Falsi allarmi e dati concreti sulla più grande diga (italiana) in Etiopia

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Falsi allarmi e dati concreti sulla più grande diga (italiana) in Etiopia

31 Marzo 2010

Progresso e innovazione non sempre vengono compresi per quello che sono, l’ultimo caso è quello della diga che sorgerà in Etiopia, la Gilgel Gibe III. La chiusa verrà costruita sul fiume Omo e darà vita al più grande impianto idroelettrico della storia dello stato africano, composto da una diga situata in cascata a Gilgel Gibe I e II e alta 240 metri, generando un lago di circa 150 km di lunghezza e con un volume di circa 14 miliardi di metri cubi d’acqua.

Il costo di un impegno di tale portata è stimato in 1,4 miliardi di Euro e il piano finanziario predisposto dall’EEPCo (Ethiopian Electric Power Corporation) – d’accordo con il Governo Etiope – prevede una componente di finanziamento diretto per circa 870 milioni di Euro (di cui 470 in valuta locale) e ulteriori 600 milioni da enti finanziatori. In particolare, 250 mln verranno dalla Cooperazione Italiana, 250 dalla Banca Africana di Sviluppo e 100 dalla Banca europea degli Investimenti.

La cooperazione italiana succitata è rappresentata dalla Salini Costruttori, un gruppo industriale privato specializzato nella costruzione di grandi opere. In Etiopia la Salini si è già occupata della costruzione delle antenate della Gibe III, ovvero la Gibe I (una diga a scogliera) e II (una diga a gravità). All’inaugurazione della seconda opera era presente anche il ministro degli Esteri, Franco Frattini, a testimoniare l’adesione dello stato italiano al lavoro dell’azienda.

Ad oggi, però, la Gibe 3 si trova al centro di una campagna internazionale promossa da una coalizione europea formata da Counterbalance, Friends of Lake Turkana, International Rivers, Survival International e dalla Campagna per la riforma della Banca mondiale (Crmb). L’obiettivo delle Ong è bloccare i finanziamenti e quindi la costruzione della diga che minaccerebbe la vita e le terre di circa 500mila persone nel Sud dell’Etiopia e nel Nord del Kenya.

Un importante nodo da sciogliere riguarda il lago Turkana. Secondo i detrattori della Gibe III l’avvento della diga provocherebbe un calo di 12 metri nel livello dell’acqua, con conseguenze negative per tutta la bassa valle dell’Omo, che nel 1980 è stata riconosciuta dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità. In effetti, proprio il vincolo dell’Unesco rappresenta una garanzia importante sull’impatto che potrà e dovrà avere la diga che, essendo il frutto del lavoro di centinaia di ingegneri e sottoposto al vaglio di autorevoli organismi sia etiopici che internazionali, porterà energia elettrica, acqua per l’agricoltura e migliorerà le condizioni ambientali e sanitarie dei luoghi di cui stiamo parlando.

In quest’ottica, non guasta focalizzare l’attenzione anche sulle autorizzazioni e gli studi preliminari necessari alla costruzione della diga. Tutti i progetti sviluppati dall’azienda italiana hanno ricevuto le approvazioni necessarie da parte delle autorità competenti, specificatamente l’EPA (Environment Protection Agency) e gli studi effettuati sono stati pubblicati sul sito dell’EEPCo e degli Enti Finanziatori.

Va ricordato che il bacino creato da Gibe I ha richiesto lo spostamento di 706 famiglie alle quali, però, sono stati riassegnati i terreni in zone limitrofe al bacino, mentre il Gibe II non ha prodotto lo spostamento di nessuna abitazione, né tantomeno di terreni coltivati. La nuova diga che verrà costruita invece richiederà il trasloco di 453 terreni agricoli che verranno riassegnati in prossimità del nuovo lago.

Anche per quanto attiene alle ricadute sulla popolazione si può stare tranquilli. La ridistribuzione prevista delle portate lungo tutto l’anno consentirà di coltivare i campi anche nella stagione secca, con l’evidente accrescimento della capacità di auto-sostentamento delle popolazioni locali. Inoltre, nonostante il progetto produca già di per sé un impatto positivo, si è voluto disegnare l’impianto in modo tale da consentire che tale sviluppo possa avvenire in modo graduale. In sostanza, poiché parte delle popolazioni pratica l’agricoltura di recesso si è dotata la diga di scarichi dimensionati in modo da consentire la riproduzione controllata delle piene, limitando le portate a quanto utile per l’agricoltura ed evitandone i picchi distruttivi del passato. Dulcis in fundo, non si è tralasciato neanche l’impatto sociale. Sono stati condotti colloqui con gli indigeni e con i capi tribù al fine di ascoltare e comprendere le loro richieste ed esigenze.

