Energia, Eni: si complicano i rapporti con il Kazakistan

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Energia, Eni: si complicano i rapporti con il Kazakistan

Energia, Eni: si complicano i rapporti con il Kazakistan

03 Settembre 2007

Si
complica lo scontro fra Eni e Kazakistan per lo sfruttamento del giacimento
petrolifero di Kashagan. Il ministro dell’Ecologia, Nurlan Iskakov, ha
dichiarato che il governo potrebbe prolungare la sospensione delle operazioni
se il consorzio internazionale Agip KCO non “migliora il proprio risultato”.

Il
27 agosto le autorità di Astana hanno stabilito la sospensione delle attività
di estrazione per tre mesi dal maxigiacimento nel nord del Caspio con riserve
stimate in sette miliardi di barili. Ufficialmente la decisione è stata assunta
per la violazione delle leggi ambientali e per due procedimenti penali
(evasione fiscale e violazione della normativa sugli incendi) a carico del
consorzio Agip KCO, composto da Exxon Mobil, Royal Dutch Shell, Total,
ConocoPhilips, Impex e Kazmunaigaz, e guidato dalla compagnia petrolifera
italiana.

Le
parole di Iskakov fanno seguito a quelle del ministro delle Finanze, Daulet
Ergozhinha, che, in un’intervista al Wall Street Journal aveva espresso
l’insoddisfazione dell’esecutivo per “il forte incremento dei costi e i ritardi
nei lavori per la messa in funzione dell’enorme giacimento petrolifero”.
Ergozhinha aveva aggiunto che “la questione di una possibile sostituzione
dell’operatore rimane aperta” e, secondo i media russi, la compagnia Lukoil è
pronta a proporsi come alternativa al consorzio guidato dall’Eni. Sarebbe una
sorta di riproposizione in salsa kazaka di quanto già accaduto in Russia con il
Cremlino che, proprio con pretesti ambientalisti, costrinse la Royal Dutch
Shell a cedere alla compagnia di Stato Gazprom le attività di estrazione del
campo Shaklin2, sempre nel Mar Caspio.

Le
ultime dichiarazioni del governo kazako sembrano viaggiare su un doppio canale.
Da una parte appaiono come una replica al commissario europeo per l’Energia,
Andris Piebalgs, che aveva minacciato ritorsioni commerciali in caso di lesione
dei diritti delle compagnie petrolifere europee in Kazakhstan. Dall’altra come
un innalzamento del pressing sull’Eni che sta preparando una proposta per
dirimere la questione, proposta che a quanto pare potrebbe essere avanzata già
il 5 settembre. L’esecutivo di Astana non è più soddisfatto del contratto della
durata di 40 anni siglato con Eni nel 2000, e, alla luce del prezzo del greggio
sopra i 60 dollari al barile, chiede che la sua quota di profitti sia portata
dall’attuale dieci al 40 per cento. Dopo la presentazione della proposta del
Cane a sei zampe, le speranze di una ricomposizione della diatriba sono
affidate alla visita del presidente del Consiglio Romano Prodi nel paese in
programma l’8 e il 9 ottobre.