Essere conservatori (e ottimisti) anche nell’era del riscaldamento globale

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Essere conservatori (e ottimisti) anche nell’era del riscaldamento globale

29 Luglio 2010

Chi è che ha cotto il pianeta?, si domanda l’inferocito Premio Nobel 2008 per l’Economia Paul Robin Krugman su The New York Times. L’argomento è l’annosa questione del cosiddetto “riscaldamento globale”, e annessi (ideologici) e connessi (politici). Certamente, dice Krugman, è stato il senatore Repubblicano John McCain, a cui un certo mondo non ha ancora perdonato la spudoratezza con cui osò candidarsi, in vero piuttosto goffamente, contro il “profeta” Barack Hussein Obama.

Passato a lungo per un amico degli ambientalisti, è in realtà McCain, osserva Krugman, che ha manovrato cinicamente di ostruzionismo finendo per paralizzare la proposta di riforma legislativa su clima della Terra ed emissioni di gas ritenuti nocivi. Fa nulla se questa è solo una mezza verità, l’altra metà essendo il fatto che Barack Hussein Obama e i suoi amici, dopo avere cavalcato un po’ l’argomento global warming in campagna elettorale e nei primi mesi di governo, hanno fermato tutto per spingere l’acceleratore solo sulla riforma sanitaria.

Questa, infatti, i Democratici del Congresso l’hanno votata in massa, ma per la legislazione sul clima le cose vanno diversamente. Qui i Democratici sono meno monolitici e quindi hanno bisogno del concorso dell’altra parte politica. Insomma, il cammino è più difficoltoso, motivo per cui l’Amministrazione ha scelto di vincere facile congelando il riscaldamento del pianeta e spingendo sull’Healthcare.

All’affondo di Krugman risponde però, sul medesimo quotidiano della Grande Mela, Ross Douthat, l’astro dell’opinionismo commentatore americano. McCain colpevole? In realtà, se la proposta di riforma legislativa sul clima è morta «è stato il movimento conservatore americano che l’ha uccisa» (il che implica che quel movimento e il senatore McCain non sono esattamente la medesima cosa). Tutto, ricostruisce Douthat, risale agli anni 1970, quando andava di mondo l’allarmismo, incominciava il catastrofismo e la controcultura degli anni Sessanta istituzionalizzava la propria offensiva politica denunciando l’impoverimento del mondo, l’avvento di carestie immani, il deflagrare del pianeta intero.

Fu allora che quello del clima terrestre prese a diventare un argomento “serio” da dibattito parlamentare… mentre l’uomo cominciava a subire un lento declassamento a virus dannoso nemico giurato e incarognito della gran madre Gea. Nacquero allora le prime e poi sempre più numerose, invadenti e soffocanti ricette legislative dell’ambientalismo talebano di sinistra, di fronte alle quali «i social conservative e i libertarian, le due ali della Destra americana, trovarono un terreno comune nel resistervi. E il tempo fu inclemente per gli allarmisti. Le catastrofi non si materializzarono mai, mentre gli standard di vita di tutto il mondo crebbero».

Una variante dei vaneggiamenti catastrofistici puntava coscientemente il dito contro l’essere umano in quanto tale: non solo la sua produzione industriale intaccherebbe la sanità del pianeta, ma lo fa la sua stessa esistenza. La grande menzogna del sovrappopolamento della Terra prese piede lì, e Douthat fa bene a rammentarci che John P. Holdren, il consigliere per la scienza di Obama, è stato amico e sodale di Paul Ehrlich, il padre stesso della bugia demografica.

Ebbene, con tutto questo, a fronte delle intemerate di Krugman e conscio del fatto che a destra lo si ascolta spesso e volentieri, Douthat consiglia ai conservatori di non rassegnarsi a fare semplicemente spallucce davanti alla questione climatica del pianeta come se non esistesse. Che qualcosa stia succedendo, dice, è evidente. Che le emissioni di gas derivati dall’attività umana stiano modificando l’ecologia della Terra pure. E anche se l’innalzamento della temperatura media del pianeta non distruggerà certo il mondo come, commenta l’opinionista, piace ripetere con faciloneria ai profeti di sventure e alle celebrità, un pensiero sul tema anche la cultura conservatrice deve farlo.

Quale? Questo: «È possibile che la cosa migliore da fare a proposito del riscaldamento della Terra sia – almeno per ora – fare relativamente poco». È quanto sagacemente insegnano scienziati “eretici” come Bjørn Lomborg e il fisico Freeman J. Dyson, o ancora l’esperto di ambientalismo della Destra americana, il businessman James “Jim” Manzi, presidente dell’Aplied Predictive Technologies di Arlington, in Virginia. «La loro prospettiva – osserva Douthat – si fonda, in parte, sull’assunto che un mondo più caldo sarà anche un mondo più ricco: e che lo sviluppo economico porterà più benefici ai miseri della Terra di quanto potrà mai fare qualsiasi regime dirigistico fautore di crescite lente».

Insomma, più che il problema l’uomo è la soluzione. È da sempre che la sua creatività trova, se lasciata libera di agire e di sperimentare, le soluzioni ai guai eventualmente generati proprio dal suo cammino di sviluppo. Una volta che il primo uomo si è scottato con il fuoco acceso da un fulmine nella foresta, ha imparto a circoscriverlo con le pietre e a domarlo. Di fronte alla pentola che bolle e che scotta le dita, l’uomo ha inventato le presine. I conservatori insomma fanno progredire, mentre i progressisti sempre mal conservano.

Marco Respinti è presidente del Columbia Institute e direttore del Centro Studi Russell Kirk

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