Facebook sbarca al cinema per glorificare l’eroico Zuckerberg

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Facebook sbarca al cinema per glorificare l’eroico Zuckerberg

14 Novembre 2010

Un’occhiata a Facebook dal mio smartphone prima di entrare in sala. E’ il primo giorno di proiezione e in un cinema romano strapieno di teenager che compiono la mia stessa azione mi accorgo dell’autoreferenzialità della pellicola. “The social network”, di David Fincher, è un film che non vuole spiegare a chi non lo usa cosa è la creatura di Mark Zuckerberg, ma solo rivolgersi agli aficionados del programma e raccontare quello che c’è dietro il boom informatico più spettacolare degli ultimi 5 anni.

Al pari de “I pirati della silicon valley”, che raccontava gli inizi di Gates e Jobs,  il film sembra avere la neanche troppo celata intenzione di elevare al ruolo di eroe, seppure antipatico, Zuckerberg. Un peccato, perché le potenzialità di un regista come Fincher (autore tra l’altro di “Seven”, “Fight club”, “Il curioso caso di Benjamin Button” e “Zodiac”) sono note a tutte e qui sono piegate all’esigenza di realizzare nient’altro che una biografia, anche se intrecciata con la nascita di Facebook e l’avanzare di due diversi procedimenti legali a carico proprio di Zuckerberg.

Buona la prova del protagonista, Jesse Eisenberg (“Il club degli imperatori”, “Benvenuti a Zombieland” e “Adventureland”). L’ormai ex ragazzo prodigio, confermatosi in più di una occasione su ottimi livelli, rende qui una gran prova, impreziosita dalla minimalità delle espressioni. Per calarsi nel personaggio ha infatti ridotto all’osso la mimica del suo alter ego riuscendo però a comunicare ugualmente, attraverso la fissità e l’intensità di sguardi e situazioni, lo stato d’animo del personaggio. Il risultato è uno Zuckerberg stralunato, superbo, iroso, strafottente ma anche fragile e solo. In una parola, nerd.

L’insieme di una regia comunque solida, un buon protagonista e una storia di cui tutti sono curiosi faranno un successo di “The social network”. L’attenzione però andrebbe centrata più sui messaggi che la pellicola lancia che sulla storia che racconta. Il primo è che ormai siamo nella società delle idee. Un mondo in cui a decretare il successo “è il lavoro che ognuno si inventa”, come recita il rettore dell’università di Harvard, teatro dell’intera vicenda. Ribaltata in un sol colpo la logica fordista e anche quella postindustriale qui ci si avventura nelle previsioni, anche se a ben guardare, almeno nel mondo informatico, è già così da qualche anno: basti pensare a Sean Parker (ideatore di Napster e presidente di Facebook fino al 2005), Jimmy Wales (fondatore e ideatore di Wikipedia) e Peter Thiel (inventore del sistema di pagamento online PayPal).

Ma non basta, oltre che le idee a contare sono pure le relazioni sociali. E qui, il salto mortale doppio è all’indietro, perché si torna ai tempi del contatto diretto, delle “amicizie” lavorative e dei rapporti tra vicini di bottega più importanti di quelli con gli sconosciuti. In una globalità fatta di amici “virtuali” a tornare a galla, nel film come nella vita, sono gli screzi di sempre per soldi, fama e successo. Sembra difficile coniugare la società delle idee con quella ben più fattuale dei rapporti umani, ma la distanza non è poi così lunga.

La chiave di volta è nella doppiezza: le due cose non sono in antitesi, si accompagnano invece parallelamente. Si può affermare con discreta sicurezza che ogni adolescente che ha assistito alla proiezione con me è titolare di almeno due vite. E delle due, non c’è una preponderante. Hanno entrambe la stessa importanza perché si completano a vicenda. Esempio facile ma efficace è l’uscita dalla sala: bacio alla ragazza e controllo del profilo Facebook tramite cellulare.

Insomma, nel mondo che corre e si sdoppia l’importante è tenere d’occhio la realtà per poterla poi superare con le proprie idee. Questa sembra essere la morale del film. A ben guardare, però, ad avere il comando è ancora il mondo dei fatti. Se Facebook oggi è un colosso lo si deve alla rottura di Zuckerberg con l’allora fidanzata Erica Albright, un fatto che gli diede lo stimolo per creare un social network che lo aiutasse a trovare una “sostituta”. Largo alla realtà allora, sia essa fisica o virtuale.