Equitalia, dopo la busta sospetta c’è paura tra i dipendenti di Campobasso
25 Maggio 2012
Che sia stato o meno un mitomane ad inviare la busta sospetta, il clima che si respira attorno a Equitalia, dopo le minacce arrivate in settimana alla sede di Campobasso, continua a preoccupare azienda e sindacati. La busta è stata aperta da un impiegato: all’interno una polvere bianca accompagnata dalla scritta “contiene materiale radioattivo” e poi un foglio con frasi offensive contro l’Agenzia di riscossione. Probabilmente si tratta di pesticidi, ma saranno le analisi dell’Azienda regionale di protezione ambientale a confermare il contenuto del plico, mentre polizia e carabinieri indagano per cercare di individuare il responsabile del gesto.
I rappresentanti dei lavoratori hanno "condannato” con forza l’episodio, mentre il direttore regionale di Equitalia, Giovanni Temisio, ha sottolineato come “una cosa del genere non era mai accaduta in Molise”. Il clima è diventato ancora più teso in Molise perché questa doveva essere una settimana di riflessione sul problema della sicurezza dei dipendenti Equitalia e il pacco con le minacce è stato consegnato a meno di ventiquattrore di distanza da un’affollata assemblea regionale dei dipendenti. Solidarietà al personale e ai dirigenti delle sedi Equitalia e dell’Agenzia delle Entrate è arrivata anche dal vice presidente della Seconda commissione regionale sul Lavoro, Michele Petraroia: “Gli avversari da combattere – ha detto – non sono i dipendenti e i dirigenti delle società e delle strutture pubbliche, che si occupano di riscossione delle imposte, ma gli evasori, i truffatori e i disonesti”.
Non tutti però concordano – a prescindere dalla condanna verso qualsiasi minaccia o episodio di violenza – sui metodi usati da Equitalia per recuperare quanto dovuto allo Stato. Molti cittadini protestano per gli interessi elevati sulle sanzioni, per la rigidità dei pagamenti e l’infinita burocrazia, per gli errori sulle cartelle, per i pignoramenti. Le proteste si moltiplicano soprattutto sul web, dove lo sfogo dei contribuenti si scarica sui social network. “Ho sei figli a carico, mi hanno licenziato ed Equitalia mi ha fatto arrivare una cartella da 42 mila euro”, scrive un disoccupato molisano su Facebook.
Ma la radice della protesta contro Equitalia va ricercata anche in una delle tante contraddizioni del nostro paese, dove le istituzioni chiedono onestà e senso di responsabilità ai cittadini, salvo dare il cattivo esmpio. In Italia, infatti, migliaia di lavoratori rischiano di essere mandati a casa perchè lo Stato non salda i debiti con le imprese a cui ha chiesto servizi. Si parla di almeno 150 mila aziende creditrici. Solo a inizio settimana il presidente del Consiglio Monti ha firmato quattro decreti che sbloccano 20-30 miliardi entro la fine del 2012 per saldare una parte dei debiti. Ma ne restano molti di più da pagare e nel frattempo, anche in Molise, le aziende si rivolgono ai giudici per obbligare la pubblica amministrazione a versare quanto dovuto. I decreti ingiuntivi, quindi, restano l’ultima arma in mano alle ditte per recuperare qualche credito dallo Stato prima di fallire e buttare per strada migliaia di lavoratori. “E’ l’unico modo per pagare gli stipendi ai miei dipendenti”, ci confessa un imprenditore molisano che lavora da anni con l’Azienda sanitaria regionale.
Equitalia e i suoi dipendenti meritano di essere difesi perché svolgono un servizio importante e perché buona parte del personale mette la sua professionalità a servizio di persone che altrimenti non avrebbero nessuno a cui rivolgersi per chiedere spiegazioni e risolvere i propri problemi. Stiamo parlando di dipendenti con le proprie famiglie e, a loro volta, con le proprie difficoltà e che non meritano, dunque, di vivere nella paura di minacce e di aggressioni. Oltretutto, non è con la violenza che si può pensare di avanzare le proprie ragioni e di portare avanti una protesta, per certi versi comprensibile. Ciò detto, è necessario creare, d’altra parte, una vera “equità” nel rapporto tra cittadini e istituzioni. Perché è la disparità di trattamento che contribuisce per larga parte ad alimentare le tensioni sociali.