Emiliano non può appellarsi a Tatarella e farsi sostenere da Vendola

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Emiliano non può appellarsi a Tatarella e farsi sostenere da Vendola

08 Febbraio 2012

Eccolo, con entrambe le mani tese: la sinistra, per incassare l’endorsement di Vendola, e la destra, per agganciare i moderati. Stiamo parlando di Michele Emiliano, sindaco di Bari, amico di Giggino lo "scassatore" e in grado, miracolosamente, di tenersi stretto il sostegno del governatore rosso mentre dialoga con il Terzo Polo e, già che c’è, si presenta anche come una specie di erede di Pinuccio Tatarella. Appropriandosi, in maniera forzata quanto inappropriata, dell’intuizione politica che già fu del "ministro dell’Armonia", quella di andare "Oltre il Polo": salvo tralasciare che, in quel caso, si puntava a ricompattare culture politiche diverse ma con in comune degli ideali di fondo, tali da permettere loro di convivere – era questa la scommessa politica di Tatarella – in un’unica grande casa dei moderati finalmente riuniti. Insomma, qualcosa di politicamente diverso dal voler rastrellare voti a destra a sinistra, facendoli confluire in un progetto che "non è alternativo" a quello del centrodestra, ma che al tempo stesso non dispiace alla sinistra;  la stessa sinistra che Emiliano, peraltro, snobba rifiutandone l’etichetta.

Insomma, diciamo le cose con un po’ di chiarezza. Va bene che da anni si discute del venir meno del cosiddetto cleavage tra destra e sinistra, va bene anche che è necessario ripensare gli schemi della politica perché quelli vecchi sono a dir poco logori (e rischiano di logorare anche il Paese). Ma qual è concretamente la proposta di Emiliano? Come intende risolvere i problemi dei pugliesi? Portando avanti la stessa linea di Vendola, che lo sostiene ufficialmente, oppure marcando una rottura con le vecchie logiche amministrative, che non gli sono neanche così estranee? Giocare a carte scoperte, forse, sarebbe più semplice per tutti. Lo sarebbe di sicuro per gli elettori, a cui interessa scegliere tra soluzioni e proposte chiare.

E se la sua non fosse una banale strategia pigliatutto, ma un reale progetto politico? Un’opzione che non lascia, a dire il vero, minori perplessità. Avrà mica in mente, il sindaco, l’ennesima ammucchiata tenuta insieme da una lista – il più possibile sganciata dai vecchi e tanto vituperati partiti – e da un programmino ad hoc per accontentare tutti e scontentare nessuno? Il che, sarebbe persino più facile a farsi che a dirsi: bastano un minimo di doti comunicative (che ad Emiliano, di certo, non mancano), un po’ di pratica da equilibrista, e il fritto misto elettorale è servito. Gradevole più o meno per tutti i palati: rudi o raffinati, ideologici o post ideologici, politici o antipolitici e così via. Poi però la lezione insegna, soprattutto quella di "Giggino" a Napoli, che governare è ben altra cosa. E che puoi anche essere eletto con percentuali bulgare, se cavalchi bene l’onda del malcontento e la (legittima) voglia di cambiamento che c’è tra la gente; ma poi arriva presto il momento in cui devi dar conto delle tue promesse e, a quel punto, il castello di carte cade su se stesso, travolto dalle contraddizioni.

Intendiamoci, ben venga l’invito che il sindaco rivolge a tutte le forze politiche affinché dialoghino fra loro e si misurino, insieme, sui problemi. Ma per esserci confronto è necessario che ci si riconosca nelle reciproche differenze e specificità. Non si può essere tutto e il contrario di tutto, a seconda delle convenienze.  Non ci si può appellare a Tatarella e farsi sostenere da Vendola.