Fare le riforme per sconfiggere la demagogia elettronica

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Fare le riforme per sconfiggere la demagogia elettronica

10 Febbraio 2014

Nelle scorse settimana hanno tenuto banco, occupando le prime pagine dei giornali, le polemiche tra i parlamentari grillini e il presidente della camera dei deputati. Vale forse la pena di tornare su questo episodio a mente fredda per valutarne il significato. La presidente Boldrini ha bollato l’azione dei pentastellati come eversiva, a lei hanno fatto eco numerosi uomini politici e osservatori.

Denunce e accuse che segnano un mutamento di giudizio per chi come il Sel, il partito nelle cui liste è stato eletta la Boldrini, hanno a lungo corteggiato gli esponenti del movimento, ovvero per quei commentatori che aveva salutato con interesse il successo elettorale del movimento. Personalmente gli attacchi dei pentastellati non ci hanno stupito. Il movimento cinque stelle è strutturalmente un movimento sovversivo, il cui fine dichiarato è quello di sovvertire la nostra (ahimè già assai malconcia) democrazia costituzionale sostituendola con una pseudo democrazia della rete (cfr. l’interessante libro di Alessandro Dal Lago, Clic. Grillo, Casaleggio e la demagogia elettronica, Cronopio).

I proclami della vigilia (la campagna elettorale dell’anno scorso), e l’atteggiamento tenuto nelle istituzioni negli ultimi dodici mesi dai pentastellati sono stati perfettamente coerenti. Può darsi che ultimamente ci sia stato un inasprimento dei toni polemici, ma questo non si deve riportare a un cambiamento di rotta, ma solo a un calcolo politico contingente che può dipendere da due fattori. In primo luogo l’avvicinarsi delle elezioni europee, che suggerisce di tenere alta la tensione per potersi presentare agli elettori come gli intransigenti campioni dell’anticasta (italiana o europea che sia). In secondo luogo, a decidere l’offensiva grillina può avere contribuito quel tanto di iniziativa che si è manifestato nelle ultime settimane.

Che la situazione politica esca dallo stallo, consentendo una ripresa di quella dinamica bipolare messa in crisi dai risultati usciti dalle urne nel febbraio 2013, è un’eventualità che i grillini paventano. I cinque stelle per prosperare hanno bisogno che le cose peggiorino, che il malcontento cresca, che il quadro politico si disarticoli. Ogni passo che ci allontana dal caos è per loro una iattura.

La morale della favola è piuttosto semplice. Per contrastare i pentastellati e ridurne i consensi non servono anatemi o scomuniche, occorre un’azione riformatrice. Nel breve periodo la cosa più importante è portare a compimento quel tanto di riforma costituzionale che è oggi possibile: superare il bicameralismo simmetrico che ci portiamo sul groppone. Si tratta di una cosa più facile a dirsi che a farsi. Si debbono infatti ridurre i parlamentari il che, tradotto in termini pratici, significa cancellare trecento posti di lavoro (senza contare l’indotto). Un obiettivo che incontrerà resistenze sotterranee e trasversali.

Certo, su questa strada sono già stati fatti passi importanti, a cominciare dal collegamento tra la riforma del bicameralismo e la legge elettorale prossima ventura, ma le insidie non mancano. Le tensioni tra Letta e Renzi se non controllate possono, per un perverso effetto domino, portare a elezioni anticipate. Un esito che metterebbe una pietra tombale anche sul pezzo di manutenzione costituzionale che è in cantiere, dando alimento alla polemica grillina. Occorre che la classe dirigente di questo paese (se ancora ne esiste una) ne sia consapevole.