Europa islamizzata?

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Europa islamizzata?

24 Marzo 2016

A Bruxelles la Grand Place è deserta. Davanti alla Borsa i soliti fiori, le solite candele, i consueti gesti di ‘solidarietà. Anche tutt’intorno è lo stesso spettacolo cui ormai siamo abituati. I monumenti illuminati con i colori del Paese vittima del terrorismo, sempre lo stesso hashtag che vola sui social network, i soliti intellettuali e le litanie che conosciamo a menadito. I postumi dopo i fatti di Bruxelles non comportano forti emicranie. La banalità la fa da padrona e il silenzio, di fronte a ciò che era ampiamente prevedibile, latita. Prevedibile non nelle modalità, ma nella sostanza.

 

Bruxelles, probabilmente, in fin dei conti, non si è stupita poi più di tanto. Le sue abitudini e il suo profilo sono cambiati anni e anni fa. Di guerra santa, in Belgio, sono molto ben informati. Era il 1974 quando il governo belga riconosceva ufficialmente la religione islamica per la prima volta in Europa. Già nel 1975  l’Islam era nel curriculum scolastico. Alla prima generazione di sauditi belgi che chiedeva spazi per pregare, fu offerto il Pavillon du Cinquantenaire, con un affitto della durata di novantanove anni. E dopo un lungo restauro venne trasformato nella Grande Moschea di Bruxelles. La moschea, strumento diretto dall’Arabia Saudita, provocò nell’immediato un’onda d’urto che non smette di esercitare la sua forza. Da quel momento sono state diffuse quintalate di libri, gratuitamente, in tutte le lingue. 

 

Oggi il novantacinque per cento dell’offerta di corsi sull’Islam è gestito da giovani predicatori formati in Arabia Saudita. Gli stessi che hanno tenuto centinaia di conferenze in tutto il Belgio diventando il faro, per le nuove generazioni, della comprensione del Corano. Un recente sondaggio del Centre Interdisciplinaire d’Etude des Religions et de la Laïcité rivela che nella capitale dell’Unione europea il diciannove per cento della popolazione si riconosce “musulmano praticante”, mentre la percentuale di cattolici è scesa al dodici. Tra gli intervistati, i livelli di adesione al cattolicesimo diminuisce drasticamente con l’età, mentre l’Islam aumenta corrispondentemente. Qualcuno l’ha definita, semplicemente, la naturale evoluzione di un paese annoiato e scettico.

 

Ecco, allora, che la città di Maaseik, resa famosa da Jan Van Eyck e dalla sua "Adorazione dell’agnello mistico", è diventata celebre per il reclutamento di jihadisti dell’Isis. E Molenbeek, la “Piccola Manchester”, quella che il sindaco socialista Philippe Moureaux definiva “laboratorio socio-multiculturale”, e gli si gonfiava il petto, è diventata il quartier generale del jihad europeo. Un po’ più a nord, in Inghilterra, la noia per la propria storia provano a farla passare sui banchi di scuola. Alla Beauchamps di Gerney, gli studenti dodicenni sono stati coinvolti nell’entusiasmate tema che chiedeva di immaginare come sarebbe la loro conversione all’islam.

 

E se ai genitori dei ragazzini l’esercizio di immaginazione non è piaciuto troppo, un funzionario del ministero dell’Istruzione ha voluto difendere l’iniziativa: “Il programma per l’istruzione religiosa comprende un quadro strutturato per garantire che il cristianesimo e le altre cinque principali religioni (Ebraismo, Buddismo, Induismo, Islam e Sikhismo) siano studiate con profondità e ampiezza. È importante che i nostri studenti siano in grado di conoscere, comprendere, analizzare e mettere in discussione tutto ciò che è intorno a loro”. 

