Enti di ricerca, il riordino riguarda solo le poltrone

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Enti di ricerca, il riordino riguarda solo le poltrone

09 Luglio 2007

Il governo italiano, si appresta a riordinare gli enti di ricerca, parlando di autonomia ed indipendenza della comunità scientifica e auspicandone l’autogoverno.

In realtà, adducendo obiettivi di “razionalizzazione” del sistema e di “contenimento della spesa”, si prepara all’ennesimo intervento sui principali Enti pubblici di ricerca, introducendo per di più questa volta la possibilità di intervenire attraverso una delegificazione, cioè attraverso regolamenti governativi.

In sostanza, per mancanza di una vera strategia di riforma e di rilancio della ricerca pubblica italiana, che necessariamente passa attraverso la valorizzazione del personale scientifico (e non solo della classe professorale) che in essa opera, ci si preoccupa solo di rimuovere i Presidenti e i CdA non “in sintonia” con la maggioranza di governo.

Tutto ciò accade disinteressandosi totalmente degli inevitabili contraccolpi che l’ennesima “sterzata organizzativa” produrrà sul funzionamento, assai critico, degli EPR (Enti pubblici di Ricerca) , sottoposti da troppo tempo a continui processi di riordino, e continuando ad ignorare alla prova dei fatti il nodo cruciale della partecipazione dei ricercatori agli organi decisionali e consultivi dei rispettivi Enti.

E’ del tutto sconcertante, nella fattispecie delle disposizioni in questione, che il nuovo riordino sia previsto attraverso regolamenti governativi, minando quindi di fatto la tutela legislativa dell’autonomia degli Enti di ricerca che trova il suo fondamento nell’art. 33 della Costituzione e ignorando il possibile insorgere di contenzioso tra Stato e Regioni in base al disposto dell’art. 117 della Costituzione in materia di legislazione concorrente, nel cui ambito rientra anche la ricerca.

E tutto ciò in teoria “allo scopo … di garantire autonomia, trasparenza ed efficienza nella gestione degli enti pubblici” (art. 1 comma 1)!!

In realtà, auspicando una sorta di governo “circolare” degli enti di ricerca e richiamandosi alla natura peculiare del sistema della comunità scientifica, il governo procede esclusivamente a un riassetto dei vertici degli enti di ricerca in modo da poter soddisfare le tante aspettative di chi ha sostenuto la campagna elettorale della compagine governativa.

Bisognerebbe invece riflettere sul fatto che l’autogoverno della comunità scientifica e’ questione strettamente legata con quella dello status del ricercatore, riguardo al quale esiste nel sistema pubblico della ricerca una notevole disparità tra ricercatori e docenti delle Università, per i quali lo status e’ definito da norme di legge che ne regolano tutti gli aspetti, e ricercatori degli Enti di ricerca, il cui status e’ per molti aspetti indeterminato e per altri definito – cosa del tutto inusuale nel panorama scientifico internazionale – ai tavoli mutevoli della contrattazione sindacale, per di più indistintamente riferita a tutto il personale.

A quest’ultimo riguardo, il solenne pronunciamento circa il recepimento della Carta Europea del Ricercatore (Art. 1 lett. a), sembra una beffa nei confronti dei ricercatori degli Enti di ricerca e dell’Università, i quali sperano venga, prima o poi, l’ora del loro riconoscimento e valorizzazione come figure centrali per lo sviluppo del sistema scientifico del nostro Paese

Infine va sottolineata la natura, che pare particolarmente punitiva, dell’art. 2 lettera b di tale disegno di legge, che prevede uno specifico ed unicamente indirizzato riordino dell’istituto italiano di tecnologia (IIT). Istituto di eccellenza per la robotica, le neuroscienze, e la nanobiotecnologia, nato durante il governo Berlusconi, e dunque, nell’ottica della nuova maggioranza, già macchiato di un peccato originale per il quale serve uno specifico articolo di legge di totale riordino.

Tale istituto, tanto per intenderci, è nato per dare dignità specifica alla ricerca di tipo tecnologico anche nel nostro Paese, che ha puntato moltissimo sulla ricerca fondamentale, mentre la ricerca tecnologica è stata di solito un sottoprodotto, al contrario di altri paesi come Germania, Giappone, Stati Uniti, che hanno creato delle strutture fortemente orientate ad una ricerca più di tipo applicativo. I risultati (molto amari ahinoi) di questa scelta sono sotto gli occhi di tutti.

L’IIT, per la prima volta in Italia, cerca di fare una ricerca technology-driven, che porti, nel medio-lungo termine, a qualcosa di avveniristico, di grande prospettiva e che quindi crei conoscenza, ma che cominci, nel breve termine, a dare dei risultati e fornire delle applicazioni riferibili a diversi problemi, a diverse tematiche industriali, sociali, e così via.

Ma il governo ovviamente ha deciso un cambiamento di rotta per questo nuovo istituto, con l’unica stella polare di un cambiamento di poltrone!

In sostanza, tale disegno di legge è quasi esclusivamente indirizzato ad un cambio di guardia negli assetti politici di governo degli enti di ricerca, senza fornire alcuna visione d’insieme del Sistema Ricerca del nostro Paese, senza garantire alcuna risorsa aggiuntiva, che sia però finalizzata all’ottenimento di ben precisi risultati in tempi determinati, senza fornire alcuna prospettiva nuova ai giovani che, una volta laureati, devono decidere se intraprendere o meno una strada, quella della ricerca, che nel nostro Paese sembra non portare da nessuna parte. 

In conclusione, con la propaganda di una gestione collegiale ed “a network” della comunità scientifica italiana, il governo procede esclusivamente, ancora una volta, a soddisfare gli interessi di chi lo ha sostenuto.