Euro forte: Bruxelles ora lancia l’allarme

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Euro forte: Bruxelles ora lancia l’allarme

18 Dicembre 2007

L’apprezzamento dell’euro sul dollaro è diventato un “rischio per le prospettive dell’economia”. La Commissione europea lancia
l’allarme per la forza della moneta unica.

Nel rapporto
trimestrale sull’eurozona la Dg affari economici segnala che “non solo le turbolenze finanziarie rappresentano un rischio
ma anche l’alto livello dei prezzi del petrolio e il valore
esterno dell’euro”.

Nel
rapporto trimestrale si indica come l’apprezzamento della
moneta unica in autunno sia stata “sostanziale” in rapporto
al dollaro arrivando vicino a quota 1,50 alla fine di
novembre.

In termini nominali effettivi l’euro è ora di
oltre il 6% sopra la media nel 2006.

La forza della moneta ha cause diverse: riflette le
migliori prospettive dell’economia rispetto a Usa e
Giappone, è sostenuta dalla crescente importanza nel sistema
finanziario internazionale e viene utilizzato largamente nel
mercato del debito e il suo ruolo nelle riserve
internazionali di valuta “sta gradualmente crescendo”. Tale
espansione nell’utilizzo dell’euro “continuerà”.

Ma, scrive il direttore generale del dipartimento
comunitario Klaus Regling, “ogni significativo apprezzamento
porterebbe l’euro fuori da un livello che può essere
spiegato dai fondamentali dell’economia e l’impatto
dell’euro forte sulle esportazioni eurozona, che finora è
stato limitato, si farebbe sentire probabilmente molto più
fortemente”.

La Commissione europea finora ha sempre difeso la linea
che l’euro forte va bene visto l’andamento dell’inflazione
(in novembre a 3,1%). Oggi segnala che la forza della moneta
è al limite tollerabile. Non a caso nel rapporto si afferma
esplicitamente di considerare il rialzo dei prezzi “temporaneo” provocato dal caro petrolio e del caro
agricoltura.

“Ciò non deve oscurare il fatto che
storicamente l’inflazione non è mai stata così bassa e
stabile da quando è stato introdotto l’euro”.
Mentre nel 1970 la media eurozona era raddoppiata fino a
oltre il 9% dopo i due choc petroliferi, nell’attuale
decennio è scesa al 2%. Ciò grazie a una migliore politica
monetaria e alla maggiore comprensione dell’importanza delle
aspettative.

Ma non è tutto. La ripresa
nel terzo trimestre (+0,7%) non deve far ritenere che il
peggio sia alle spalle. Tutt’altro: si tratta di uno scatto “temporaneo”.
Le condizioni economiche generali restano “fragili e si
sono deteriorate in misura significativa”. Mentre gli
effetti delle turbolenze dei mercati sono state finora
confinate al settore finanziario “ci sono segni che possano
aver già avuto un effetto negativo sull’economia: le banche
hanno stretto le condizioni di credito alle società non
finanziarie e la fiducia di consumatori e business si è
significativamente indebolita dall’estate”.

Tre i canali di trasmissione della crisi dei mercati (il
rapporto non usa mai questo termine preferendo parlare di
turbolenze): le restrizioni delle condizioni di
credito “che comporterà condizioni difficili per imprese e
famiglie nei prossimi anni”; il consumo privato negli Usa
che appare “particolarmente vulnerabile” e la sfiducia
nell’economia.