Erdogan “vince” il referendum ma la Turchia resta un Paese spaccato
17 Aprile 2017
Con una vittoria di stretta misura, 51.4% dei Sì contro il 48.5% dei No, Erdogan festeggia la vittoria al referendum per il presidenzialismo in Turchia. Passano 18 emendamenti alla Costituzione che, quando entreranno in vigore, alle prossime elezioni politiche del 2019, permetteranno al “Sultano” di Ankara di espropriare dei suoi poteri governo e parlamento, candidandosi a guidare il Paese nei prossimi anni, protagonista ormai assoluto della scena politica. Ma la Turchia resta profondamente divisa, nei grandi centri urbani si vota No, e la decisione delle corti di validare anche le schede non timbrate in modo ufficiale, presa all’ultimo momento, rafforza le denunce di brogli fatte dall’opposizione. “Qualcuno proverà a sovvertire questo risultato,” ha detto Erdogan parlando ai suoi sostenitori, mentre la folla inneggiava alla introduzione della pena di morte in Turchia, “ma è inutile, sarebbe vano provarci, ormai è troppo tardi”.
In una democrazia si può certamente indire un referendum per una riforma in chiave presidenziale della costituzione, il problema però è che in Turchia chi ha indetto il referendum è lo stesso leader politico che dopo il fallito colpo di stato dell’estate scorsa, 200 morti, ha fatto arrestare migliaia di persone ed ha allontanato dal lavoro o licenziato altre decine di migliaia di persone, nelle università, nelle scuole, nei giornali, nell’esercito, imponendo uno stato di emergenza permanente. Tutto questo mentre il Paese continua ad essere sconvolto dagli attacchi devastanti di Isis e del terrorismo curdo.
Il capo del comitato elettorale turco ha confermato la vittoria del Sì, annunciando che il risultato definitivo verrà dato da qui a una decina di giorni. Oggi aspettiamo di sapere cosa diranno gli osservatori OSCE dei 57 paesi che hanno monitorato lo spoglio del referendum, considerando che i partiti di opposizione affermano che una parte assai consistente dei voti va riconsiderata (per la sinistra e i partiti curdi le “manipolazioni” oscillano tra il 4 e il 5 per cento), e che anche questa prova di democrazia in Turchia si sta dimostrando l’ennesimo colpo di mano, qualcuno lo definisce una “vittoria di Pirro” dell’uomo venuto dal Mar Nero. Il risultato del referendum, la vittoria del Sì, avrà in ogni caso un profondo effetto sul futuro politico di lungo periodo della Turchia e sulle relazioni tra Ankara, l’Europa e il resto del mondo. Da Berlino, intanto invitano a mantenere la calma.