Erdogan alza i toni con Israele per mettere le mani sul suo gas

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Erdogan alza i toni con Israele per mettere le mani sul suo gas

17 Settembre 2011

Si potrebbe parlare a lungo del perché la Turchia di Recep Erdogan stia portando il suo paese a diventare un avversario (alcuni già parlano di ‘nemico’) di Israele, dopo essere stato a lungo l’unico vero alleato di Gerusalemme nella regione. Certo i due Stati hanno potuto contare lungo tutta la metà del Novecento, in piena guerra fredda, sull’intermediazione, sugli sforzi diplomatici e militari, e sul potere di dissuasione degli Stati Uniti in funzione anti-sovietica.

Crollata l’Unione Sovietica, le relazioni israelo-turche sono mutate, perché in mutazione era ed è il contesto globale e con esso, quello regionale mediorientale. Le relazioni tra Turchia e Israele non hanno retto l’urto dell’arrivo di Erdogan al potere, portatore di un neache tanto velato progetto islamo-nazionalista. Tre gli eventi maggiori che hanno condizionato gli ultimi dieci anni e più di relazioni israelo turche: il ritorno del discorso religioso nell’agorà islamica (Giustizia e sviluppo, il partito di Erdogan, è un buon esempio in questo senso); la mancata adesione della Turchia all’UE; e in ultimo la presidenza Obama, la più anti-israeliana di tutte le presidenze statunitensi degli ultimi trent’anni, in un quadro ove l’America si ritrova molto indebitata, e in sostenuta perdita di potere relativo su scala globale.

Se la rottura israelo-turca non è ancora definitiva, almeno pubblicamente, ci siamo molto vicini. Il neo-ottomanesimo di Recep Erdogan – che è esattamente un islamo-nazionalismo mirante a mettere Ankara in condizione di dire la sua su una zona geopolitica e geoeconomica che va dai Balcani al Turkmenistan – spingerà la Turchia a tentare di imporre le sue politiche su tutta la regione (e l’Europa Mediterranea è avvertita). Il progetto neo-ottomano passa certo per la ‘distruzione’ delle relazioni tra Ankara e Gerusalemme, ma anche per la conquista dei cuori e delle menti arabe come testimonia il tour diplomatico di Erdogan nei paesi della sempre meno ‘primavera araba’ (meno Siria, ça va sans dire). In questo nuovo corso c’è anche spazio per la promozione di un soft power turco sulla ‘nazione’ araba – a cui i Turchi, vale la pena ripeterlo, non appartengono – e, infine, c’è anche un pò di bramosia per il controllo dei mari: il Mar Nero, il Mediterraneo Orientale (e domani forse quello Occidentale) e domani il Mar Rosso.

L’alzata di toni di Erdogan sulla questione della Freedom Flotilla ha poco a che vedere con l’empatia nei confronti delle genti musulmane della “grande galera” Gaza, peraltro condizione enfatizzata a dismisura dalla stampa araba e comunque avente a che fare più con la natura del governo della Striscia che col blocco navale imposto da Israele per ragioni di sicurezza. Non è da escludere che la Turchia voglia anche mettere in discussione la protezione navale israeliana sui suoi giacimenti di gas e petrolio individuati non lontano dalle coste israeliani, privando così Israele di status energetico e potenzialmente mettendo a repentaglio molti dei entroiti economici, come suggerisce il sito Debkafile

Ma l’aggressività politica di Erdogan è soprattutto parte di un progetto di risveglio della potenza ottomana, che passa per il piegamento dei propri competitor nella regione. Israele ha potuto contare su un vantaggio strategico sugli altri attori della regione per molti anni, grazie al sostegno di Washington. Adesso che la Casa Bianca ha deciso di pendere dalle labbra di Erdogan, come ha ricordato Michael Ledeen durante un suo intervento alla Fondaziona Magna Carta lo scorso Giugno (gli americani sperano di ottenere il permesso di Ankara all’installazione di missili anti-balistici sul territorio orientale turco in funzione anti-iraniana), questo vantaggio di Israele è a rischio.

E poi c’è il fattore demografico. Number matters. La popolazione turca è dieci volte tanto quella israeliana; la Turchia sta vivendo il suo miracolo economico ed è poco indebitata. C’è da aspettarsi che Ankara possa investire sempre di più in difesa e aumentare il proprio potere relativo nella regione. Israele si rassegni: scuse o meno sulla Flotilla, questa Turchia non sarà ammansibile.