“Faccio il contractor per difendere la giustizia e la libertà”

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“Faccio il contractor per difendere la giustizia e la libertà”

16 Ottobre 2009

Gianpiero Spinelli viene da una famiglia di militari. Il nonno, il padre. Anche lui è stato soldato. Ora fa il contractor, quelli che negli anni Sessanta e Settanta chiamavano volgarmente “mercenari”. Ma il mondo è cambiato e oggi servono professionisti della sicurezza da impegnare nelle aree di crisi. L’editore Mursia, che alle spalle ha una lunga tradizione di memorialistica, ha scelto Spinelli per raccontare le “nuove guerre”. Abbiamo discusso con lui in una fredda mattina romana.

Spinelli, per quale agenzia lavora?

H3 Group. Sono specializzato nelle scorte e nei programmi di protezione e nell’addestramento.

Qual è la vita quotidiana di un Contractor?

Non esiste un giorno diviso da un altro. L’operazione finisce alle 18.00. Hai due ore di “relax” in cui devi fare la manutenzione del tuo equipaggiamento, visto che dietro non c’è una logistica. Se le armi e la radio non funzionano devi sbrigartela da solo.

E dopo la “pausa”?

Si fanno il Security Making Process e il Force Protection Making Process, la pianificazione delle operazioni del giorno dopo. Abbiamo informazioni sul nostro cliente ma ce le hanno anche i nostri nemici. Dobbiamo anticiparli.  

All’interno delle agenzie avete delle unità di analisi, di studi dei rischi?

L’analisi geopolitica è alla base di tutte le nostre procedure.

Chi sono questi analisti?

Quello di Blackwater è Cofer Black, che è stato per lunghi anni responsabile dell’antiterrorismo alla Cia. E’ l’uomo che ha catturato Carlos.

Com’è andata in Iraq?

Sono morte centinaia di persone per l’incapacità di un solo uomo, Paul Bremer. In Iraq i generali di Saddam erano a conoscenza di un sistema di difesa interno di tipo “Stay-behind” – lavorare dietro le linee nemiche, usare depositi nascosti e pieni di esplosivo… e sono stati deposti in massa. Per fortuna è arrivato Negroponte e le cose sono cambiate. Da “bad guys” i sunniti sono diventati “good guys”.

E in Afghanistan?

C’è un progetto nella Valle dell’Helmand: 1.400 Marines insieme all’esercito afghano si occuperanno di stabilizzare la zona. I Contractors dovrebbero difendere le Ong impegnate nei processi di ricostruzione, cercando di trovare “occhi ed orecchie” nelle tribù afgane.

Anche le Ong sono protette dai Contractor?

Proteggiamo clienti, governi, corporations, ma tra i nostri clienti ci sono anche le Ong. E’ insensato usare decine di Marines per scortare un convoglio umanitario.

Vi definiscono “mercenari”

In Iraq ci sono stati migliaia di Contractor morti e feriti. E’ più facile fare la guerra che fare le scorte.

“Gente senza ideologia”

C’era un amico di mio padre, era un ufficiale dell’aereonautica brasiliana. Non sopportava che i cubani volessero prendersi l’Angola. Così mollò tutto e si arruolò come soldato semplice nella Legione Straniera per combattere il comunismo.

Quanto guadagna mediamente un Contractor?

L’amico di mio padre non ci guadagnò nulla. Ora fa il pilota di elicotteri per sopravvivere. Oggi però dei professionisti ben addestrati prendono tre o quattro volte quello che guadagna un militare.

Lei lo fa per soldi?

Ho sempre creduto nella giustizia e nella libertà. Quando sono andato in Iraq ho sentito ragazzi che avevano avuto le famiglie distrutte dal regime di Saddam. Storie di mogli e sorelle rapite da Hudai e che non avevano fatto più ritorno a casa. Se qualcuno porta via mia moglie gliela distruggo la casa. E non lo faccio certo per soldi.

Fabrizio Quattrocchi era un suo amico

L’11 Settembre, quando ho visto gli aerei che si conficcavano nelle Torri, mi sono detto “Non posso più stare a guardare. Ognuno deve fare la sua parte”. Sono del Sud, vengo dal Mezzogiorno. Se da noi ognuno avesse fatto la sua parte, avesse denunciato, ora non avremmo il problema delle mafie. L’11 Settembre mi sono sentito attaccato in casa mia. Me ne potevo fregare. In fondo vivo a Sammichele di Bari, mica a New York. Un paese agricolo dove a nessuno verrà mai in mente di far esplodere una bomba. Mi sono sentito attaccato moralmente, quel giorno. Poi è venuto tutto il resto.