Eurosud più forte se Atene farà le riforme
13 Luglio 2015
In breve: l’Eurogruppo ha trovato un accordo. Non ci sarà la tanto temuta “Grexit”, l’uscita della Grecia dall’Euro. O perlomeno è rimandata. Atene si impegna a un difficile piano di riforme in cambio di un nuovo salvataggio che vale circa 86 miliardi di euro.
Su quanto sta accadendo nella politica interna greca avevamo visto giusto: le dichiarazioni del ministro dell’energia Lafazaris, l’ala dura di Syriza, che parla di “accordo umiliante”, confermano che Tsipras ha usato il referendum come un’arma per isolare la sinistra più estrema, dopo che anche impresentabile Varoufakis aveva mollato.
L’accordo, si spera, riporterà stabilità finanziaria nell’eurozona e adesso tocca alla Grecia dimostrare il realismo delle riforme che altri Paesi di Eurosud, come Italia e Spagna, stanno o hanno già messo in pratica. Tsipras e il suo Governo dovranno mantenere i patti, visto che a pagare è di nuovo pantalone. Se l’accordo si rivelerà l’ennesimo bluff, il leader greco che civetta con Putin chieda pure soccorso alla Russia, alla Cina o ai grandi fondi americani e vedremo chi sarà disposto a dargli udienza.
Ma detto tutto questo, ora dobbiamo spostare lo sguardo da Atene a Bruxelles, dal Pireo a Berlino. La Grecia è economicamente allo stremo, il percorso delle riforme sarà lungo e difficile, e sullo sfondo resta il vero problema irrisolto: la ristrutturazione del debito, che ormai è fuori controllo come ha detto il Fondo Monetario prima del referendum. Le cure di austerity a senso unico come quelle che vennero imposte al predecessore, liberale, di Tsipras, non rappresentano la soluzione, né allontanano il rischio default.
L’Europa, se vuole andare avanti, deve cambiare. E se la Grecia di Tsipras seguirà davvero la strada delle riforme allora anche Eurosud potrà far valere con più forza una visione alternativa delle politiche di bilancio più orientate alla crescita, o ridiscutere le modalità di ristrutturazione del debito stesso. Non si possono stritolare gli stati membri, né si può ridurre tutto a un gioco tra Stati che vanno ognuno per conto proprio inseguendo le loro ambizioni geopolitiche.
Se la Germania ha veramente a cuore la zona di libero scambio che tanto ha favorito le sue esportazioni deve accettare un ‘nuovo corso’ europeo. I grandi passi da fare insieme sono l’unione fiscale e bancaria, dal punto di vista economico, e una maggiore legittimazione democratica, da quello politico. E’ tutta la leadership europea che deve riprendere fiato dopo quello che è successo, capire quali errori sono stati commessi, e fare un salto di qualità. Delle proposte per cambiare direzione ed evitare nuove sgradevoli sorprese ci sono, mettiamole a frutto.