Englaro sceglie il silenzio e la politica riesce solo ad alzare la voce
03 Febbraio 2009
E adesso che cosa succede? Il sottosegretario al Welfare, Eugenia Roccella, non dà per chiusa la partita di Eluana. Nonstante le ultime esternazioni dell’avvocato di famiglia che ha detto: "Vivrà per due, massimo tre settimane, salvo nuovi stop perché tranquilli non si può mai esserlo. In Italia può succedere di tutto". Pur senza lasciarsi andare a eccessi verbali, come taluni esponenti del PdL hanno fatto commentando il trasferimento delle giovane donna di Lecco nel capoluogo friulano, la Roccella è stata piuttosto chiara: "Non so se è il suo ultimo viaggio – ha detto ai microfoni di Sky -, adesso vedremo; è un precedente gravissimo, ritengo infatti esista una incompatibilità fra il decreto della Corte d’Appello e le regole e le norme del Servizio sanitario nazionale".
La parola chiave è proprio questa: "precedente". Prescindendo per un attimo dalle implicazioni umane del caso specifico, che a chiunque sono chiarissimi, non vi è dubbio infatti che se i pronunciamenti giudiziari fossero portati all’estremo compimento – se dunque la decisione della Cassazione che tanto turbamento ha creato nell’opinione pubblica e nel mondo politico dovesse consolidarsi – un dramma nel dramma potrebbe consumarsi poiché potrebbe configurarsi il rischio concreto che un ulteriore impedimento vada a complicare il percorso di una legge sul fine vita che fra mille difficoltà ed estremismi di opposto segno sta lentamente prendendo forma nella Commissione Sanità del Senato.
E pensare che era stato proprio il caso Englaro a far cambiare idea a chi per tanto tempo aveva avversato la possibilità che ambiti così assolutamente connaturati alla dimensione privata come il confine tra la vita e la morte potessero essere assoggettati a una legge. Basti pensare all’apertura delle gerarchie ecclesiastiche o al convincimento maturato da chi, provenendo da una cultura liberale e persino radicale, aveva ammesso seppure con fatica che simili situazioni potessero essere regolamentate e ingabbiate fra le maglie dei codici. E’ stata l’invasione di campo della Corte di Cassazione a convincere il Parlamento che la deriva andava arginata e che – come afferma con parole di grande equilibrio il presidente della Corte Costituzionale Giovanni Maria Flick – "i diritti ‘prodotti’ solo dai giudici non hanno in realtà, in assenza di decisioni politiche di fondo di tipo non declamatorio, nessuna possibilità di sottrarsi all’egemonia tecnologica; di impedire che l’agenda del diritto sia dettata dalle possibilità della scienza".
Non è un caso che chi nella passata legislatura ha eretto barricate a favore di una legge sul testamento biologico sia passato improvvisamente nella trincea opposta. Non è neppure un caso che nei giorni in cui nelle aule del Parlamento si discuteva di un conflitto di attribuzioni contro la sentenza della Cassazione, sia maturata la profonda convinzione che oltre a rivendicare il proprio spazio la politica dovesse provvedere al più presto a riempirlo abbattendo le barricate ideologiche e giungendo al più presto ad un testo normativo. E ancora, non è un caso che nel giorno in cui un’ambulanza ha portato Eluana a Udine per quello che potrebbe essere il suo ultimo viaggio, le più alte cariche dello Stato, Giorgio Napolitano e Renato Schifani, siano tornate a sollecitare il legislatore facendo intendere alle sacche di "resistenti" sul fronte del cattolicesimo oltranzista che in una situazione del genere una legge sulle dichiarazioni anticipate di trattamento non apre la porta all’eutanasia, ma è invece il miglior modo per evitare che essa entri dalla finestra della giurisprudenza (fuori dal coro Gianfranco Fini, che esprimendo "invidia" per chi nutre certezze si è spinto a chiedersi quale debba essere "il confine tra un essere vivente e un vegetale"!).
Per tutte queste ragioni, anche se una norma non avrebbe comunque valore retroattivo, sarebbe stato un fatto assai positivo se gli opposti estremismi avessero deposto fin da subito le armi dell’ideologia per imbracciare quelle della consapevolezza, e avessero consentito che a questo punto della vicenda si giungesse con una legge in dirittura d’arrivo e non ai blocchi di partenza.
Perché in fondo Beppino Englaro non aveva messo il turbo. Ha proceduto adagio, come l’ambulanza che nella notte di ieri ha prelevato sua figlia Eluana da Lecco per giungere a Udine solo alle prime luci dell’alba.
Già, perché il decreto della Corte d’Appello di Milano che dava seguito al pronunciamento della Cassazione è datato 25 giugno 2008 (quasi otto mesi fa), e da quel momento le tappe giudiziarie della vicenda si sono succedute con una cadenza misurata, prevedibile e pianificabile, in quanto dettata dai codici di procedura. Il ricorso della Procura generale contro il decreto della Corte d’Appello, il rigetto da parte della Cassazione il 13 novembre, dunque il via libera definitivo. Persino l’atto di indirizzo del ministro Sacconi è arrivato solo il 17 dicembre scorso, ben trentaquattro giorni dopo il pronunciamento estremo della Suprema Corte, giorni durante i quali nulla, probabilmente, avrebbe di fatto vietato a Beppino Englaro di portare a compimento quella che a suo dire sarebbe stata la volontà di Eluana.
Non sappiamo se la vita di Eluana è davvero arrivata al capolinea. Né sappiamo se sarebbe cambiato qualcosa nel caso in cui la politica avesse recuperato fin da subito, da una parte e dall’altra, quella sana laicità che ha ispirato la proposta del relatore, il senatore del PdL Raffaele Calabrò. Ancor meno sappiamo se sarebbe servito a qualcosa, nel caso specifico della povera Eluana, se il legislatore fosse riuscito ad approvare un testo normativo nei lunghi interstizi intercorsi tra una tappa e l’altra del calvario giudiziario. Ma una cosa è certa: non c’è più tempo da perdere, per la dignità della convivenza civile e per le tante Eluana Englaro del nostro Paese.
Nel frattempo a Udine tutto è pronto, tutto ciò che è stato previsto e voluto fin nei minimi particolari dalla famiglia Englaro sembra avviarsi a compimento. "Io non parlo più – ha detto oggi Beppino – e deciderò alla fine se varrà la pena o meno di farlo". Chissà perché ma il presentimento che il signor Englaro non mancherà di parlare, e soprattutto far parlare di sé, da quando è iniziata questa triste storia ci sembra sempre più forte.