Esplode piattaforma petrolifera. E nel Golfo del Messico torna la paura

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Esplode piattaforma petrolifera. E nel Golfo del Messico torna la paura

03 Settembre 2010

Scoppia un’altra piattaforma petrolifera davanti alle coste della Louisiana. E nel Golfo del Messico torna per un giorno l’incubo ‘marea nera’. Stavolta però, a differenza dell’incidente sulla base della Bp dell’aprile scorso, non ci sono vittime e la Guardia Costiera in tarda serata ha confermato che le fiamme sulla piattaforma sono state spente e che non vi sono perdite di petrolio in mare.

L’azienda petrolifera proprietaria della piattaforma aveva subito escluso ogni perdita di greggio. Qualche ora dopo, però era stata la stessa Guardia Costiera a riferire della presenza di una macchia “lucente” lunga circa un miglio attorno alla base. In serata invece il capitano di Guardia Costiera Peter Troedsson ha ufficialmente reso noto che l’allarme era rientrato: “L’incendio è spento, e gli elicotteri e le navi della Guardia Costiera sul posto non segnalano alcuna perdita. Ma continuiamo a sorvegliare la situazione per essere certi che non vi siano cambiamenti”. L’incidente ha comunque messo un luce che questi grandi impianti non sono così sicuri come sostengono le compagnie petrolifere. Con l’incidente di oggi le trivellazioni offshore tornano al centro di un dibattito acceso come non mai.

In Italia il ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, ha affermato che il nuovo incidente “conferma l’esigenza” di “più stringenti regole a livello internazionale”, mettendo in evidenza la situazione nel Mediterraneo e sollecitando che “il problema venga posto all’ordine del giorno nelle prossime settimane nell’agenda europea”. I primi a dare l’allarme dello scoppio erano stati alcuni elicotteri e navi di passaggio che hanno scorto verso le nove di mattina del fumo provenire dalla Vermilion Oil 380, di proprietà della americana Mariner Energy. Si trova a 128 km dalla costa, nello stesso specchio d’acqua in cui si trova la tristemente famosa Deepwater Horizon. In questo caso però i 13 operai sono riusciti a mettersi in salvo dalle fiamme buttandosi tutti in mare con i giubbotti salvagente, cosa che non era riuscita agli 11 lavoratori della Bp che morirono lo scorso 20 aprile. Quel giorno, l’esplosione provocò il peggior disastro ambientale della storia americana. Quello di ieri solo una gran paura.

Subito dopo l’allarme, sulla zona sono giunti in forza gli uomini della Guardia Costiera, con sette elicotteri, due aerei e quattro navi. Le prime sporadiche notizie parlavano di un ferito, circostanza più tardi smentita sempre dalla compagnia petrolifera. In serata, poi, è arrivata anche l’esclusione di perdite. Accantonata l’emergenza, s’indaga ora sulle cause dell’esplosione. La Mariner parla di un incendio in un deposito di gas, all’interno della base, e ricorda che al momento dello scoppio la piattaforma non era attiva, cioè non era in atto alcuna attività di pompaggio del greggio dal profondo del mare. Ma anche questa circostanza è stata messa in dubbio dal governatore della Louisiana, Bobby Jindal: “Stanno dicendo che la base era chiusa. Se ciò è vero – ha detto – allora è un fatto molto importante. Tuttavia si tratta di qualcosa che non abbiamo ancora verificato in modo indipendente”. Anche secondo la Guardia Costiera, l’impianto stava estraendo greggio.

Intanto, il gigante petrolifero Bp ha annunciato, in un comunicato diffuso oggi, che il disastro ambientale della marea nera nel Golfo del Messico è costata al gruppo ad oggi circa 8 miliardi di dollari (6,2 miliardi di euro). La somma, ha precisato il gruppo, comprende l’insieme di tutte le spese effettuate per contenere la perdita di greggio e per la ripulitura, i soccorsi, ma anche le somme versate agli stati colpiti lungo la costa e alle autorità federali. Bp ha inoltre ricordato di aver acconsentito alla creazione di un fondo di 20 miliardi di dollari per i risarcimenti alle vittime della marea nera.

di Alma Pantaleo