Erdogan minaccia l’Europa ma il tempo dei ricatti è finito

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Erdogan minaccia l’Europa ma il tempo dei ricatti è finito

01 Agosto 2016

Ieri il ministro degli esteri della Turchia ha rilasciato una intervista alla stampa tedesca minacciando Bruxelles: se la Ue non concederà ai cittadini turchi il diritto di entrare in Europa senza visto, il governo di Ankara farà saltare l’accordo sui rifugiati siriani siglato nei mesi scorsi. Ma il combinato disposto tra le purghe inaudite scatenate a tutti i livelli da Erdogan dopo il golpe fallito dei giorni scorsi e il progetto del “Sultano” di reislamizzare in modo coatto la Turchia mette una bella pietra sopra quell’accordo, grazie al quale Ankara sta già incassando senza meritarselo qualche miliardo di euro gentilmente concesso da Bruxelles per tenere chiusi i confini turchi.  

L’accordo era già stato accettato obtorto collo dagli stati europei su pressione della Germania, quella stessa Germania dove a Colonia i turchi inneggiano a Erdogan sventolando in piazza migliaia di bandiere, ma adesso che il presidente turco ha esasperato le leggi contro il terrorismo, adesso che il suo partito sta completando la presa totale del potere, adesso che esercito e forze di sicurezza sono piombate nel caos, non si capisce in che modo dall’autoritarismo si possa tornare alla democrazia, come si possa rimettere la Turchia sui binari di un avvicinamento alla Ue e soprattutto rassicurare Berlino e Bruxelles sul contenimento dei profughi o della minaccia del Daesh

Fino a ieri i vertici europei, Juncker o l’alto commissario Mogherini, non hanno risposto con la prontezza di riflessi che ci si sarebbe aspettati al ministro degli esteri turco, ma nei Paesi europei cresce l’indignazione delle opinioni pubbliche, del mondo liberale e anche della sinistra, davanti all’atteggiamento sconsiderato di Erdogan. Cresce anche il peso delle forze di destra che giocano la loro battaglia politica sullo stop all’immigrazione islamica. Se Bruxelles malauguratamente dovesse capitolare anche sui visti come ha fatto aprendo i cordoni della borsa con la Turchia, il risultato sarebbe un ulteriore colpo alla stabilità europea. 

Del resto se il flusso di immigrati, profughi e rifugiati transitati nei mesi scorsi nel Mar Egeo si è praticamente ridotto a zero, non è stato merito di Erdogan o dell’accordo stretto tra Bruxelles e Ankara. A fermare la “rotta balcanica” è stata la decisione unilaterale presa da alcuni Paesi membri della Unione di chiudere le frontiere, come hanno fatto l’Austria o l’Ungheria. Nel mondo iperconesso di oggi le notizie volano e i quasi tre milioni di siriani in Turchia hanno capito che attraversare l’Egeo significava finire bloccati a Idomeni. Insomma, se l’Europa non vuole rinunciare a Schengen e alla libera circolazione, accompagnata magari da una affermazione elettorale delle destre populiste, farebbe bene a non cedere al ricatto turco.