Emirati d’America. Si chiamerà “Cordova” la moschea di Ground Zero
31 Maggio 2010
Sarebbe bello credere a Fareed Zakaria quando dice che il risveglio del mondo moderato islamico dopo l’11 Settembre alla fine determinerà la caduta di Al Qaeda. Abbiamo letto con curiosità del convegno di Mardin in cui importanti studiosi hanno ‘ripudiato’ la Fatwa del giurista medievale Ibn Taymiyya, strumentalizzata (neanche tanto) da Bin Laden per i suoi sermoni contro l’Occidente. Come pure guardiamo con apprensione al destino di Tahir ul-Qadri, uno dei maggiori interpreti dell’Islam pakistano, finito nel mirino di Tehrik-e-Taliban per aver promulgato un parere giuridico di 600 pagine in cui si condanna il terrorismo come “non islamico”.
Ma poi arriva la notizia che una associazione islamica degli Usa chiede di poter costruire una moschea a due passi da Ground Zero, in segno di simbolica riconciliazione dopo la frattura dell’11 Settembre, secondo loro, come uno schiaffo ai familiari delle vittime delle Torri Gemelle, secondo noi. Ed è un giornalista islamico, lo sciita iracheno Khudayr Taher, dalle pagine del quotidiano Daily Elaph, a metterci in guardia. Il nome scelto per la moschea di Ground Zero sarà “Cordova”. Non si tratta di una coincidenza o di una scelta innocente perché Cordova “racchiude tutti i sogni di espansione e di invasione dei territori che oggi animano il mondo musulmano”. Quel nome rimanda all’Emirato poi Califfato di Cordova che dal 756 al 1031, con alterne vicende, segna il momento di massima espansione dell’Islam in Europa, con l’occupazione della Spagna.
Si dirà che Taher è un provocatore. Uno di quegli intellettuali arabi che, avendo abbracciato senza riserve il liberalismo occidentale, ha perso di vista la realtà del mondo a cui appartiene. E’ giunto ad augurarsi una paradossale deportazione di tutti i cittadini islamici dagli Stati Uniti, lui compreso, perché rappresentano un costante pericolo alla sicurezza americana. Non solo ha chiesto alla Casa Bianca di impedire l’apertura della moschea di Ground Zero ma anche di ordinare la chiusura di quelle già esistenti. Per Taher è impensabile che l’Islam, una religione che simboleggia la virtù, la giustizia e i principi della fratellanza umana, sia caduto vittima di quelli che promettono il paradiso ai martiri e l’inferno agli infedeli. “I wahhabiti, i seguaci delle teorie di Khomeini, e tutti i partiti islamisti siano essi sciiti o sunniti”.
Effettivamente ha messo il dito nella piaga. Gli Stati Uniti, a differenza dell’Europa, fino a tempi recenti hanno abbondantemente ignorato il passato dell’Islam. La prima scuola di islamistica americana fu aperta a Beirut negli anni Sessanta, la città più ‘occidentale’ dell’intero mondo arabo. Lo stesso Presidente Obama è caduto più volte in pericolosi tranelli che mostrano come non abbia una conoscenza approfondita di queste vicende. Durante il discorso del Cairo, per esempio, ha paragonato il suo piano per il Medio Oriente al Trattato di Tripoli, che segna invece il momento di maggiore acquiescenza degli Stati Uniti verso i pirati berberi alla fine del XVIII secolo.
Sarebbe opportuno ricordare cosa fu il Califfato di Cordova. Ancora una volta non per insultare l’Islam o per sminuire la sua gloria e la sua grandezza storica. Sappiamo tutti, grazie al prezioso sforzo degli storici di professione come il professor Bernard Lewis, che durante il dominio arabo sulla Spagna, in un’epoca nella quale i rudi cavalieri Franchi venivano considerati “barbari” dai musulmani, questi ultimi primeggiavano nelle scienze nella filosofia e nelle arti. Portarono in Europa l’uso della forchetta e l’abitudine a depilarsi per le donne, se vogliamo guardare al faceto, oltre naturalmente all’urbanistica e all’agronomia, se invece preferiamo discutere di cose più serie. Ma detto questo il Califfato di Cordova rappresenta pur sempre uno dei momenti dell’imperialismo islamico prima della Reconquista. La decisione di intitolare la moschea a Cordoba è quindi una forma di cosciente revanscismo, una nostalgia di potenza che sembra covare nella comunità arabo-americana dopo l’11/9. Il sogno di un nuovo emirato sta forse turbando i cuori dei musulmani d’America?