Englaro indagato per omicidio e il Pdl stringe i tempi per la legge
27 Febbraio 2009
Ora è arrivata la denuncia. Nel quadro sempre più scomposto che si sta delineando dopo la morte di Eluana, soprattutto tra la piazza e il parlamento, a mancare era solo l’ultimo colpo giudiziario. Ed è arrivato. Questa volta, però, assestato nei confronti di Beppino Englaro. Proprio oggi è stato infatti reso noto che il padre di Eluana è stato indagato dalla Procura della Repubblica di Udine per omicidio volontario. L’indagine è partita a seguito della denuncia che il “Comitato Verità e Vita” ha inviato al Procuratore, Antonio Biancardi, in relazione alla morte di Eluana, avvenuta il 9 febbraio scorso nella casa di riposo “La Quiete” di Udine. Si tratta di un atto dovuto, si affretta a precisare il procuratore, il quale nel contempo ha specificato che l’indagine non riguarda solo Beppino ma 14 persone appartenenti all’associazione “Per Eluana”, tra cui l’anestesista di Eluana, Amato De Monte, che ha guidato l’équipe medica che ha attuato il protocollo per il distacco del sondino della donna.
Questa la notizia del giorno. Tornando al testamento biologico, il fronte politico è altrettanto caldo. Quanto è avvenuto negli ultimi due giorni, infatti, avrebbe aperto il campo a tutte le interpretazioni possibili – compresa l’ipotesi estrama e scongiurabile di un naufragio della legge – se proprio nella tarda serata di ieri dal Pdl non fosse arrivato il chiarimento e la rassicurazione che tutti si aspettavano: “Attorno al ddl Calabrò, ancora in discussione e suscettibile di miglioramenti, il PdL ha trovato una linea unitaria al di là di ogni steccato ideologico, e per questo può permettersi, come ha sempre fatto, di garantire libertà di coscienza ai pochissimi parlamentari che hanno manifestato l’intenzione di esercitarla", hanno dichiarato in una nota congiunta Maurizio Gasparri e Gaetano Quagliariello, presidente e vicepresidente vicario del PdL al Senato.
Il chiarimento dei due capigruppo è stato anch’esso una specie di atto dovuto, venuto a seguito di una giornata piuttosto congestionata e ricca di colpi a sorpresa. Le ventiquattr’ore avevano preso l’avvio da una riunione di gruppo dei senatori del Pdl avvenuta nel pomeriggio di mercoledì. Nel corso della riunione tutti i parlamentari, corroborati anche dalla linea del governo, esposta dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta (“fatta salva la libertà di coscienza di ognuno, mi auguro che la linea del gruppo e la linea del governo possano coincidere”) avevano trovato un accordo di massima sul testo di legge Calabrò. Così, almeno, sembrava fino a quando non si è avuta notizia che venti di loro, assieme a 33 deputati della maggioranza, avevano sottoscritto un documento in cui si chiedeva una consistente sterzata pro-life al testo base sul fine vita in discussione in Commissione sanità al Senato.
Il documento, immediatamente fatto oggetto di strumentalizzazione politica da parte dell’opposizione, lasciava intendere insomma che l’unità era solo una questione di facciata, e che all’interno del Pdl (così come molto più chiaramente sta avvenendo all’interno del Pd) sulla questione della morte non solo non sono tutti sono d’accordo, ma anzi che le divergenze appaiono molto più marcate di quanto si pensi. Ma tutti i senatori si sono sbrigati a rettificare: "La firma apposta in calce a un documento che segnala una serie di possibili miglioramenti al testo presentato dal relatore sen. Calabrò è stata strumentalizzata per accreditare l’idea di una spaccatura all’interno del gruppo del PdL al Senato sul tema del fine vita. Così come abbiamo fatto ieri pubblicamente nel corso dell’assemblea del gruppo, ribadiamo oggi che quel documento non esprime alcuna ostilità nei confronti del testo Calabrò, ma solo ipotesi migliorative che verranno discusse e prese in considerazione in armonia con le altre proposte formulate dagli altri parlamentari del gruppo. I nostri voti, sia palesi che segreti, non saranno mai nel senso di favorire le posizioni della sinistra, che consideriamo tendenti a introdurre l’eutanasia nel nostro Paese". Pace fatta, quindi, almeno a Palazzo Madama. E ora si attende qualche segnale anche da Montecitorio.
Se non fosse bastato, ieri si è consumato anche l’ultimo atto di una storia che davvero rischia di apparire infinita: la richiesta di una moratoria bipartisan, firmata da esponenti della maggioranza come Lamberto Dini, Antonio Paravia, Maurizio Saia e Giuseppe Saro e dell’opposizione (tra le firme quelle della Bonino, di Pietro Ichino, di Stefano Ceccanti ed Enzo Bianco). L’idea è stata lanciata con lo scopo di procrastinare l’approvazione della legge sul fine vita di qualche mese almeno dopo le elezioni europee. Ma l’ipotesi di moratoria non ha trovato l’appoggio né del Pd né del Pdl, convinti entrambi in ogni caso che una legge serve e serve subito. E c’è chi dice che marzo rappresenta la data ultima per chiudere definitivamente la questione. Si spera.