
Fare i conti con il Fascismo vuol dire riappacificarsi con la nostra storia

04 Aprile 2011
di V. F.
Come al solito, si finisce per fare tanto rumore per nulla. Perché è molto più semplice trasformare ogni questione in una battaglia ideologica e politica, piuttosto che valutare serenamente e soprattutto obiettivamente le cose, magari avviando un dialogo costruttivo. E’ successo di nuovo con la proposta lanciata da alcuni sentori della maggioranza di abrogare la norma, contenuta nella Costituzione, che vieta la ricostituzione del Partito fascista. Tra i firmatari, Fabrizio Di Stefano, senatore abruzzese del Popolo della Libertà e vicecoordinatore regionale del partito. Insieme a lui alcuni colleghi di partito: Cristiano De Eccher, Francesco Bevilacqua, Achille Totaro e un senatore di Futuro e Libertà, Egidio Digilio.
Apriti cielo. Nemmeno il tempo di lanciare la proposta che l’opposizione ha ingaggiato una polemica del tutto strumentale, andando a scomodare la memoria degli abruzzesi o evocando tattiche per distrarre l’opinione pubblica da chissà quali misfatti. In realtà, seppure a una prima lettura l’idea possa apparire un po’ forte, in effetti, potrebbe esserci ben poco di rivoluzionario. Come ha sottolineato lo stesso Di Stefano, infatti, quella in oggetto è una disposizione transitoria, che, come tale, è destinata ad avere un fine. “Si tratta di un retaggio storico –spiega il senatore del Pdl – che oggi ha poco senso. A chi verrebbe in mente di riformare un partito fascista, così come era concepito allora?”.
Ma cosa dice nel dettaglio la norma tanto contestata e che in Abruzzo ha scatenato un vero e proprio caso? Si tratta della XII disposizione transitoria della Costituzione. In particolare, il comma di cui si chiede l’abrogazione e’ il primo che vieta la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista. I padri costituenti aggiunsero poi un secondo comma, nel quale si stabilirono per un massimo di cinque anni dall’entrata in vigore della Costituzione “limitazioni temporanee al diritto di voto e alla eleggibilita’ per i capi responsabili del regime fascista”. Sulla base del primo comma, nel 1952 fu approvata la ‘legge Scelba’ che sancì il reato di ‘apologia del fascismo’.
Il testo, dal titolo ‘Abrogazione della XII disposizione transitoria e finale della Costituzione’, è stato depositato a Palazzo Madama il 29 marzo e annunciato in Aula il giorno seguente, ma non è ancora stato assegnato a una commissione per l’inizio dell’esame. “Sono passati 65 anni – sottolinea Francesco Bevilacqua – e la norma da transitoria sta diventando definitiva”. Ma è soprattutto sul carattere ormai anacronistico della disposizione che fanno leva i firmatari. Un po’ come è accaduto con un’altra disposizione transitoria, quella che vietava l’ingresso in Italia dei Savoia. “Una norma che aveva un senso quando è stata pensata e approvata", spiega Di Stefano. Ma è impensabile che a distanza di tanti anni ci possa essere un retaggio di quel tipo. Il fascismo è un fenomeno storico circoscritto nel tempo che non potrà più tornare. E, al di là delle polemiche, la proposta di abrogazione ha piuttosto l’obiettivo di creare un clima di distensione e di riappacificazione con la storia.
Ne è convinta il consigliere regionale, Federica Chiavaroli che getta acqua sul fuoco delle polemiche invita a valutare la proposta nel suo significato: “siamo ben consapevoli che stiamo vivendo un momento difficile, anche dal punto di vista culturale. Per questo è necessario ristabilire il clima giusto. Un clima di collaborazione e di pacificazione che restituisca alla politica la serenità per dedicarsi a ciò che è necessario per il bene del Paese. Credo che l’iniziativa dei senatori – conclude Federica Chiavaroli – vada proprio in questa direzione, eliminando visioni antistoriche e discriminatorie”.