F-35 e spesa militare, vademecum per campagna elettorale

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F-35 e spesa militare, vademecum per campagna elettorale

19 Dicembre 2012

E’ tempo di campagna elettorale. Quando nei talk show si parla di tagli alla spesa pubblica c’è sempre qualcuno che all’apice della conversazione se ne esce con il classico: «Allora non facciamo più gli F-35!». Segue silenzio più o meno imbarazzato del conduttore e degli invitati e lo slogan resta lì, piantato come una bandierina a futura memoria, per ricordare ai posteri la incontrovertibile verità: la crisi si risolve tagliando le spese militari.

Gli F-35 sono i caccia previsti nel grande piano d’investimenti militari voluto dall’ex presidente Clinton, che ha come pivot gli Usa e comprimari gli alleati storici dell’America (l’Italia è partner di secondo livello, il Canada ha recentemente gettato la spugna). I governi che da Prodi in poi si sono succeduti in Italia sembravano lanciatissimi verso la realizzazione degli F-35, ma poi, diventata la guerra che combattiamo economica, il ministro della difesa Di Paola ha suggerito una cura dimagrante per risparmiare alcuni miliardi.

Come dire, di F-35 ne costruiremo meno del previsto. Ma non si devono fare proprio, lo dice l’arciconvinto Vendola e Bersani promette che ne parlerà di persona con Obama durante il suo primo incontro da premier con il presidente americano. No problem, anche Obama è orientato a un ridimensionamento dell’ambizioso progetto clintoniano.

Il problema però è molto più ampio degli F-35 e riguarda l’hard power italiano, la nostra strategia di difesa e più in generale la politica estera dell’Italia nel XXI secolo. Per una volta, sarebbe bello che nei talk show ci fosse un politico pronto a opporsi alla vulgata della “riduzione della spesa militare” con qualche argomentazione seria e motivata:

1)    Dopo l’11 Settembre, l’incidenza della spesa militare sul PIL in Italia è precipitata. E’ andata sempre peggio, anche prima che scoppiasse la crisi economica

2)    Quanto più è scesa la spesa militare, tanto più è aumentato l’impegno delle nostre forze in Afghanistan e una strategia che oltre al Mediterraneo ci vede impegnati in missioni lontane a cui partecipiamo per garantire la sicurezza internazionale (che è anche la nostra)

3)   Dopo la fine della Guerra Fredda, pur con tutte le crisi e  rivolgimenti degli ultimi decenni, l’Italia continua ad essere una delle grandi potenze economiche mondiali, ma dal punto di vista militare vale meno della Francia o della Gran Bretagna

4)    L’americano medio quando pensa all’Italia si ricorda di film come “Roma città aperta”,  dello sfascio militare della Seconda Guerra mondiale, ma in realtà, dalla fine degli anni Ottanta, ci siamo dotati di una forza militare moderna, flessibile, in grado di muoversi con buoni risultati in diversi scenari.

5)    Se l’America di Obama deciderà di guardare a Oriente, all’Asia e al Pacifico, resteremo più sguarniti a difendere i nostri interessi strategici. In questo caso qualche F-35 in più non farebbe male.