Euro sotto attacco: a picco le Borse, spread di Spagna e Italia alle stelle

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Euro sotto attacco: a picco le Borse, spread di Spagna e Italia alle stelle

Euro sotto attacco: a picco le Borse, spread di Spagna e Italia alle stelle

23 Luglio 2012

di E.F.

E’ una piccola verità indiscussa nel tempo della crisi: i governi della zona euro in difficoltà fiscale, Italia e Spagna in primis, non possono contare neanche sulla calma vacanziera. L’adagio resta vero; i mercati non vanno mai in vacanza  o, se volete, tanto per citare Michael Douglas nei panni di Gordon Gekko – lui il bauscia newyorkese un po’ mefistofelico di Oliver Stone nella saga filmica di Wall Street –  “money never sleeps”, il denaro non dorme mai.

Così, a un anno dalla calda ed esiziale estate del premier Silvio Berlusconi, costretto tra Luglio e Agosto dello scorso anno a fare i conti con un attacco speculativo in piena regola dei mercati sui titoli di debito italiani che lo avrebbe spinto alle dimissioni in Novembre, il governo del premier Monti si ritrova oggi a fronteggiare una crisi d’aspettative con tratti speculativi in tutto simile a quella di soli 12 mesi fa.

E la settimana non poteva iniziare in un modo peggiore: la Borsa di Milano ha aperto Lunedì con un perdita del 4%, mentre Madrid cedeva addirittura più del 5 %. Quanto al divario tra i titoli iberico – italiani e  quelli tedeschi, le notizie non sono affatto migliori: lo spread dei titoli italiani rispetto al Bund tedesco ha sfiorato i 530 punti base, mentre quello tra i bond germanici e i Bonos spagnoli ha toccato la cifra record dei 630 punti con un rendimento sui decennali al 7,5%.

Certo a pesare su questa nuova ondata di sfiducia dei mercati è il peggioramento del quadro macroeconomico delle economie della zona euro. Il Pil spagnolo si è contratto dello 0,4% nel secondo trimestre di questo anno, un peggioramento che il governatore del Banco de España, Luis María Linde, attribuisce a un calo “più accentuato” della domanda interna dovuta alla contrazione dell’attività economica iberica. Secondo la banca centrale spagnola, la Spagna pagherà sul 2012 una contrazione sul Pil del 1,5%.

Quanto all’Italia, la scorsa settimana il Fmi confermava la previsione di una contrazione del Pil compresa tra l’1,7% e il 2,2%. Inoltre Roma paga l’incertezza legata all’approssimarsi delle elezioni politiche che già dal prossimo Autunno peserà sulla capacità dell’esecutivo di Mario Monti d’incidere politicamente sulla maggioranza partitica Pdl-Pd-Udc che, con il placet quirinalizio, lo ha sostenuto sinora in Parlamento.

Il premier Mario Monti ha nella giornata di Lunedì rilasciato una dichiarazione dalla Russia, dove si trova in visita ufficiale. Dopo aver incontrato il premier russo, Dimitri Medvedev e il Patriarca di Mosca nella giornata di Domenica, a poche ore dal suo incontro con il presidente russo, Vladimir Putin, l’inquilino di Palazzo Chigi ha affermato riferendosi all’apertura nera delle listini europei e all’impennata degli spread italiano e spagnolo, che “occorre concentrarsi sull’economia reale”.

Segno che gli strumenti in mano all’esecutivo italiano per incidere sul nominatore dell’indicatore Debito/Pil siano a oggi insufficienti. Su questo fronte, infatti, nonostante le rassicurazioni che Roma ha offerto ai mercati nei mesi scorsi sulla solidità delle finanze pubbliche italiane, i dati sul debito pubblico italiano sono a tinte chiare e scure: se a Giugno, circa il 50% del debito che l’Italia doveva far risottoscrivere sul 2012 aveva ottenuto rifinanziamento – si stima che nei prossimi sei mesi Roma debba far rinnovare titoli di debito per altri 200-220 mld di euro -, è anche vero che secondo Eurostat il debito pubblico italiano avrebbe raggiunto nel primo trimestre di quest’anno nientemeno che il 123,3% rispetto al Prodotto interno lordo.

Ma basta il negativo outlook macroeconomico per giustificare una tale sfiducia dei mercati? Forse, e non saremmo gli unici a farlo in Italia, si può insinuare che si tratti di speculazione proveniente da tutti quelle piazze borsistiche che si trovano fuori dall’Eurozona: quella britannico e quella statunitense in primis. Siamo purtroppo alla Perfida Albione. Ora, la speculazione esiste ed esisterà sempre. Se un merito hanno però gli speculatori, è che nell’ultimo anno sono riusciti ad accelerare i processi di riforma dei sistemi politici europei. E’ gioco scontato prendersela per le nostre difficoltà con i fat cat anglosassoni, con i cinici capo dei fondi d’investimento britannici, scozzesi o americani in doppio petto gessato e con il sigaro cubano alla bocca che fanno soldi sulle nostre ignare teste.

Ma è facile alibi. In verità, se alla fine le comunità nazionali dell’eurozona oggi maggiormente in difficoltà, come Italia e Spagna, saranno chiamate a pagare prezzo del default statale in mezzo a una recessione, ciò sarà avvenuto per due ragioni che si fanno ricadere responsabilità su ognuno di noi.

Gli italiani, e anche gli spagnoli, non hanno misurato le criticità derivanti dall’avere livelli di spesa pubblica insostenibili. In secondo luogo, sul piano della cultura politica, i nostri sistema politico-imprenditoriali hanno per troppo tempo tergiversato sull’urgenza delle riforma, dal lavoro alle pensioni, dall’educazione nazionale al rapporto tra spesa pubblica e fisco declinato nelle relazioni tra centro-periferia.

Così si è giunti al collasso, per mancanza di coraggio e di onestà nel discorso politico. Il che ci dice che c’è un grave problema di moralità nei nostri sistemi sociali e di riflesso nei nostri sistemi politici. 

Per quel che riguarda l’Italia, se per far fronte alla crisi, delegherà all’Europa tutte le proprie prerogative fiscali e di finanza – magari costretta a fare manovre da 80 mld ogni anno per i prossimi 10 anni per portare il rapporto Debito/Pil al 60%; o che sia costretta ad andare in default, o che, come terza soluzione, debba o possa uscire temporaneamente dall’eurozona, come ha proposto l’ex ministro Renato Brunetta, comunque vada, tutti saremmo chiamati a pagare un prezzo per questi due gravissimi errori.