Eutanasia in Belgio: “Adesso ti addormenti e dopo starai meglio”
18 Settembre 2016
Dicono che la legge belga che consente l’eutanasia anche ai bambini, senza limiti di età, sia “rigorosa”. La Prof.ssa Claudia Mancina, docente di etica alla Sapienza di Roma, si è spinta a dire che se la legge belga finora non era stata mai applicata ai minori, allora vuol dire che è “ben fatta”: chissà se si è resa conto che, continuando il suo ragionamento, visto che invece, in dieci anni le richieste di eutanasia per i maggiorenni sono continuamente e considerevolmente aumentate, si dovrebbe dedurre che la legge in generale è stata un totale disastro, e andrebbe ritirata.
Tanto rigore viene spiegato con i requisiti “stringenti” richiesti: il minore deve avere una malattia in stato terminale, e soffrire dolori che non si possano alleviare. Ma già qui non ci siamo, perché è noto che, fortunatamente, a oggi non esistono sofferenze che non si possano lenire con terapie dedicate, dalle terapie del dolore alla sedazione palliativa continua profonda (la cosiddetta “sedazione terminale”, che non ha niente a che vedere con l’eutanasia), sono molti i mezzi con cui controllare il dolore fisico.Quindi una delle condizioni richieste, in pratica non si verifica mai, e l’eutanasia, a rigor di legge, dovrebbe essere dichiarata sconfitta e bandita innanzitutto da chi dice di credere nella scienza ufficiale, quella certificata, la stessa che ci ha regalato i vaccini e la chemioterapia, tanto per intenderci, salvando milioni di vite.
Il messaggio dovrebbe essere quindi il contrario: affidiamoci alla scienza, e potremo morire con dignità, senza dolore, senza farci uccidere dai medici. Ma alcuni sedicenti paladini del progresso sembrano improvvisamente colpiti da una strana afasia, quando si parla di fine vita: all’improvviso la scienza non c’entra, quel che conta è la “libera scelta” di morire.
Ma c’è un aspetto ancora più inquietante – se possibile – della faccenda, su cui è bene soffermarsi: oltre l’equipe medica che ha in cura il malato che chiede l’eutanasia, ci deve essere uno psicologo che, nel caso di un minorenne, ne valuti la capacità di giudizio. Lo psicologo deve accertarsi che il ragazzino abbia ben capito cosa significa morire, perché la legge belga – che consente l’eutanasia a tutti, senza limiti di età – prevede che sia il minore a chiederla, ripetutamente, e che i genitori diano il proprio consenso.
Cerchiamo quindi di seguire lo svolgersi dei fatti, così come descritto dalla norma, ma non in modo burocratico: pensiamo per un momento al succedersi reale degli eventi. Un bambino sofferente chiede di morire. Lo chiede ai medici, lo chiede a suo padre e a sua madre, più volte. Dice che non ce la fa più. Allora arriva uno psicologo che si mette a parlare con lui, e parlano di morte. Lo psicologo gli deve spiegare cosa significa morire, e probabilmente gli fa anche delle domande, per rendersi conto se il ragazzino ha capito bene.
Ma di che parlano, concretamente? Cosa si dicono? E lo fanno in presenza dei genitori, o no? E questi, se sono presenti, a loro volta, che dicono al figlio? E lo psicologo, che cosa gli dirà, della morte? Non è come quando viene il prete con l’estrema unzione. Quali domande potrà fare, lo psicologo, per essere certo che il ragazzino ha capito che sta chiedendo di essere ucciso? E che i suoi genitori sono d’accordo? Sarà detta la verità, al ragazzino – è il tuo ultimo giorno qua, è l’ultima volta che vedi i tuoi – o in nome della libera scelta gli saranno dette mezze verità – adesso ti addormenti e dopo starai meglio?
E se il ragazzino capisce veramente, e chiede cosa succede dopo, domanda cosa lo aspetta dopo che sarà morto, lo psicologo che cosa potrà rispondere? E tutto questo c’è qualcuno che ha il coraggio di chiamarlo “diritto”? Piuttosto, non dovremmo chiamarlo “rovescio”? Rovescio della libertà, rovescio dell’amore, rovescio della scienza, rovescio dell’arte medica, insomma, il rovescio dell’umano?