Altri timori sono stati paventati in merito all’equilibrio del biosistema dell’intera zona. Per quel che riguarda la siccità, le aree umide e la biodiversità nelle aree interessate va ribadito che il progetto non dovrebbe provocare siccità. La diga infatti non bloccherà l’acqua del fiume ma la ridistribuirà lungo l’anno, cosa che fanno tutte le dighe del mondo. Le aree umide non subiranno quindi particolari effetti poiché le piene artificiali consentiranno di riprodurre gli effetti delle piene naturali. D’altra parte l’agricoltura potrà contare su immense quantità di acqua, permettendo più raccolti e l’impiego di tecniche agricole più moderne. Infine nessuno degli studi effettuati e pubblicati da tempo sui vari siti ha denotato specifici impatti di Gibe III sulla biodiversità.

Un programma simile richiede investimenti per circa un milione di euro per MW, e deve necessariamente essere supportato dai governi dei paesi ricchi e dalle loro Cooperazioni ed Istituzioni Finanziatrici. L’Etiopia non sarebbe naturalmente in grado di farcela da sola, ed è qui che si innesta un’altra polemica, legata all’assegnazione del lavoro proprio alla Salini. In pratica si sostiene che la mancanza di un’asta pubblica e l’assegnazione in via diretta dell’appalto nasconda qualche accordo segreto o favorisca qualcuno degli attori in campo. Anche in questo caso occorre chiarezza e un minimo di ricostruzione storica.

La Salini vinse nel 1999 la gara indetta dall’EEPCo secondo le linee guida della Banca Mondiale, maggiore ente finanziatore del Gibe I. Nelle fasi finali di realizzazione del progetto la Salini studiò e propose all’EEPCo la possibilità di realizzare un secondo tunnel a valle che avrebbe consentito l’installazione di ulteriori 420 MW, generando energia ad un prezzo inferiore del Gibe I. L’EEPCo,  dimostratasi interessata, chiese all’azienda italiana di studiare in dettaglio l’operazione, prefinanziandone la fase di progettazione. Salini quindi studiò il progetto formulando una proposta all’EEPCo a prezzi approvati dalla Banca Mondiale e dagli altri enti finanziatori, arrivando ad un accordo nell’aprile 2004. Nel luglio 2006 un identico approccio portò alla firma del contratto per il Gibe III. La trattativa diretta era quindi giustificata dal contesto ed è, oggi come allora, compatibile con la legge etiope. Tra l’altro analoghe procedure sono state adottate nella assegnazione di contratti con imprese cinesi ed europee senza che fosse sollevata alcuna obiezione dalle Ong.

La realtà è che, quando saranno a regime, i progetti Gibe garantiranno tanta energia rinnovabile e pulita quanta ne potrebbero produrre 2 centrali nucleari, senza considerare le condizioni di partenza, a dir poco disastrose, in cui versa lo stato etiope. All’entrata in funzione del Gibe I, nel 2004, la potenza installata nel paese era di 720 MW per una popolazione complessiva di 74 milioni di persone, pari a 0,01 KW a persona. I progetti in corso di realizzazione garantiranno, una volta ultimati, ulteriori 2.760 MW, mentre altri 3.000 MW sono in corso di sviluppo da parte di imprese cinesi ed europee. Il punto di arrivo del governo etiope passa attraverso una strategia di sviluppo tale da portare l’accesso all’elettricità dal 16 % al 50 % della popolazione e l’energia disponibile pro capite da 28 kwhr a 500 entro il 2015.

Concludendo è facile ipotizzare come Gibe III darà impulso all’economia della regione, in particolar modo alle popolazioni residenti nell’area (Wolaita e Dawro) che potrebbero ricavarne migliaia di nuovi posti di lavoro. I Mursi e i Bodo invece, che vivono centinaia di chilometri più a valle, usufruiranno dell’irrigazione e della disponibilità di energia elettrica. L’Etiopia nel suo insieme beneficerà – in termini di disponibilità di energia elettrica per le persone e per le industrie – di notevoli miglioramenti, che ne consentiranno uno sviluppo sostenibile e non inquinante.