Energia, un po’ meno di provincialismo su Draghi e l’Europa non guasta

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Energia, un po’ meno di provincialismo su Draghi e l’Europa non guasta

Energia, un po’ meno di provincialismo su Draghi e l’Europa non guasta

23 Ottobre 2022

Allora Draghi in Europa sull’energia ha ottenuto un successo oppure no? Come al solito nel paese dei guelfi e ghibellini tutto si riduce alla partita da vincere o perdere allo stadio. Tra il successone storico e la fake news da demistificare è un attimo.

Supermario che piega la riottosa Germania o una vittoria di Pirro? Considerando che non esistiamo solo noi e il mondo è cosa ben più complessa, forse vale la pena approfondire meglio. La parola chiave è compromesso. Questo è andato in scena in Europa venerdì scorso.

La “road map” europea

Un compromesso sulle misure che servono a proteggere famiglie e imprese dall’aumento dei prezzi energetici. La “road map” come la chiama Ursula von der Leyen.

Nel pacchetto energetico concordato dai Paesi Ue infatti bisogna tenere dentro quelli che non vogliono limitazioni esterne al prezzo della energia e chi si è battuto per il price cap. La Germania che negozia ma intanto usa la spesa pubblica nazionale per mitigare l’effetto dell’aumento dei prezzi energetici (200 miliardi). La Francia, l’Italia e gli altri che vogliono prendere decisioni concertate con acquisti collettivi e massimali di prezzo realistici.

In questo senso si può interpretare la dichiarazione della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. “C’è molto lavoro davanti a noi ora per quanto riguarda l’energia. Ma la tabella di marcia è molto chiara. Ed è stato bello avere questa unanimità, questo ampio sostegno per la tabella di marcia che abbiamo proposto”.

Ora i ministri dell’Energia europei perlomeno hanno una cornice dentro cui ragionare nei loro colloqui su come calmierare il prezzo della energia. Decidendo se mettere in comune gli acquisti e se usare un meccanismo comune di correzione dei prezzi.

Guerra ed energia

Del resto tutto questo deriva da un piccolo particolare che certi osservatori in Italia tendono a dimenticare. Cioè a dire che l’Europa ha scelto di militare dalla parte della Ucraina nella guerra tra Kiev e Mosca dopo la invasione ordinata da Putin. Per cui questa unità di intenti, dalla guerra alla energia, andrebbe mantenuta se vogliamo contare ancora qualcosa a livello internazionale.

Abbiamo deciso di sostenere l’Ucraina. Dopo quello che abbiamo già dato a Kiev, dal prossimo anno bisogna aggiungere un miliardo e mezzo di euro mensili. Se vogliamo evitare il crollo economico e militare di chi ci sta parando il cosiddetto da quasi un anno. E combatte per salvarsi la vita.

Von der Leyen ha confermato che la prossima settimana lei e il cancelliere tedesco Scholz ospiteranno la conferenza sulla ricostruzione ucraina. Un passaggio storico fondamentale. Se, come afferma il tedesco Scholz, i raid russi contro la popolazione civile in Ucraina sono crimini di guerra, allora la guerra va combattuta e un accordo sui prezzi energetici bisogna trovarlo.

C’è pure la Cina

In questa chiave va anche interpretata la mossa europea di porsi il tema dei futuri rapporti tra Ue e Pechino. In Cina il leader supremo Xi ha chiuso il Congresso dei comunisti epurando gli avversari interni e glorificando il partito stato, cioè se stesso. Si può cercare un approccio non ingenuo con la dittatura comunista, che pure ha i suoi problemi economici interni, nella partita contro Putin.

La “reciprocità e riequilibrio” delle relazioni sino-europee, come la chiamano a Bruxelles, sono dettate dal pragmatismo. Mentre diversifichiamo le forniture dei semiconduttori, con Taiwan, Corea del Sud, Giappone, Pechino dovrebbe comprendere di avere solo da perdere ad appiattirsi sul perdente Putin.

“Ovviamente, dobbiamo essere molto vigili quando si tratta di dipendenze. E abbiamo imparato la lezione”, ha detto von der Leyen.

In conclusione, davanti a scenari così complessi e pieni di variabili, nazionali, europee, extraeuropee, pensare di affrontare il dibattito come allo stadio, tra tifosi e detrattori di Draghi, vuol dire ricadere nel proverbiale quanto provinciale asilo mariuccia.