regola fertilizzazione e ricerca sugli embrioni
umani, e che quindi si è dovuto occupare anche di embrioni interspecie: un
continuo rimbalzo di proposte, pareri e competenze, a partire dal 2002, che si
può ricostruire leggendo la voluminosa documentazione disponibile in rete sul
sito delle commissioni parlamentari che se ne sono occupate, e su quello dell’Authority.

L’impossibilità di definire la natura delle nuove entità che
si vorrebbero creare ha generato un vero e proprio corto circuito dal punto di
vista legale: se non si riesce a definire in modo efficace un embrione
interspecie, non si può stabilire con certezza se è l’Hfea a dover concedere le
licenze di sperimentazione, oppure se spetta all’authority che regola la
sperimentazione animale, o se è necessario istituirne una nuova. Il parere
legale richiesto dall’Hfea non ha sciolto tutti i dubbi, e non è mai stato reso
pubblico; l’Hfea ha infatti dichiarato che “probabilmente” spetta a essa stessa
concedere le autorizzazioni, ma è altrettanto probabile che così facendo si
esponga ad azioni legali.

Inoltre, con la legge attuale l’ovocita modificato mediante
trasferimento nucleare può essere definito embrione, fra l’altro, se si
dimostra che si può sviluppare. Ma per farlo bisognerebbe impiantarlo in utero,
il che è proibito dalla legge medesima.

Un pasticcio, insomma, di cui però nulla trapela dai media:
troppo lungo raccontare, troppo complicato spiegare, e, soprattutto,
imbarazzante e sostanzialmente inutile chiarire che il nocciolo del problema
sta ancora nella definizione delle nuove entità.

Si dice che, essendo il loro patrimonio genetico umano al
99.9%, si possono considerare embrioni umani. Ma leggendo i resoconti dei
dibattiti e delle audizioni, si vede che la discussione è tutt’altro che
conclusa. Quanti geni sono necessari affinché un organismo si possa considerare
umano, o almeno “prevalentemente” umano? Qual è la percentuale minima? Il
99.9%? E perché non l’80, o il 50, o anche il 40%? Conta solo il numero dei
geni, o anche il loro tipo? E chi decide la fatidica soglia per il
raggiungimento dell’umanità, almeno di quella “prevalente”? E cos’è un embrione
“prevalentemente” umano? Che intendiamo per “umanità prevalente”? Tutte domande
lasciate senza risposta.

Per aggirare il problema i sostenitori degli embrioni
interspecie affermano che saranno distrutti entro 14 giorni dalla loro
creazione, e che non si potranno trasferire in utero (di donna o di animale).
Ma anche il limite dei 14 giorni viene definito in base al grado di avanzamento
dello sviluppo embrionale umano; mischiando specie differenti e applicando lo
stesso criterio il limite cambia, e ancora non si sa come, e di quanto. E poi,
che cosa accadrà se qualche embrione verrà, pur illegalmente, impiantato e
proseguirà il suo sviluppo?

Da ultimo, ricordiamo che la cosiddetta “clonazione
terapeutica” è una tecnica fallimentare, come già detto nel precedente%0D
articolo: applicata agli animali il successo non va oltre il 2%, mentre non ha
mai funzionato nella specie umana. Non si capisce per quale motivo dovrebbe
dare risultati utili mischiando il patrimonio genetico di specie umana e
animale.

Se per chimera intendiamo un sogno irraggiungibile, probabilmente
la vera chimera è l’obiettivo dell’esperimento, ovvero la creazione di cellule
staminali embrionali ad uso terapeutico. 
Difficilmente funzionerà, ma nel frattempo potrebbero essere state create,
anche se per poco tempo, entità indefinibili, e si diffonderà sempre più la
percezione che quel che si può anche solo pensare, nelle nuove tecnoscienze, si
deve tentare di realizzare.