 

Che senso ha tutto questo? Se è vero che le chiese diventano locali notturni o moschee e ogni anno sono cinquemila gli inglesi che abbracciano l’Islam, allora il senso diventa subito chiaro. Sono già tre gli edifici governativi a Londra dove vige la sharia, e la Banca d’Inghilterra ha aperto le porte alla finanza islamica. Il principe Carlo lo aveva detto nel 1996: “L’Occidente materialista ha molto da imparare dall’Islam”. Londra si sta attrezzando per bene. Sono un centinaio le corti della sharia che operano legalmente in Inghilterra per regolare il diritto familiare nelle comunità musulmane. I dipartimenti del Lavoro e pensioni, Tesoro, Fisco e dogane hanno riconosciuto la poligamia. 

 

Quanto alla Francia di riferimenti in questo senso ne abbiamo a bizzeffe. A Evry, a sud di Parigi, circa venti anni fa è stata costruita una nuova chiesa cattedrale, capolavoro riconosciuto dal uno dei più famosi architetti al mondo, Mario Botta. La domenica è semivuota, mentre la vicina moschea è brulicante di fedeli. Il suo imam, qualche anno fa riferì in una intervista: “La Chiesa cattolica dovrebbe convincersi che l’Europa non le appartiene. Il consiglio che do ai miei colleghi cattolici è di interrogarsi a fondo sul perché i loro fedeli non vivono la loro spiritualità”. Obiettivamente entrando nella cattedrale di Evry la prima domanda è “quale spiritualità può ispirarmi una chiesa con l’aspetto di un cilindro tagliato da un piano inclinato con una corona d’alberi sulla sommità e una croce scarsamente visibile?”. 

 

Dello stato in cui versa l’Italia, invece, si sa troppo poco. Dalle nostre parti si aprono più moschee di quello che si pensi. Si parla molto poco del mondo che è rappresentato dalla Grande Moschea di Roma, quello degli alti patronati come l’Arabia Saudita e dei molteplici progetti d’intesa con lo stato italiano.  O di quello dei ‘Fratelli musulmani’ che controllano la gran parte delle oltre duecento moschee e sale di riunione italiane. Hanno iniziato la loro colonizzazione sposando le italiane cattoliche. Gli ultimi dati disponibili raccontano di circa dodicimila matrimoni l’anno celebrati tra musulmani e cattolici. Ma sono cifre ormai datate.

 

Renzo Guolo, acuto analista delle strategie musulmane in Italia e in Europa, qualche anno fa disse che l’Islam considera semplicemente l’Occidente dar al harb, “casa della guerra”, affinché diventi dar al islam, “casa della sottomissione”, che nient’altro significa Islam. Insomma, è in atto un vero e proprio cambiamento sociale. Lento, ma ormai efficace. Un’autentica sovversione che coinvolge l’ethos degli assetti ordinamentali europei e la stessa libertà religiosa.

 

La (auto)tendenza a mettere in sordina il Natale e i suoi simboli, la guerra al crocifisso e l’occupazione sempre più diffusa dei sagrati delle chiese per la loro preghiera (ciò che per i musulmani ha una fortissima valenza socio-religiosa) sono vissute dagli islamisti in chiave sostitutiva, e perciò tendono a limitare nei fatti la libertà religiosa dei cristiani in Europa, relegandola progressivamente sempre più nella dimensione privata. E con motivazioni contraddittorie, che affondano le loro radici nell’ideologia multiculturalista, è stata creata la categoria dell’islamofobia, in forma di censura politicamente corretta dell’opinione, di aggravante di reato, quando non proprio di delitto autonomo.

 

Tocca ancora meravigliarsi del clima che respiriamo? “Io non ho paura dell’Islam. Ho paura della straordinaria imprevidenza dei responsabili della nostra vita pubblica. Ho paura dell’inconsistenza dei nostri opinionisti. L’Europa o ridiventerà cristiana o diventerà musulmana. Ciò che mi pare senza avvenire è la ‘cultura del niente’, della libertà senza limiti e senza contenuti, dello scetticismo vantato come conquista intellettuale. Questa cultura del niente non sarà in grado di reggere all’assalto ideologico del’islam, che non mancherà. I cattolici, lasciando sbiadire la consapevolezza della verità, e sostituendo all’apostolato il semplice ‘dialogo’ ad ogni costo, inconsciamente preparano la propria estinzione”. Parole del cardinale Giacomo Biffi, allora arcivescovo di Bologna, prima dell’11 settembre.