
Emozioni di fine anno

16 Gennaio 2011
Fine anno. Siamo arrivati a quel momento tanto atteso da tutti noi con trepidazione, speranza, scetticismo, finto disinteresse e via elencando, perché quello di cui stiamo per parlare è l’unico controllo serio della bontà del nostro prodotto, e naturalmente anche della nostra capacità di piazzarlo.
Questo linguaggio bassamente commerciale introduce il seguente annuncio: E’ arrivato il magico momento dei diritti d’autore. La nostra storica mamma, la SIAE, sta per mandarci, come fa ogni anno a fine giugno e a fine dicembre il rendiconto dei diritti maturati dal nostro repertorio, e se è andata bene, anche l’assegno.
Non c’è niente di male a parlare di soldi e di arte allo stesso tempo, perché è proprio così: la risposta del pubblico alle nostre creazioni, passa attraverso la banca. Solo dagli incassi sappiamo se abbiamo venduto dischi, riempito teatri, scritto best sellers.
E in più siamo davvero fortunati a vivere in un’epoca in cui esiste il diritto a un compenso per l’autore. Fino a due secoli fa questo tipo di protezione non era neanche immaginabile. Il compositore, lo scrittore, l’attore dovevano darsi da fare personalmente per rappresentare gli spettacoli, vendere le partiture o stampare i testi, e chiunque poteva impunemente piluccare nel repertorio di un collega e prendersi quello che gli serviva.
Certo, il sistema di tutela che abbiamo adesso produce risultati talvolta irritanti, che però non dobbiamo considerare immorali. Perché se una sciocchezza vende dieci milioni di copie, e un (presunto) capolavoro neanche una vuol dire semplicemente questo: il pubblico gradisce una cosa più di un’altra, e paga per averla. Tutto qui.
Possiamo anche sostenere che una delle missioni dell’artista è educarlo, questo pubblico. Possiamo ammettere che per raggiungere la visibilità che porta al mercato spesso bisogna, come dire, fare qualche concessione. Possiamo anche sospettare che la tessera di un partito aiuti. Però il giudizio finale è sempre del pubblico. Se gli piace compra, se no, no. E non esiste, credeteci, il “genio incompreso”; se davvero c’è qualcosa di geniale in giro, oggi il mercato se ne accorge perché le buone idee vendono. Siamo sicuri che quasi sempre il mancato riconoscimento esiste solo nel cervello del “genio presunto”.
A questo punto, come regalo delle feste agli amici, noi, da molti anni fra i tutelati della SIAE e familiari con i suoi meccanismi, vogliamo renderci utili e spiegarne qualcuno, perché ci siamo accorti che la maggioranza dei nostri colleghi artisti, o non legge le istruzioni (che ci sono, e chiare) o se le legge non le capisce. Questo non vuol dire che siamo tutti cretini, però, qualche dubbio…
Cominciamo. Spesso ci hanno detto: beato te che hai scritto la sigla musicale del tal programma, diventerai ricco! Pura leggenda. In realtà la sigla di un programma TV viene pagata, come diritti, con il quoziente più basso (tranne le prime 8 puntate) per un totale massimo di 60 minuti in un semestre. Significa che, anche se la sigla va in onda tutti i giorni per venti volte al giorno nell’ora di punta, il risultato sarà comunque solo il pagamento di sessanta minuti in quel semestre, e con il quoziente minimo. E basta; altro che milioni.
E quanti sanno che la filodiffusione non paga diritti, le trasmissioni destinate all’estero non pagano, la pubblicità non paga, gli stacchi di meno di 10 secondi non pagano?
Un minuto della Quinta di Beethoven trasmesso come sottofondo del TG rende trenta volte meno di quando lo ascoltiamo in concerto in una ripresa dal vivo di Raitre. Se invece accompagna uno spot pubblicitario non becca un cent (però chi lo adopera, deve comprarlo, e pagarlo, ma direttamente). Lo stesso minuto, chiunque può eseguirlo e stravolgerlo come gli pare perché è di pubblico dominio (sono passati più di 70 anni dalla morte dell’autore). Ma nessuno può utilizzarne senza pagare la registrazione su disco, perché in questo caso, anche se il brano è di pubblico dominio, la proprietà è dell’etichetta che l’ha realizzata.
Se il complesso di bordo suona una canzone tutti i giorni per tutta la crociera, l’autore non vede un euro perché i diritti dei trattenimenti sulle navi vanno a diluirsi nel calderone. Succede perché nessun controllo da parte della SIAE sarebbe possibile (lo immaginate l’ispettore SIAE che sale a bordo, diciamo, a Malaga, insieme al pilota, fa il suo controllino e poi se ne scende svelto svelto sul molo?). Se poi l’esecuzione dal vivo (anche a terra) dura meno di trenta secondi, zero euro.
Per Radio e TV, ma questo è davvero intuitivo, i diritti sono maggiori per le trasmissioni nazionali, minori per quelle regionali, minimi per quelle locali. E la stessa scala vale se la musica è protagonista o di sottofondo. Ricordandoci però, che questi diritti sono pagati con molta, molta calma. Un anno e mezzo ci vuole. Se il vostro brano è trasmesso il 2 gennaio 2011, la SIAE ve lo pagherà alla fine di giugno 2012.
Per ultimo, il mitico calderone (si chiama proprio così). E’ dove va a finire tutto quello che non si riesce a pagare singolarmente (incassi forfetari, autori non rintracciabili, stranieri, ricarichi vari, ecc.). Ogni tot di tempo questo calderone la SIAE lo svuota e la zuppa è servita in percentuale fra tutti gli iscritti. Facciamo finta che questo semestre la percentuale sia il 10%. Bene, tutti avranno un piatto di zuppa che equivale al 10% del loro incasso. Vasco Rossi che ha preso un milione, troverà nel piatto il suo supplemento del 10%, cioè 100.000. Il Cavalier Serpente, con un totale di 800 (non fate confronti irrispettosi) avrà un piatto di 80. Chiaro, no?
Ci sarebbe molto altro da dire, ma non vogliamo esagerare perché ci pare di avere fin troppo diluito la frittata (che stavolta non è neanche tanto avvelenata, però, ne siamo certi, molti la troveranno nutriente). Aggiungiamo solo che queste notiziole si trovano in una pubblicazione spedita a tutti gli iscritti, che si chiama “Ordinanza di ripartizione”. Basta leggerla.
In conclusione, anche se difetti ce ne sono ancora parecchi, stiamo davvero molto meglio oggi che ai tempi di Mozart.
P.S. Atto di umiltà di fine 2010. Il Cavalier Serpente, strisciando, comunica che la settimana scorsa si è annodato la lingua biforcuta e ha dato per leggendaria la traduzione in italiano di nomi e titoli jazz americani. Il suo dotto amico, e grande alto sax, Sandro Brugnolini lo smentisce e gli rende noto di avere nel suo scaffale ben due 78 giri, di Natalino Otto e del Trio Lescano, con il titolo: “San Luigi – (Le tristezze di…)”. Sssssscusate!
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L’archivio del Cavalier Serpente, o meglio la covata di tutte le sue uova avvelenate, sta al caldo nel suo blog. Per andare a visitarlo basta un click su questo link: http://blog.libero.it/torossi